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Achille Lauro non è mai stato così vaschiano

Achille Lauro non è mai stato così vaschiano
Nel nuovo singolo Achille cerca un senso a tante cose, "anche se tante cose un senso non ce l’ha”.

Di Mattia Marzi

Non ha mai nascosto di avere contratto un debito artistico anche piuttosto importante con il rocker di Zocca, arrivando ad un certo punto pure a definirsi – forse un po’ imprudentemente – il nuovo Vasco Rossi. Tracce di quel debito le ha nascoste, in questi anni, qui e là nei vari pezzi che ha fatto, da “16 marzo” a “Solo noi” (a Sanremo nel 2020 si è fatto accompagnare per “Me ne frego” da Beatrice Antolini, dal 2018 nella band del Kommandante). Così profondamente vaschiano come nel suo nuovo singolo “Che sarà”, però, Achille Lauro non lo era mai stato: “Noi, quelli là che a vent’anni da soli, nelle mani di chi?”, canta lui in uno dei versi della canzone, richiamando, forse intenzionalmente, forse no, certi inni generazionali à la Vasco, da “Siamo solo noi” in giù.

“Vi siete mai chiesti per quanto tempo saremo qui o perché siamo qui? Avete paura di morire? Avete mai pensato di voler vivere per sempre? Vi siete mai chiesti che sarà? Ecco, questo è quello che mi sono chiesto quando ho scritto questo brano. So che voi conoscete la nostalgia per qualcosa che non tornerà. L’adolescenza e la piena maturità. La consapevolezza di quello che il passato e il futuro hanno già scritto per noi”, filosofeggia l’ex trapper redento con la solita enfasi con la quale annuncia i suoi nuovi progetti.

Sulla copertina del singolo e nel video ha una benda intorno agli occhi (come David Bowie nel video di “Lazarus”, che profetizzava la sua morte?). Nel testo – un po’ sgrammaticato – del brano, una ballatona prodotta da Gow Tribe e Gregorio Calculli, rispettivamente il suo braccio destro e il suo braccio sinistro, cerca un senso a tante cose, anche se tante cose “un senso non ce l’ha”: “Noi che moriamo soltanto perché sennò che vita è la mia? Noi che nasciamo quaggiù e non sappiamo cosa la vita sia”, canta Lauro. Che nel ritornello mischia lo stesso Vasco e i Ricchi e Poveri: “Che sarà, che sarà, che sarà / siamo soli ma che sarà / mi stringo a me come, come se fossi te / e non finisse mai, è così, è così”.


Le sue trasformazioni rischiano di non fare più notizia.

D’altronde in pochissimi anni ha cambiato così tante maschere e ha giocato così tante volte a rompere gli schemi che ora è davvero difficile per lui superarsi. Stavolta Achille Lauro sceglie la via della sobrietà, dell’essenzialità e della classicità. Forse non è un caso che per presentare in anteprima “Che sarà” abbia scelto di esibirsi sabato scorso al museo dell’Ara Pacis di Roma, di fronte all’altare fatto costruire dall’imperatore Augusto (la performance è stata annunciata a sorpresa un paio d’ore prima dell’inizio, per evitare un sovraffollamento): guanti di pelle lucida, stivaletti, giacca e pantaloni, tutto vestito di rosso, Lauro si è fatto accompagnare solamente da Gregorio Calculli al piano. Dando un taglio netto con il recente passato, tanto da arrivare a cancellare pure tutti i post pubblicati su Instagram: ascolti il singolo e ti domandi se a cantarlo sia la stessa persona che solamente sei mesi fa sul palco dell’Eurovision Song Contest cavalcava un toro meccanico vestito da cowboy glamour, con un boa piumato intorno al collo, tra fiamme e fuochi d’artificio, scambiandosi un bacio in bocca con Boss Doms, il suo alter-ego.

“Che sarà” anticipa il nuovo progetto discografico di Achille dopo l’album “Lauro”, uscito l’anno scorso: c’è chi è pronto a scommettere che lo lancerà a febbraio in occasione di una clamorosa quinta partecipazione consecutiva al Festival di Sanremo, il palco che in questi anni ha ospitato le sue varie metamorfosi.