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Lucio Dalla, la storia di "Come è profondo il mare" (la canzone)

Lucio Dalla, la storia di "Come è profondo il mare" (la canzone)
L'album "Come è profondo il mare" compie 45 anni, lo rileggiamo canzone per canzone

"Come è profondo il mare" di Lucio Dalla è stato pubblicato 45 anni fa, nel novembre del 1977. Ripercorriamo l'album canzone per canzone, in ordine di tracklist.

"Come è profondo il mare"

parole e musica di Lucio Dalla


"Siamo noi, siamo in tanti: ci nascondiamo di notte per paura degli automobilisti, dei linotipisti, siamo i gatti neri, siamo pessimisti, siamo i cattivi pensieri e non abbiamo da mangiare. Come è profondo il mare, come è profondo il mare". È la prima di dieci strofe sconcertanti ed elegantissime, precedute da un giro armonico escogitato da Ron su ispirazione di Neil Young – chitarra acustica colpita col palmo della mano sulle corde e sul foro di risonanza, come nella "Vecchio Frack" di Modugno – e
da un fischiato di Dalla che rappresenta il fatalismo della gente piccola, pura e inerme di fronte a un mondo morente per mano dei poteri forti. Con quel giro di basso di Paolo Donnarumma che scuote le coscienze e diventa il lugubre sottofondo a un’epoca oscurantista, dove non c’è più lavoro, non c’è più decoro.

Una lezione metaforica di storia, dai gulag sovietici ai lager nazisti ("Poi una storia di catene, bastonate e chirurgia sperimentale"), un invito disperato a tornare alle nostre innocenti e primordiali origini, ai pesci dai quali discendiamo tutti, con il dettaglio che forse è troppo tardi, e che perfino Dio o chi per lui sta cercando di dividerci, di farci del male, di farci annegare. I disastri del Novecento, prodromi della catastrofe planetaria del Coronavirus, diretta conseguenza delle nefandezze umane sulla natura, ci portano dritti all’autodistruzione. Della Terra, intesa come pianeta nostro, del mare, inteso come abisso archetipo popolato dai pesci, simbolo stesso della spiritualità per il cristianesimo così come per il buddhismo e altre fedi.

Siamo al seguito ambientalista di "Anidride solforosa" ma qui la solennità dell’arrangiamento, l’impressionante compostezza dell’esecuzione, la sontuosa pulizia vocale e strumentale e un testo senza precedenti per allegoria, ironia e intimità (c’è perfino il richiamo al padre, gran cacciatore di quaglie e di fagiani) generano una canzone memorabile, nonostante la complessità delle armonie, difficili da concepire e da interpretare, senza una melodia e un ritornello, se non quel reiterato, ossessivo, meravigliato "Come è profondo il mare" a chiudere ogni strofa e a ricordare la nostra inconsistenza di fronte agli abissi del mondo, fino al conclusivo e apocalittico: "Così stanno bruciando il mare, così stanno uccidendo il mare, così stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare".

Al primo tentativo, Dalla trova già la quadra del suo stile, non assomiglia più a niente, non è più debitore di nessuno, c’è soprattutto la consapevolezza di una creatura nata da un’unica anima: scompaiono le suggestioni dissonanti di Roversi-Dalla e le ballate popolari Pallottino-Dalla, ora c’è l’arte elegante e leale di Dalla-Dalla.

Il suo spirito si insinua dentro ogni frammento di canzone e dentro ogni musicista, nelle chitarre di Ron, Luciano Ciccaglioni e Claudio Bazzari, negli archi diretti da Ruggero Cini, nel basso definitivo di Donnarumma, nella batteria educata di Flaviano Cuffari, nei sintetizzatori progressive di Alessandro Centofanti, Fabio Liberatori e degli stessi Ron e Dalla, nel coro ecumenico che coinvolge tutti i musicisti insieme alle Baba Yaga.
Lucio Dalla adotta uno stile quasi declamatorio, da cantastorie, per raccontare un pianeta nello sfacelo e nel declino decretati da quel «legno storto» che è l’uomo dal quale, come suggerisce Kant, «non può uscire nulla di interamente dritto».

Nel 2018 Ron dedica al suo nobile mentore ed eterno amico l’album "Lucio!", dodici tracce storiche che si concludono con "Come è profondo il mare", in cui si sente solo Dalla perché, spiega Ron, «erano talmente potenti quella voce e quel trasporto,
una spinta che raramente gli ho sentito, e ho voluto lasciarla così, aggiungendo solo delle chitarre sporche. Non c’era bisogno d’altro».



Questo testo è tratto da "Tutto Dalla" di Federico Pistone, pubblicato da Arcana, per gentile concessione dell'autore e dell'editore. (C) 2020 Lit edizioni s.a.s.