MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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L'ALLIEVA - di Paolo & Arlecchino

L'ALLIEVA - di Paolo & Arlecchino

Cremona, 29 novembre 1953.

E' inutile perdersi in fantasie: i sogni non si avverano.
Sinatra l'ho sognato l'altra notte e, per quanto possa sforzarmi, non penso che
lo sognerò ancora. Anche ieri sera prima di addormentarmi ho pensato a lui,
ricapitolando attimo per attimo, particolare per particolare il sogno. Ma lui
non è tornato. Così questa sera mi sono decisa a scrivere queste poche righe,
costringendomi a mettere per iscritto tutto ciò che ricordo del sogno e di lui.
Forse se riuscirò a concentrarmi su tutto ciò stanotte Frank tornerà a farmi
visita ed io lotterò per non farlo più andare via. Come ci riuscirò non lo so,
ma troverò un modo.
Appena mi sono svegliata mi è venuto istintivo ripercorrere tutto il sogno,
cercando frammenti di immagini ancora sparsi per la mia mente per ricollegarli,
dare loro una forma più finita e confonderla con i miei ricordi delle foto viste
sul numero della settimana scorsa dell'Europeo.
Tutti i momenti di quel fantastico sogno mi sono rifluiti nella memoria, hanno
preso consistenza ed hanno fatto crescere in me una strana sensazione. Non penso
di esagerare se dico che mi sono innamorata di lui, infatti è sicuramente più
bello di qualsiasi uomo che abbia mai visto.
Anche solo per il fatto che è stato creato dalla mia mente,... e perciò privo di
difetti. Nel sogno non ci ho parlato molto, ma sono sicura che anche il suo
carattere deve essere delizioso. Ad essere sincera qualcosa ha detto, ma non
ricordo proprio cosa.
"Du Bi Du Bi Du... Dadadadada...
Du Bi Du Bi Du... Dadadadada...
April in Paris, chestnuts in blossom
Holiday tables under the trees.
April in Paris, this is a feeling
No one can ever reprise..."
Mi sorrideva ed io sorridevo a lui. Gli occhi, intensamente azzurri, mi
attiravano.
L'allieva della terza media smise di scrivere, decise che per quella sera
sarebbe bastato così, che avrebbe continuato la sera successiva e la sera dopo
ancora per non correre il rischio di dimenticare troppo presto. Voleva ritardare
il più possibile la fine di quei ricordi, voleva gustarsi il più a lungo
possibile quel gusto dolcissimo. Anche se in realtà la passione scatenata aveva
fatto rinascere in lei la speranza di poterlo incontrare di nuovo. Si mise la
camicia da notte ed entrò nel letto. Rigirandosi per scacciare il freddo delle
coperte, pensando a Frank per sognarlo di nuovo.
Il sonno però tardava a venire, e con esso anche i sogni.
Per l'ennesima volta la figura di Sinatra si era formata nella mente
dell'allieva, i suoi capelli neri, gli occhi azzurri, il largo sorriso e... Per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare altri particolari. Aprì gli
occhi e l'oscurità si mostrò davanti a lei... Nulla, non riusciva a ricordarsi.
Ormai sempre più convinta che era quel particolare la chiave di tutto ciò,
richiuse gli occhi. E ricominciò a descriverselo, partendo dall'abito elegante,
i capelli, la camicia azzurrina ed una cravatta slacciata sul collo. Esatto, era
proprio questa la sfumatura mancante.
"Già, non sopportavo la cravatta, e non la porto neanche adesso! Se è per
questo!"
Era un sogno? O aveva sentito realmente quella voce? Si voltò di scatto, accese
la luce e lui era lì, in piedi al centro della sua camera da letto, con il suo
vestito grigio, la sua camicia azzurra e la cravatta slacciata, esattamente come
nel sogno.
L'allieva non poté far altro che spalancare leggermente la bocca, ammutolita. Si
alzò in piedi. Desiderando un sogno aveva ottenuto la realtà dei suoi pensieri.
Ed ora lui era lì. Le stava di fronte. Alzò il braccio destro, ansiosa di
posargli una mano sul petto.
Ma la mano, una volta raggiunto il petto, lo oltrepassò non ottenendo resistenza
nemmeno dalla carne di Frank.
"Oh, no! Devo essermi addormentata e questo deve essere un sogno, certe cose non
accadono nella realtà!" - pensò lallieva mentre era penetrata fino al gomito
nell'uomo. Dalla schiena non usciva niente, sembrava che l'arto si fosse ridotto
ad una decina di centimetri. Continuò ad avanzare con tutto il corpo, guardò
Sinatra che le sorrideva dolcemente, con amore. Rispose al sorriso, contenta;
sogno o realtà le stava sorridendo ed era questo l'importante. Il corpo
dell'allieva continuava a spingersi nel corpo di Sinatra che l'attraeva con
delizia.
L'allieva continuava ad avanzare verso di lui, dentro di lui. Era felice di
averlo sognato nuovamente, perché se c'era riuscita significava che l'avrebbe
potuto incontrare anche in seguito, ormai era riuscita a ricostruire tutta la
vicenda e poteva richiamare a se Frank quando voleva, e farlo rimanere.
In breve tempo l'allieva scomparve nel corpo dell'uomo e Sinatra si trovò solo,
al centro della stanza. In piedi. Si svestì ed entrò nel letto. Dopo poco tempo
si addormentò.
Hoboken, 7 novembre 1932.
"Svegliati Frank, è ora di andare a scuola!"
La madre entrò nella stanza e sollevò la tapparella facendo entrare il sole
freddo del mattino di novembre. Frank aprì gli occhi, assonnato; sbadigliò e si
preparò ad affrontare la sua giornata scolastica. Oggi aveva un importante
compito in classe e non poteva perdere tempo in pigrizie mattutine.
Andò in bagno e in meno di dieci minuti era già pronto.
"In bocca al lupo per oggi, tesoro!"
La madre lo baciò sulla testa, lo vide incamminarsi verso la scuola e, richiusa
la porta, si mise a sparecchiare la tavola.
Per strada Frank canticchiava "April in Paris", una canzone che la W.O.R. la sua
stazione radio preferita passava spesso in quel periodo.
"Doo Bee Doo Bee Doo... Dududududu...
Doo Bee Doo Bee Doo... Dududududu...
I never knew the charm of spring
Never met it face to face
I never knew my heart could sing
Never missed a warm embrace till.
...
April in Paris
Chestnuts in blossom
Holiday tables
Under the trees.."
Era tratta da una commedia musicale "Walk A Little Faster" che era in cartellone
dal luglio di quell'anno al St. James Theatre di New York, sulla
quarantaquattresima strada.
Faceva freddo da morire quel giorno, sebbene soleggiato. Pochi minuti per capire
che era l'unico a fare rumore con i suoi passi in quel paesaggio da autunno
avanzato. Procedeva.
Salutò amichevolmente un vicino.
Ma accanto a lui una signora dai capelli rossi l'aveva ascoltato cantare per
tutto il tempo ed ora, non senza aver lanciato un sorriso d'approvazione, lo
sorpassava con passo veloce. Scivolava via intabarrata in una mantella nera, la
figura che danzava nel vento.
Forte dei Marmi, 26 marzo 2005.
Ieri era il mio compleanno... Sì!
Avevo pensato di sorvolare sull'accaduto, ma non ce l'ho fatta... ed eccomi qua.
Per ora tutto regge. Certo non sono più come a vent'anni e detto fra noi non
tornerei neanche ai miei vent'anni.
In compenso la mia interiorità migliora ogni giorno che passa, ma con quella...
io continuo ad essere quì come la dama dalle belle ciglia che tutti la vogliono
e nessuno la piglia. No, sono ingiusta! Mi sento appagata e forse sono solo le
piccole pazzie che mi mancano!
Ieri una mia amica mi ha detto: "Mina sei fantastica, ma ci pensi a come sei? Io
ci metterei la firma ad essere così fra dieci anni."
Sì!... bella consolazione; intanto lei sta con uno che si comporta da pazzo, la
tratta come una regina, e le ha pure regalato per l'anniversario un viaggio di
una settimana a Parigi, (... ed il mazzo di rose non lo metto neppure in conto).
Ed io qui alla scrivania, a prepararmi all'asservimento esteriore dei piccoli
prevaricatori ordinari, dei lettori di questo settimanale per cui curo la
piccola posta. Dovrò limare in anticipo il possibile spasimo, opporre alla
proliferazione delle missive e delle e-mail un rimedio omeopatico, avvelenarmi
un po' per non schiantare.
"Dunque... affronto prima la lettera del ragionier Bindi o quella di Lucrezia
che scrive da Pordenone?... o forse Walter di Terracina ed infine l'esimio
professor De Infanti?" - pensa tra sè e sé.
Prova dell'astio, Mina, verso quella decina di lettere sulla sua scrivania,
comincia a snervarsi: la giornata è di nuovo all'insegna dell'ossessione scabra.
"Toh, una e-mail dal Balletti!"
Le invia il bozzetto della copertina per il disco in uscita a novembre.
"Dio mio, no!"
Dal disegno che la ritrae è tornata sì all'adolescenza, ma per quanto si sforzi
di cogliere un assieme che vuol essere rassicurante, tutto si mostra come in
un'oscena caricatura: il grottesco prevale su tutto il resto.. è implacabile,
non c'è modo di spingerlo ai margini. Scocertata, vacilla. E' stretta tra due
opposte possibili decisioni...: compiere un'azione di convinzione nei confronti
del Balletti per costringerlo ad una revisione della grafica o cercare
nell'album di famiglia una foto che ricorda esserle stata scattata in classe
agli esami di terza media. Nell'incertezza, sceglie di non scegliere, almeno per
il momento si propone di dare mostra di un'inaudita indifferenza, rimettendosi
alla sua metodicità salvifica e produttiva.
Abbandona la proposta per la copertina e ritorna ad essere la dolente ed
immaginifica Mina.
Riprende a scorrere le domande a cui dovrà rispondere e verso la fine della pila
dei fogli s'imbatte in una poesiola senza pretese che dev'essere sfuggita a
tutti i filtri: "Toh!... l'uomo mascherato!"
Questi è un persecutore epistolare a cui lei ha, un tempo, incautamente risposto
e questo ha provocato una discreta valanga di domande,... tutte opportunamente
scansate. Però questa volta l'insolita forma della lettera la incuriosisce e lì
vi legge:
"Nel tempo d'estate...
du bi du bi du.. dadadadada...
con la leggerezza
delle note poco posate
se ne vanno i giorni
ed io vorrei invece un amore...
pesante!
Vorrei farmi rubare tutt'intero,
corpo e pensiero...
e perdere la ragione
per almeno due o tremila anni!
Vorrei...
(... ma non si dicono queste cose ad una signora!)
... e poi vorrei ancora...
(... ancora?!?)
... e poi giacere stracco e stupito
e cantare la stupidaggine
di ogni cattiveria!
... ed anche il pianto
non farebbe male! Allora!
Du bi du bi du... dadadadada..."
All'ultimo "dubidudadada" la stanza si apre come un fiore che abbia fretta
d'offrirsi al sole, le pareti come petali piegano all'esterno fino a toccare la
terra,... sulla sua testa solo il cielo! E' il cielo dei suoi vent'anni che le
riporta un'armonica lontana,... è il giardino della mamma con i suoi colori
rassicuranti ed i profumi noti che la rincuora... e com'è giovane la rosa che
andrà a cercarsi il sole oltre il rosmarino! Incantata da tanta bellezza
ritrovata...:
"Che burlona la vita!... che ha nascosto una macchina del tempo in un motivo
orecchiabile!"