MUSICA




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Dieci anni dopo, ancora non ci liberiamo di “Gangnam Style”


Una rivalutazione della hit che cambiò l'industria e la vita del suo autore (che non è morto).

Di Mattia Marzi

A riascoltarla oggi, rispetto alle hit lagnose e monotone delle star del k-pop, dai BTS in giù, resta sempre una cafonata incredibile. Ma quantomeno diverte. E quell’esplosione di gioia ed entusiasmo continua ad essere – parola bruttissima di questi tempi, ma tant’è – contagiosa. “Gangnam Style” dieci anni dopo non perde nemmeno un briciolo della forza che nel 2012 permise all’allora 34enne Park Jae-sang, per gli amici Psy, di diventare una star globale, fino ad essere incoronato il primo artista a superare il miliardo di visualizzazioni su YouTube con una sua canzone.

Era il 15 luglio 2012 quando la YG Entertainment, etichetta per la quale incideva al tempo il cantante sudcoreano, pubblicava su YouTube il video di “Gangnam Style”. 159 giorni dopo la piattaforma fu costretta ad aggiornare i suoi sistemi e il contatore delle visualizzazioni: prima di allora nessuna clip aveva raggiunto il miliardo di views.


CedarBough Saeji, che insegna alla Pusan National University di Busan, in Corea del Sud, parlando di “Gangnam Style” – il cui successo oggi si studia evidentemente anche all’università – in un’intervista a Insider dice: “Sin dall’inizio c’era l’intenzione di fare di ‘Gangnam Style’ un contenuto virale altamente partecipativo”.

Né Psy né la sua etichetta dell’epoca, la YG Entertainment, volevano sfidare il modo in cui il pubblico ascoltava musica, senza chissà quali pretese: “Ha invitato le persone a divertirsi con la musica. E basta”. In realtà sotto quel bizzarro balletto e quel motivetto micidiale c’era dell’altro. Psy aveva pensato “Gangnam Style” come una canzone satirica contro il distretto di Gangnam di Seoul e contro lo stile sfarzoso e mondano dei suoi abitanti: “Le persone che effettivamente vivono a Gangnam non hanno bisogno di gridarlo ai quattro venti. Sono solo i poser e gli arrampicatori sociali che si sentono in dovere di definirsi dei ‘Gangnam Style’. Quindi questa canzone ha lo scopo di deridere questo tipo di persone che vanno millantando un prestigio sociale che non gli appartiene”.

Nessuno lo prese sul serio, in fondo.

Parodie, balletti e imitazioni – ne sappiamo qualcosa, qui in Italia: Gabriele Cirilli ci ha tormentati per anni con la sua versione di Psy – amplificarono il successo di “Gangnam Style”. Fu, quello, un momento di svolta nella storia del k-pop, il pop coreano, che cominciò a conquistare le classifiche mondiali una decina d’anni prima del successo travolgente dei BTS. La scena del video di “That that”, l’ultimo singolo di Psy, in cui quest’ultimo indossa lo stesso completo blu di “Gangnam Style” e viene ucciso di botte da Suga – uno dei componenti della boy band – è emblematica: “Con ‘Gangnam Style’ ha aperto la via del successo al k-pop negli Usa. Noi abbiamo seguito le sue orme”. Lo conferma Sun Lee, Director of Music Partnership per la Corea di YouTube: “Prima di ‘Gangnam Style’ se gli artisti coreani volevano entrare nel mercato musicale statunitense dovevano emulare il suono che era di tendenza in quel mercato, lavorando con produttori americani e talvolta trasferendosi anche negli Usa. Dopo ‘Gangnam Style’ gli artisti k-pop si sono resi conto che la loro musica poteva funzionare all’estero e hanno cercato modi per esportare i loro dischi mantenendo uno stile personale e unico”.



Oggi le visualizzazioni di “Gangnam Style” su YouTube hanno superato i 4 miliardi (e nel frattempo hanno raggiunto il miliardo anche hit di J Balvin, Rihanna, Blackpink, oltre a “Baby Shark”). Vale la pena ricordare che views, all’epoca dell’exploit planetario di “Gangnam Style”, non venivano ancora conteggiate ai fini delle classifiche: tutto sarebbe cambiato a partire dal febbraio del 2013. Psy da “Gangnam Style” non si è mai fermato, a dispetto della fake news circolata qualche tempo fa, che voleva la star coreana morta, continuando a fare uscire singoli su singoli. Oggi a 44 anni dice: “Essere il primo artista a raggiungere quota 1 miliardo di visualizzazioni su YouTube è stata una cosa straordinaria dieci anni fa e lo è ancora oggi. Aver giocato un ruolo nel permettere alla musica di abbattere tutti i confini è un vero onore”.