MUSICA




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RISVEGLIARE LA CANZONE D’AUTORE

RISVEGLIARE LA CANZONE D’AUTORE
By
Roberto Manfredi

Si dice che la canzone d’autore sia in crisi a causa del fenomeno rap/trap, a meno che questo non lo si consideri come nuovo fenomeno di scrittura autorale, dato che la parola nel rap, è considerata più importante della musica. E’ un fatto innegabile. Se consideriamo la canzone d’autore in modo tradizionale, cioè composizione che contenga un testo importante e una musica basata sulla melodia e una struttura di canzone con strofa e ritornello, direi che oggi se ne ascoltano davvero poche.

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Eppure di rassegne sulla canzone d’autore ce ne sono diverse e da molti anni, quali ad esempio il Club Tenco, Musicultura, L’Isola che non C’era solo per citare le tre più importanti, nonché una miriade di rassegne che portano il nome di un cantautore o autore noti: Premio Bindi, Premio Carosone, Premio Mogol e via dicendo. Tuttavia poi, da queste rassegne, difficilmente “esplode” discograficamente un nuovo cantautore. Aldilà di come funziona la discografia oggi, che si limita a cercare i nuovi talenti sul web secondo il numero di follower che hanno, è significativo che la “nuova” canzone d’autore non c’è, o perlomeno fatica a sopravvivere.

I motivi possono essere tanti ma credo che il più significativo sia che i giovani d’oggi non raccontano più la loro epoca come invece facevano i cantautori del passato. Solo i rapper cercano di essere contemporanei osservando e criticando la società, i consumi, il disincanto dalla politica e altri temi che hanno a che fare con i nostri tempi. Le canzoni oggi sembrano divise in due filoni: quelle dei rapper che scrivono testi basati sulla rima, e le canzoni pop che invecchiano dopo il primo ascolto, al punto da divenire istantaneamente un rumore di fondo radiofonico. Canzoni sulla tiritera sentimentale che raccontano “menate” di coppia che sinceramente in questa epoca di sconvolgimenti pazzeschi, non hanno nessuna presa sul pubblico. Del resto ogni storia sentimentale è diversa dall’altra, sono fatti personali in cui è difficile identificarsi.

In una recente videointervista che ho fatto a Mara Maionchi, mi ha detto senza peli sulla lingua che “Sarebbe ora che i giovani aprissero la finestra e cominciassero a raccontare quello che vedono”. Niente di più vero. Il mondo si sta trasformando a una velocità pazzesca: assistiamo inermi a fenomeni come la siccità che prosciuga i nostri fiumi, i prezzi stratosferici delle materie prime, la guerra, la sovrappopolazioni delle metropoli, le immigrazioni incessanti, la nascita di nuove malattie e pandemie che non sappiamo combattere come il Covid e il vaiolo delle scimmie, la globalizzazione in cui le multinazionali contano più dei governi, la corsa agli armamenti, lo stato d’emergenza continua, i nuovi falsi profeti che in televisione revisionano la storia a loro piacimento divenendo delle star, la solitudine giovanile galoppante che trova l’aggregazione solo nei centri commerciali e nei grandi concerti a prezzi folli, la scomparsa della cultura in generale e il decadimento dell’informazione in cui tutti sanno tutto e nessuno sa niente perchè l’opinionismo generalista ha soppiantato il giornalismo, il politically correct che è diventato il nuovo conformismo, l’individualismo dilagante e altro ancora.

Tutti temi importanti dove la canzone d’autore non trova spazio né approfondimento. Dal Novecento in poi non c’è mai stata una generazione come questa così avulsa dai problemi del mondo. Una generazione persa tra giocattoli digitali che non si sa più raccontare. A esclusione del rap/trap ormai omologato in qualsiasi parte del pianeta non nascono più fenomeni musicali e artistici connessi alla realtà in cui si vive. Ci sono stati gli hippie e il loro pacifismo, i ribelli punk, i sognatori dark, i looser del grunge, gli sconvolti della techno, poi il nulla assoluto.

Sembra non nasca più niente, neanche le tendenze che nascono dalla strada, le nuove estetiche urbane. I ragazzi scelgono i brand di abbigliamento imposti dalle multinazionali, si vestono tutti uguali, mangiano le stesse cose, ascoltano la stessa musica annullando le diversità e la fantasia, sempre più omologati e consumatori più che persone, vivono sul web affamandosi si stronzate e giochini.

Sta anche alla canzone d’autore cercare un risveglio culturale, la voglia di raccontare il mondo, di sperimentare il nuovo e il reale. Ieri riascoltavo per caso “Il mondo in mi settima” di Adriano Celentano. Sembra scritta oggi. E’ una canzone universale, attualissima: “ Prendo il giornale e leggo che / di giusti al mondo non ce n’è/Come mai il mondo è così brutto? / si siamo stati noi a rovinare/ questo capolavoro sospeso nel cielo/ogni atomica è una boccia e i birilli son l’umanità”. Frasi semplici di comprensione immediata ma secche come un fulmine. Ce ne fossero oggi di testi simili. Ragazzi avete un’occasione irripetibile. Magari le canzoni non trasformano il mondo ma si può sempre cercare di migliorarlo. Sta a voi raccontarlo.