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I Jethro Tull incantano ancora il Teatro Antico di Taormina

I Jethro Tull incantano ancora il Teatro Antico di Taormina
Ancora una volta Ian Anderson e soci incantano Taormina: il racconto del concerto
I Jethro Tull incantano ancora il Teatro Antico di Taormina

Di Andrea Grasso

Lunedì 11 luglio: in una serata non particolarmente calda si riuniscono al Teatro Antico, purtroppo non riempiendolo per intero, migliaia di appassionati dei Jethro Tull, band di rock progressivo inglese che ormai vanta sulle spalle ben 55 anni di carriera, capitanata sempre e comunque dallo scozzese Ian Anderson (che con qualche magheggio non meglio precisato qualche anno fa ha preso i membri della sua band da solista e li ha “trasformati” in Jethro Tull, rimanendo quindi l’unico membro della formazione originale); l’ultima volta sono venuti nella stessa location nell’estate del 2019, quindi non si può dire che mancassero da tanti anni, eppure il pubblico sembra desideroso di rivederli ancora una volta a distanza di poco tempo (forse consapevole del fatto che, visti i quasi 75 anni di Anderson, potrebbe essere l’ultima volta, anche se in nessun modo questo tour viene etichettato come “finale”).

Alle 21.20, accompagnati da un medley pre-registrato di loro brani, i 5 della band si presentano sul palco; il leader veste il suo classico gilet nero con fazzoletto al collo e ha in mano l’immancabile flauto traverso; gli altri 4 membri sono: David Goodier al basso, John O'Hara alle tastiere, Scott Hammond alla batteria e Joe Parrish alle chitarre; oltre ai rispettivi strumenti, ognuno di loro contribuisce occasionalmente a cantare i cori, e in particolare Parrish in più brani funge da seconda voce duettando con Anderson.

Sebbene il palco del teatro sia abbastanza ampio, i Tull ne usano solamente la porzione centrale, col risultato di suonare in uno spazio ristretto, trovandosi quindi tutti molto vicini; a contorno, solamente delle luci colorate che nei momenti di maggior vivacità si muovono all’impazzata, talvolta risultando anche un po’ accecanti.

Si inizia subito a suonare senza troppi convenevoli, e si parte già da molto lontano, in quanto il primo brano è del 1969, tratto da “Stand Up”, seguito subito dopo da un altro brano del 1968 tratto da “This Was”; finita la doppietta iniziale, Ian inizia a parlare col pubblico (rigorosamente in inglese, quindi chi non lo parla non ha modo di capire nulla), presentando sempre il brano che sta per seguire o che hanno appena concluso, condendo il tutto con aneddoti sul brano stesso e con battute varie; spesso gli aneddoti servono per citare la fonte di ispirazione del brano (ad es.

per “The Zealot Gene” è sia Trump che altri leader mondiali, per “Mrs Tibbets” è Putin ma allo stesso tempo la bomba atomica del 1945); un altro aneddoto divertente Ian lo racconta quando prima di eseguire “Dharma For One” scherza col batterista dicendo che una volta si usava riservare ai batteristi un lungo assolo di batteria durante il quale la band andava a riposarsi e il pubblico si annoiava, ma per fortuna oggi non si fa più; inutile dire che nel brano in questione eseguito subito dopo c’è un assolo di batteria….

Lo show è suddiviso in due tempi: il primo tempo dura 50 minuti, poi Anderson annuncia una pausa di 15 minuti (che in realtà dura poco di più), invitando il pubblico ad andare nel frattempo al bar e ad acquistare le magliette della band; infine il secondo tempo che dura 45 minuti, compresi i bis d’ordinanza (infatti la band torna sul palco per i bis pochissimo tempo dopo essere uscita, senza farsi “reclamare” più di tanto).

I musicisti della band sono degli ottimi professionisti e suonano il tutto in maniera impeccabile e senza nessuna sbavatura; lo stesso fa Anderson col suo flauto traverso, che ogni tanto suona reggendosi in equilibrio su una gamba sola per ricreare un’immagine diventata negli anni iconica per la band.

Per quanto riguarda la voce di Anderson, i fan che li seguono assiduamente sanno già che non è più “quella di una volta” ma si accontentano di vedere comunque il loro idolo saltellare sul palco come quando era giovane; forse chi li ha visti per la prima volta sarà rimasto negativamente sorpreso di sentire che la parte vocale dei brani non è proprio come quella registrata in studio anni fa, ma bisogna prendere atto che purtroppo tutti invecchiamo e anche la voce prima o poi va via; da notare anche che Anderson, probabilmente per facilitare il raggiungimento di alcune note più difficili, spesso si muove su e giù mentre canta (del resto ha di recente affermato di essere affetto da broncopneumopatia cronica ostruttiva).

La setlist presenta tre canzoni nuove, ovvero tratte dall’album “The Zealot Gene” uscito all’inizio di quest’anno, che vengono accolte favorevolmente dal pubblico; da notare inoltre la presenza di “Pastime With Good Company”, un famoso strumentale scritto da Enrico VIII nel XVI secolo e che mancava dalla setlist dei Tull da una decina d’anni. Quasi scontata la presenza di “Too Old to Rock’n’Roll”, uno dei loro brani più celebri, mentre delude l’assenza di un altro dei loro classici, “Thick as a Brick” (ovviamente in versione accorciata, come eseguito nel 2019); infine sorprende (in positivo o negativo in base ai propri gusti personali) il riarrangiamento quasi totale di “Aqualung”, il loro brano più famoso in assoluto, che vede soprattutto nella prima parte numerosi intermezzi strumentali, venendo quindi abbastanza stravolta rispetto alla versione originale.
Ma il pubblico applaude comunque ogni brano, e a fine concerto (qui il calendario con i prossimi show dei Jethro Tull in programma in Italia) dimostra di aver decisamente apprezzato la serata offerta da Ian Anderson e soci; e chissà se non lo rivedremo ancora una volta fra tre anni nello stesso palco.

SETLIST:
1) For a Thousand Mothers
2) Love Story
3) Living in the Past
4) Hunt by Numbers
5) Dharma for One
6) Clasp
7) Mine is the mountain
8) Black Sunday
9) Bourrée in E minor


(PAUSA)
10) Too Old to Rock 'n' Roll, Too Young to Die
11) The Zealot Gene
12) Pastime with good company

13) Mrs Tibbets
14) Songs From the Wood
15) Aqualung

Bis:
16) Locomotive Breath
17) The Dambusters March