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Killers, canzoni tra sogni infranti e speranze

Killers, canzoni tra sogni infranti e speranze
La band di Brandon Flowers sarà in concerto questa sera a Milano
Killers, canzoni tra sogni infranti e speranze
Di Redazione

Questa sera all'Ippodromo di Milano si esibiranno i Killers, oggi è anche il giorno del compleanno del frontman della band statunitense Brandon Flowers, ne compie 41. Per festeggiare a tutto tondo questo 'Killers Day' vi invitiamo a rileggere la lusinghiera recensione scritta per noi da Michele Boroni dell'ultimo album del gruppo, "Pressure machine", pubblicato nell'agosto dello scorso anno.

Un paio di settimane fa a sorpresa i Killers hanno annunciato l'uscita per il 13 agosto del loro nuovo album “Pressure Machine” che abbiamo ascoltato in anteprima. Avevamo lasciato i Killers lo scorso agosto con la recensione del precedente “Imploding the mirage” un disco tipico à la Killers - barocco, sfarzoso, magniloquente – le cui canzoni erano nate per essere naturalmente suonate dal vivo in tour, ma che il protrarsi della pandemia ha impedito. Saltati i piani, Brandon Flowers è andato con la famiglia nella piccola città di Nephi nello Utah di 5.300 anime in cui era vissuto tra i 10 e i 16 anni e questo ha fatto riaffiorare a Flowers una serie di storie e persone conosciute durante gli anni della formazione: racconti cupi di vite difficili, battaglie personali, storie di droga, insomma, le tipiche narrazioni della provincia americana infatuata dalla pressione del sogno americano e aggravata dal disincanto religioso. Non possiamo definirlo certo un disco sulla quarantena, ma sicuramente il Covid è stato un motore ispiratore. “Nephi è una città in mezzo al nulla, ed è proprio così che ci sentivamo tutti noi durante il lockdown” raccontano i Killers.


“Pressure Machine” sebbene sia stato prodotto e mixato dallo stesso gruppo di lavoro di “Imploding the mirage” - Shawn Everett e Jonathan Rado dei Foxygen - è un album completamente diverso dal precedente e in generale dal suono dei Killers. Qui i synth, i chitarroni e l'elettronica anni '80 vengono sostituiti da steel guitar, violino e armonica ed è piuttosto naturale confrontare queste canzoni con gli episodi più acustici e intimisti di Bruce Springsteen: questo non solo perché il Boss è sempre stato un forte riferimento per la band di Las Vegas con cui peraltro ha collaborato nel singolo “Dustland”, ma anche perché la voce di Brandon Flowers non è mai stata così profonda e intensa.


L'iniziale “West Hills” fa subito capire la direzione del disco: racconta la storia di un disperato ragazzo di Nephi fermato dalla polizia con un carico di ossicodone e il titolo deriva dalla frase “They got me for possession of enough to kill the horses that run free in the west hills” cantata da Flowers in un crescendo tra chitarre elettriche, il violino di Sara Watkins e l'armonica suonata da Joe Pug.


“Terrible thing” parla di un teenager gay che medita di suicidarsi, ed è pura narrazione spingsteeniana come pure “Desperate things” in cui un poliziotto si innamora di una donna vittima di abusi domestici e finisce per assassinarne il marito. Tra una canzone e l'altra ci sono vere conversazioni degli abitanti di Nephi raccolte da un giornalista della radio pubblica NPR. C'è anche Phoebe Bridgers in “Runaway horses” una ballata acustica che parla di rodei. Per gli amanti della band si segnala anche il ritorno di Dave Keuning che non aveva partecipato agli ultimi tour e al precedente disco, ma suona le intro di “In the Car Outside” e “Pressure Machine”.


Se le canzoni del disco sono piuttosto cupe nei testi, tra sogni infranti e rimpianti di mezza età, quella che chiude “The Getting by” è piena di speranza “Forse è quello che serve per svegliarsi al mattino”, canta Flowers, “e sopportare un altro giorno sotto il sole finché non andrà tutto bene… Questa città dipende dai modi misteriosi di Dio”.