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Nel rap non è tutto così luccicante come sembra

Nel rap non è tutto così luccicante come sembra
Lazza e Rancore sono i protagonisti, con i nuovi album, della playlist Rap Italiano Game Over.

Anche se spesso le canzoni del genere, soprattutto negli ultimi anni, sono un trionfo di soldi, macchinoni, lusso e ostentazione del successo e della fama, nel rap non è tutto così luccicante come sembra. C’è anche chi, nei propri dischi, racconta un altro lato del successo: quello più oscuro. Prendete Lazza e Rancore, protagonisti, con i rispettivi nuovi album, della playlist “Rap Italiano Game Over” di questa settimana. In modi diversi, ispirati da vicende diverse e spinti da motivazioni altrettanto diverse, i due rapper reagiscono con la scrittura a periodi non proprio semplici.


In “Sirio”, il nuovo album di Lazza, che ha esordito direttamente al primo posto della classifica settimanale Fimi/Gfk dei più venduti in Italia, l’ostentazione del successo, tra vizi ed eccessi, non manca. Ma nei pezzi che compongono la tracklist del disco del 27enne rapper milanese, da “Overtur3” a “Replay”, passando per “Alibi”, “Molotov”, “Sogni d’oro”, il duetto con Sfera Ebbasta su “Piove” e quello con Noyz Narcos su “Topboy”, Lazza combatte tra le righe con i lati bui della fama, dalla solitudine all’insoddisfazioni. Situazioni che lo hanno portato ad essere diffidente e ad infilarsi in amori autodistruttivi.

Quello che offre Jacopo Lazzarini, questo il vero nome del rapper, è un racconto fatto di luci, ma anche di molte ombre: “Ho odiato il periodo storico che abbiamo dovuto affrontare. Due anni di fermo in cui la musica è stata spenta, tutti i settori ripartivano tranne il nostro. Poi ho avuto diversi cazzi in famiglia, problemi che mi hanno fatto stare male”, ha raccontato nella nostra intervista. E ancora: “Io in questi due anni sono stato male. Non riuscivo a spiegarmi in famiglia, ho sofferto. Il disco mi ha aiutato a mettere da parte quel dolore. I miei genitori non vedevano l’ora di ascoltarlo, questo supporto mi ha ridato calore”.


La crisi legata alla pandemia è anche il demone che ha ispirato “Xenoverso” di Rancore. Sono passati quattro anni da “Musica per bambini” e tutto sembra essere cambiato, per il rapper romano. Tarek Iurcich – è il suo vero nome – ha partecipato due volte al Festival di Sanremo, prima come ospite di Daniele Silvestri con “Argento vivo”, poi in gara con un proprio brano, “Eden”. La pandemia non gli ha reso le cose facili nel mantenere una certa attenzione intorno a lui e al suo progetto. Anche perché Rancore è da sempre un animale da palcoscenico e quella dimensione gli è mancata. “Xenoverso” è la sua occasione per ripartire.


In questi due anni di stop forzato il rapper ha deciso di viaggiare con la musica, creandosi mondi tutti suoi.

Quelli che racconta nei pezzi che compongono “Xenoverso”. Rispetto a “Musica per bambini”, i suoi brani risultano più accessibili nella forma: è stato fatto un gran lavoro sulle produzioni, che hanno reso più accattivanti anche i brani più intricati. Ma lo stile è sempre riconoscibile: con le sue rime Rancore continua a raccontare storie ricche di particolari e riferimenti colti, che si aprono a diverse chiavi di lettura. “A volte, uscendo da noi, possiamo intraprendere un sentiero o un labirinto. Non nascondo che per scrivere questo album sono quasi impazzito perché sono veramente entrato nell’altro mondo. Ho combattuto delle battaglie. Ho perso delle convinzioni. Ho capito che nelle piccole cose c’è qualche cosa di immenso”, .ha raccontato.
L’accoglienza dei seguaci della scena rap italiana è stata ottima. Basta leggere i commenti nei thread della pagina Discord “Rap Italiano”, una community che raccoglie gli appassionati del genere: “Ho sentito ‘Xenoverso’ ed è diventato il miglior album di Rancore. Bellissimo. Un concept veramente intrippato. Particolarissimo. Suoni stranissimi, testi complessissimi”, scrive un utente. E un altro: “Negare la capacità tecnica e poetica di Rancore è una cosa abbastanza stupida”.