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Samuele Bersani e l'ultima bugia di Lucio Dalla

Samuele Bersani e l'ultima bugia di Lucio Dalla
Ieri sera il cantautore romagnolo ha dato il via, da Bologna, al suo tour

E' partito ieri sera dal Teatro EuropAuditorium di Bologna il tour di Samuele Bersani a supporto del suo ultimo album "Cinema Samuele" (leggi qui la recensione) pubblicato nell'ottobre del 2020 che solo ora, a causa della pandemia, riesce ad essere presentato dal vivo.


Luca Bortolotti lo ha intervistato per il quotidiano LaRepubblica. Il cantautore nato a Rimini ha avuto modo, tra gli altri temi, di parlare del cantautorato al giorno d'oggi e non è mancato neppure un ricordo del suo mentore, Lucio Dalla. A seguire riportiamo una buona parte dell'intervista.

Da sempre con le canzoni lei racconta storie, che spazio ha oggi questo tipo di cantautorato?

"Oggi la scena è cambiata, le canzoni durano due minuti e sono una sequenza di slogan: non ne soffro, ne prendo atto. Io continuo ad ascoltare musica capace di sorprendermi. Ci sono tante cose che escono di fretta solo per autopromozione e si consumano nel giro di un attimo, ma anche chi non ha perso il gusto del raccontare: l'ultimo di Fabri Fibra per me è vicino al cosiddetto cantautorato, per dire. Ma "cantautore" è una definizione che rischia di diventare una prigione: se scrivi parole che alimentano un pensiero e dicono qualcosa è un bene, ma la formula non deve essere per forza cervellotica. E non credo al cantautore che dice che la musica conta meno delle parole, per me è sempre stata al centro, la prima cosa che scrivo".

"Cinema Samuele" è il titolo, ma qual è il rapporto di Bersani col grande schermo?

"Da ragazzino volevo fare il regista, a Cattolica negli anni '80 c'erano tanti festival importanti che frequentavo con passione. Probabilmente mi sono alimentato più di cinema che di canzoni, e ho sempre amato ascoltare brani che sembrano scene di un film. In questo Dalla è stato importantissimo per me".


Nel senso che...

"Beh, lo dico proprio da ascoltatore, le sue canzoni ti permettevano di vedere le immagini che cantava, erano sceneggiature. Riusciva a farlo anche quando mi parlava al telefono. Era quella sua capacità di vedere e sentire oltre, se gli cadeva un mazzo di chiavi in studio ascoltava e mi diceva che quel suono avrebbe funzionato bene dopo, che so, un passaggio di batteria. Ed era vero, e lo registravamo".

Ha visitato la mostra dedicata a Lucio all'Archeologico?

"Sì, è bella, anche se forse manca la possibilità di ascoltare in cuffia le canzoni, visto che stiamo parlando di un genio musicale. Lì è esposto un Pinocchio gigante che sembra quello del film di Comencini, con su scritto "proprietà di Dalla". Oh, io ho frequentato Lucio per tanti anni ma quel Pinocchio non l'ho mica mai visto né ne ho mai saputo nulla. Sarebbe divertente se quella statua fosse la sua ultima bugia".