MUSICA




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Orietta Berti, la storia di “Fin che la barca va”


Nel febbraio 1970 Orietta Berti presenta a Sanremo 'Tipitipiti', di Mario Panzeri.

La canzone, un motivetto senza pretese che sembra pensato per il pubblico delle balere, arriva al quinto posto in hit-parade. Ma la critica punta i cannoni sullo spessore musicale della cantante di Cavriago, messa all'indice dopo il messaggio d'addio di Luigi Tenco contenente il noto atto di accusa verso 'Io, tu e le rose'. Ne è un esempio illustre Maurizio Costanzo, privo di baffi (e di Show…), che scrive su 'Bolero': "A me il genere di canzoni interpretate dalla Berti piace poco. Le ritengo molto banali, provviste di poco significato e tutte uguali una all'altra. Sono altresì convinto che se Orietta Berti inserisse nel suo repertorio canzoni di altro contenuto, scritte meglio, cioè, con un po' più di impegno, otterrebbe certamente un miglior successo di quello che già gode".

Ai problemi con i critici che invocano "l'impegno", si aggiunge qualche attrito con i colleghi (da Patty Pravo a Carmen Villani), che apparentemente non amano condividere il palco con la cantante con l'aria da contadina. Tant'è che alla fine la mansueta Orietta sbotta: "Ma cosa vuole da me tutta questa gente che non fa altro che denigrarmi? E' colpa mia se c'è una buona parte del pubblico che nutre della simpatia per me? Ognuno deve fare quello che sa e che può fare. Non sono un'artista impegnata e non ci tengo ad esserlo. Di artisti impegnati ce n'è già un bel mucchio, mi pare".

Anche Mario Panzeri, colonna della canzone italiana fin dagli anni '30, è perplesso. "Un cantante deve essere prima di tutto intonato. Non capisco cosa hanno da criticare Orietta Berti come 'personaggio': non sentono la voce?" E perciò, forse ha ragione Dario Salvatori, quando nel "Dizionario della Canzone Italiana" (elleu multimedia) sostiene che 'Fin che la barca va' nasce come replica a tali accuse. "E' la canzone più impegnata che sia stata creata all'insegna e a sostegno del disimpegno. La più coraggiosa scritta negli anni della contestazione, una sorta di beffa destinata in un certo senso a chiudere l'era del beat. Dovuta al geniale Mario Panzeri, prolifico autore di sapidi prodotti commerciali, non priva di velate allusioni sessuali, con un incalzante motivo a tempo di marcetta, rappresenta ancora oggi il cavallo di battaglia di Orietta Berti".

Nel 1997, quando Fabio Fazio e Tommaso La Branca la fanno 'riscoprire' al pubblico nella trasmissione 'Anima mia', la Berti ricorda: "Quanto sono state criticate le mie canzoni! Sentendole insieme a quelle pseudointellettuali degli altri, almeno le mie erano sincere, sulla scia del folk. Non volevano nascondere niente, erano storie con un pizzico d'ironia, come 'Via dei ciclamini', che fu scritta pensando alla chiusura delle case di tolleranza… Avevano significati semplici, potevano far sorridere, ma quelle di altri colleghi, serissime, a distanza di vent'anni fanno ridere". (da "La Repubblica", 1997)

La cantante presenta 'Fin che la barca va' al Disco per l'Estate 1970 ("Ero sempre a gareggiare in qualche manifestazione: il timore di entrare o non entrare in finale in quegli anni era terribile..."). Ottiene il terzo posto (la vincitrice è 'Lady Barbara', di Renato dei Profeti) e ripropone il brano durante la trasmissione tv "La cugina Orietta" (agosto 1970). Il verdetto della classifica non sarà particolarmente eclatante (non andrà oltre il quinto posto) ma diventerà una delle canzoni italiane più note di sempre, e il motto contenuto nel suo ritornello diventerà proverbiale.

Da segnalare che nel 1981 la Berti ha presentato a Sanremo 'La barca non va più', brano decisamente meno ottimista, scritto per lei da Bruno Lauzi.