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Cristiano Malgioglio: «Quando incontrai Mina per strada e mi aggrappai alla sua gonna»

Cristiano Malgioglio: «Quando incontrai Mina per strada e mi aggrappai alla sua gonna»
di MARIO MANCA

In occasione degli 80 anni della cantante, il paroliere, che per lei scrisse successi intramontabili come «L'importante è finire» e «Ancora ancora ancora», riapre il cassetto dei ricordi per VanityFair.it: da quando Mina non aprì il portone a Liza Minnelli al loro primo incontro in Via Senato a Milano
«Ottant’anni non sono mica tanti. Mina è sempre una bambina». È come se Cristiano Malgioglio ce l’avesse davanti: «Me la immagino come una bella casalinga che fa le torte, che ama stare con i nipotini e lavorare all’uncinetto. Una donna molto curiosa, attenta, che legge e guarda molta televisione perché si diverte». Su quest’ultimo punto il paroliere ci mette la mano sul fuoco: che la Mazzini segua il Grande Fratello Vip e l’Isola dei Famosi non è una supposizione, ma una certezza. «L’ultima volta che l’ho sentita mi ha detto che era pazza di me e del mio percorso: sono trasmissioni che la incuriosiscono perché per lei sono un passatempo diverso» rivela Malgioglio al telefono, tormentato da un raffreddore che lo porta a scusarsi a ogni colpo di tosse.


Non si sentono da quasi dieci anni, quando collaborarono insieme a due brani che Cristiano scrisse per lei nel 2009: Questa vida loca (Vida loca) e Carne viva. «Ero in un ristorante di Madrid e a un certo punto squilla il telefono e una voce mi fa: “Ciao, sono la Mazzini”. Io all’inizio non capisco: “Cretina, sono Mina” mi fa poco dopo mentre quasi mi mettevo a urlare. È sempre stata una donna molto affettuosa» ribadisce Malgioglio lasciando che i ricordi prendano il sopravvento trascinandolo con dolcezza nei bei tempi andati, rammentando per filo e per segno i dettagli più incredibili: gli odori, i colori, le sensazioni. Come quando Liza Minnelli, e questo è uno scoop, stava pensando di realizzare una versione in lingua inglese di Ancora ancora ancora, uno dei più grandi successi di Mina che Malgioglio compose per lei nel 1978. Un progetto naufragato quasi sul nascere e che Cristiano racconta come se fosse accaduto ieri.

Come andò con Liza Minnelli?
«Liza era spaventata: diceva che dopo Mina non avrebbe mai potuto realizzare una versione più bella di Ancora ancora ancora, ma ci provò. Voleva incontrarla e così, grazie al nostro amico Angelo Frontoni, il grande fotografo delle dive, andammo a Lugano per far sentire a Mina il suo provino che, intanto, avevamo registrato a Roma con il pianoforte. La signora, però, non rispose: la Minnelli ci rimase molto male. Con Mina voleva fare un duetto, ma non se ne fece mai niente. Che vuole che le dica? A Mina si perdona tutto».

Torniamo ancora più indietro: la prima canzone che scrisse per Mina fu L’importante è finire. Ricorda il vostro primo incontro?
«È una canzone nata così per caso, passata per le mani di Dori Ghezzi, ma anche di Giovanna. Poi, insieme ad Anelli, decidemmo di provare a mandare il pezzo a Mina, che è un po’ come se oggi qualcuno volesse scrivere per Beyoncé. A quel punto successe il miracolo: camminavo a Milano, in via Senato, e mi trovai in mezzo a tantissima gente tutta radunata insieme. Credevo che ci fosse un incidente, ma decisi di passare ugualmente quando me la trovai lì: al centro, in mezzo a decine di fotografi e di curiosi, c’era Mina, una signora alta, con la faccia burrosa, bella, e un vestitino tutto a fiorellini. “Mina, Mina!” le urlai aggrappandomi alla sua gonna mentre l’autista provava a strattonarmi. Le dissi che avevo sempre sognato di scrivere per lei e che non poteva dirmi di no, e lei si mise a ridere come una pazza.”Vieni domani, ti aspetto alle 9″ rispose. Un miracolo, non ci potevo credere che l’avessi convinta ad ascoltare le mie canzoni».

E come andò il mattino dopo?
«Dissi a mia madre che avevo appuntamento con Mina e lei mi fece “sì, certo, e io ce l’ho con Sophia Loren”. Andai nel suo studio, ma arrivai con dieci minuti di ritardo. “A che ora ti avevo detto ieri?” mi chiese. “Alle 9” risposi. “E adesso che ora sono? Se vuoi fare questo mestiere devi essere sempre puntuale” continuò lei. Io mi sentii morire, neanche il tempo di iniziare e già mi ero beccato un bel cazziatone. Poi presi la chitarra, ma non riuscii a cantare: prima si ruppe una corda, poi un’altra ancora, e Mina mi prendeva per i fondelli. “Ridi pure” le dissi, “tanto io scriverò il tuo più grande successo”. “Sì, certo, mi scriverai la Turandot” fece lei. Ma andò proprio come predissi io».

E arrivò L’importante è finire: una canzone che scalò le classifiche, ma che la Rai si rifiutava di trasmettere perché considerata licenziosa.
«Fu terribile. A Hit Parade Luttazzi diceva che al primo posto c’era Mina ma nessuno passava il pezzo. “Che ***** hai scritto?” mi chiedeva mia madre, “perché non passa?”. Passò alla storia come la canzone scandalo di Mina, per loro il titolo era “l’importante è venire”. Si trattava di gente molto bigotta, peccato che quel testo è attualissimo ancora oggi, l’ha cantata anche Mónica Naranjo».




Poi arriva, appunto, Ancora ancora ancora, un altro grande successo. Da dove nasce?
«Avevo scritto per Mina una canzone, ma mi disse che non la convinceva perché voleva che dentro ci fosse del sesso. Ero disperato, a quel tempo avevo una storia con un ragazzo che non mi voleva più e, quando tornai a casa, mi sentii il cuore rotto: chi ce l’avrebbe fatta a scrivere un nuovo pezzo in quelle condizioni? Poi squillò il telefono e decisi di rispondere solo perché mia madre in quel periodo era in Sicilia e si sarebbe preoccupata se non l’avessi sentita. “Mamma” risposi mentre piangevo. “Non sono la mamma, sono io. Dimmi che mi ami ancora” disse il mio ragazzo dall’altra parte mentre io, di getto, gli feci “dimmelo ancora, ancora e ancora”. Da lì mi venne l’idea per costruire il pezzo che, alla fine, ripercorre tutta la mia storia con quel ragazzo. Naturalmente è un episodio che le racconto adesso perché sono passati tanti anni, altrimenti col ***** che l’avrei detto».

Onoratissimo. È vero, però, che quando Mina cantò Ancora ancora ancora in una delle sue ultime esibizioni alla Bussola non si ricordava le parole?
«Non si ricordava la seconda parte della canzone. Prima di salire sul palco mi disse che era nel panico e io la rassicurai dicendole che l’avrei aiutata suggerendole il testo dalla platea. Ero seduto in prima fila con Panatta e con Gloria Guida ma, quando mi alzai in piedi, Mina non capiva dove fossi: era tutta sudata, con l’orchestra che suonava talmente forte e il pubblico talmente agitato che proprio non mi vide. Così ripetè la prima strofa due volte: quella registrazione live esiste ancora ed è una rarità. Avrebbe dovuto vederlo un concerto di Mina: un rumore continuo di battiti di piedi che sembrava che tutti ballassero il flamenco, una cosa maestosa».


Poi, a un certo punto, Mina decide di ritirarsi. Lei era d’accordo?
«Più vai avanti in questo lavoro e più diventa faticoso: non tutti si chiamano Mina, pensiamo a quante gente è scomparsa nel corso degli anni. Il colpo di genio di Mina è stato quello di lasciare il mondo dello spettacolo quando era ancora Mina, esattamente come Brigitte Bardot e Greta Garbo. A una certa età, quando lasci, alla gente non importa: te ne vai che sei ancora giovane ed è quello a far capire agli altri che sei stata geniale. Alla fine, se ci pensiamo, Mina è quella che lavora più di tutte, fa i dischi, la mozzarella e la mortadella. Non è sparita, è sempre con noi. Non abbiamo la sua immagine di oggi, ma quella di com’era e tanto basta. La voce, poi, è sempre molto bella, molto accattivante. Speriamo che duri altri 300 anni, anche perché molte sue colleghe la voce l’hanno persa da tempo e quasi mi fanno tenerezza oggi: le cose patetiche sono quelle che fanno soffrire di più».

Pensa a qualcuna in particolare?
«Questo non glielo dico. Penso, invece, a chi ha ancora una voce spettacolare un po’ come Iva Zanicchi, Orietta Berti, ma anche Milva: sono sicuro che a Mina farebbe piacere sentire da me che Milva è l’artista italiana più completa che abbiamo avuto. Mina poteva essere tutto quello che voleva: ci ha lasciato delle grandi incisioni, ma non ha capito il potenziale di alcuni brani. Tipo L’appuntamento che lei rifiutò e che, poi, andò a Ornella Vanoni che ne fece un grandissimo successo. Mina è così: fa le cose le che piacciono e butta nel cestino quello che, magari, diventa il tesoro di qualcun altro».

Scriverebbe ancora per lei?
«Le ho mandato un pezzo bellissimo di recente, ma lei ha preferito fare qualcosa scritta da Genovese insieme a Fossati. Con Mina c’è sempre spazio per poter lavorare, anche se adesso penso ad altre cose. Sinceramente non penso neanche a un duetto. A un certo punto volevo proporglielo: magari mi avrebbe risposto “no grazie” e io ci sarei rimasto talmente male da non riuscire a scrivere più. Quindi molto meglio così, Mina mi ha portato fortuna nella carriera. Mi sarebbe piaciuto lavorare di più con lei, ma aveva i suoi autori, Bardotti e gli altri. Ricordo bene che a Ornella Vanoni diedi due scarti di Mina: Wagon lit e Amore+Amare=ti amo».

E Mina come la prese?
«In nessun modo perché non gliel’ho mai detto (ride, ndr). Io sono molto avanti, molto moderno, una nuova Demi Moore: potrei andare anche in bikini in tv, senza contare tutte le nuove generazioni che sono pazze di me e delle mie idee. Come l’ultimo video di Notte perfetta nel quale vesto i panni di Monica Bellucci in Malena: un paio di mesi fa mi chiama Benedetta, la figlia di Mina, e mi dice che la mamma è impazzita per quel video e le ha detto che solo un genio come me poteva fare una cosa del genere. Se duro da tutto questo tempo, d’altronde, è perché sono riuscito a fare delle cose che gli altri non hanno avuto il coraggio di fare».

Cosa le augura per questi 80 anni?
«Di essere felice, anche se sono sicuro che lo sia già. Mi dispiace solo che Benedetta non abbia mai potuto vedere un’esibizione della mamma dal vivo: è il suo grande rammarico. Me la ricordo ancora Mina che fumava, che prima di salire in scena si faceva il segno della croce e aveva le mani sudate. A lei sono sempre piaciuti i testi con un coinvolgimento particolare, con le storie d’amore in cui non c’è il maschile e il femminile. Sempre un passo avanti a tutti».