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Mina, “Una storia da cantare” e le domande inutili

Mina, “Una storia da cantare” e le domande inutili

di Franco Zanetti

Accendo raramente la televisione, se non per i programmi di informazione. Stasera, sabato 22, ho scelto, in via del tutto eccezionale, di guardare il “tributo” a Mina annunciato per una puntata di “Una storia da cantare”.
Per la prima mezz’ora non ho fatto altro che chiedermi cosa ne stesse pensando la destinataria del “tributo” (continuo a scriverlo fra virgolette, come avrete notato).
Poi mi sono interrogato su quali fossero i criteri con i quali gli autori abbiano scelto le canzoni e gli interpreti, e quale fosse – scusate la brutta parola – lo “storytelling” del programma.
Poi ho smesso di farmi domande, e ho cominciato a immaginare i dialoghi fra gli autori del programma, nello stile sarcastico e paradossale con cui, anni fa, due colleghi vivacizzavano il blog nel quale commentavano il Festival di Sanremo.
Poi ho riflettuto sul fatto che fra gli autori di “Una storia da cantare” ci sono proprio quei due colleghi, e mi sono domandato come quei due colleghi avrebbero commentato, in un loro ipotetico blog, la trasmissione che hanno contribuito a scrivere.
Poi ho considerato che non è bello, dal divano di casa, permettersi di esprimere pareri sul lavoro di due stimati colleghi.
E a quel punto ho spento la televisione (per mia fortuna dopo l’intervento di Stefano Bollani).
E sono andato a dormire, prima di ricominciare a farmi altre domande inutili.