MUSICA




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Iva Zanicchi: i miei 80 anni. "Mi pento solo di Playboy"

Una vita da Iva. "Quel 18 gennaio, un giovedì, sono venuta al mondo in modo piuttosto rocambolesco: quando a mia madre cominciarono le doglie, lei era nella stalla ad accudire la mucca" racconta la Zanicchi, 80 anni proprio ieri. "Sono nata lì e mi hanno deposto nella mangiatoia, accanto al bue" scherza. Per festeggiarsi, l’Aquila di Ligonchio, la Zingara emiliana, ai regali dei Magi ha preferito quello di Cristiano Malgioglio; un testo nuovo di zecca da adattare a un vecchio fado portoghese messo online, sempre da ieri, col titolo Sangue nero. "Si tratta di una canzone passionale che canto con vigore e che sento molto" taglia corto Iva a proposito di quella gelosia che arde dentro come "un fuoco lento". Intanto ha già registrato un pezzo col featuring di J-Ax per il suo prossimo album.
Musica, teatro, film, politica, tv: che vita, signora Zanicchi. Nata di luna buona, come dice nel titolo della sua recente biografia. In cui racconta anche di tante avances non proprio graditissime...

"Alberto Sordi? Provò a strapparmi il vestito di dosso, ma era una guaina e da lì non si passava. E Walter Chiari. Lui andava ripetendo di aver avuto avventure con tutte le donne assieme a cui aveva lavorato, tranne due: una perché non gli piaceva e io, perché gli avevo detto di no".

È vero che Fellini avrebbe voluto lei nei panni della Gradisca di Amarcord?

"Vero. Mi mostrò i disegni di come immaginava la Gradisca e io, senza pensarci troppo, dissi “ma questa è Sandra Milo…“ e lui, di rimando, “Zanicchina sei furbina…”. Ma dopo tre giorni di frequentazione s’inginocchiò dicendo: “Zanicchina tu non sei Gradisca… hai un viso troppo distinto”. Per un attimo, mi fece sentire una granduchessa tedesca, ma poi scoprii che aveva recitato la stessa parte anche con altre. In cuor suo Fellini voleva la Milo, che però in quel periodo stava aspettando un figlio, e così alla fine la scelta cadde su Magali Noël… che truccata sembrava la sorella della Milo".

La volle, però, almeno come voce, Luchino Visconti...

"Nel ’74 Visconti inserì Testarda io nella colonna sonora di Gruppo di famiglia in un interno, uno dei suoi film meno popolari, ma probabilmente il più raffinato grazie anche alle presenze di Burt Lancaster e di Silvana Mangano".

C’è qualcosa di cui si pente?

"Sì, le foto su Playboy. Avevo 38 anni e volevo dimostrare di essere ancora nel pieno dell’età. Mio padre per fortuna non le vide mai però, quando un amico fece delle allusioni, rientrando a casa chiese alla mamma cosa avessi fatto. E lei rispose che avevo realizzato un bellissimo fotoservizio… per Famiglia Cristiana".

Dieci edizioni, tre vittorie. I suoi conti con Sanremo sono ancora aperti?

"Beh, sono nata su quel palco e lì ho vissuto alcuni dei più bei momenti della mia vita. Mi spiace solo di essermi congedata dal Festival con amarezza. Era il 2009 e portavo Ti voglio senza amore, una bellissima canzone di Franco Fasano che Roberto Benigni, durante la sua esibizione, derise in maniera becera e brutale, tirando in ballo Berlusconi e facendomi passare per una donna di strada. Arrivato il mio turno di cantare trovai il gelo in sala. Una settimana dopo Benigni mi telefonò per scusarsi con me e con la mia famiglia. Lui l’ho perdonato, il presentatore e gli organizzatori di quella edizione (Bonolis e la coppia Mazzi/Presta, ndr) un po’ meno".

Prima donna italiana a cantare al Madison Square Garden di New York e prima cantante europea a traversare in tour tutta l’Unione Sovietica. Ma il suo disco più impegnato è stato forse Caro Theodorakis… Iva (1970).

"Registrai quell’album mentre Mikīs Theodōrakīs era in prigione ad Atene, vittima del regime dei colonnelli. Riacquistata la libertà, fu ricoverato in una clinica di Roma e io andai a trovarlo per fargli ascoltare le mie versioni. Con lui c’erano altri tre dissidenti. Ricordo che, mentre la musica andava, iniziarono a piangere tenendosi per mano, senza dire una parola".

Anni straordinari.

"Proprio in quel periodo rappresentai l’Italia a un concorso internazionale che si svolgeva a Cannes in cui Gilbert Bécaud si presentava per la Francia, Amalia Rodrigues per il Portogallo, una giovanissima Dee Dee Bridgewater per gli Stati Uniti. All’improvviso il maestro ingaggiato per accompagnarmi disse che, venendo dal jazz, non se la sentiva di dirigermi in un pezzo che lui riteneva “melodico e banalotto” come La riva bianca la riva nera. Andai in scena umiliata come non mai, ma l’esecuzione si rivelò invece un trionfo e Bécaud salì addirittura sul palco ad abbracciarmi dicendo che avrebbe messo quel brano in repertorio. Tornando in camerino incrociai il riluttante maestro e, visto che eravamo in Francia, gli rivolsi un tu es ***** dal profondo del cuore".

Sempre franca…

"Già, ma per il compleanno ho fatto il fioretto di non dire più parolacce. Quindi non ne sentirete più. O almeno spero".