MUSICA




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Per un artista emergente ha senso partire dall'autoproduzione di un album?

Per un artista emergente ha senso partire dall'autoproduzione di un album?
Massimo Bonelli 25-11-2019



Nel titolo di questo articolo è contenuta una delle grandi domande che un musicista emergente si pone generalmente all’inizio del proprio percorso.
Tanti giovani artisti sono infatti convinti che, per affermare l’esistenza in vita del proprio progetto, la prima attività ufficiale da mettere in campo debba essere necessariamente la pubblicazione di un album di esordio.

Insomma, riprendendo e banalizzando in chiave discografica la massima di Cartesio: “pubblico album ergo sum”.
Ma per un artista emergente ha ancora senso puntare sull’auto-produzione di un album completo?
Ebbene, assumendomi la piena responsabilità di ciò che sto per affermare, la risposta è certamente NO.



UN ERRORE DA EVITARE
Oggi comporre, arrangiare, registrare, mixare, masterizzare e addirittura stampare un intero disco, per un artista ancora misconosciuto al pubblico è solo un grande ed inutile spreco di risorse e di tempo.
Nella migliore delle ipotesi l’artista in questione avrà investito le sue energie per realizzare un prodotto musicale di cui nessuno sente di avere realmente il bisogno e che in pochissimi ascolteranno con attenzione e per intero; quei pochissimi saranno molto probabilmente familiari e amici dell’artista stesso.
In altre parole, senza un pubblico già interessato e senza una struttura professionale che creda nel progetto e lo supporti, investire tempo e risorse per produrre e stampare un interno album oggi non ha alcun senso e non porta nessun particolare beneficio ad un artista che, prima di creare quel prodotto, non abbia già lavorato concretamente alla costruzione di un suo pubblico a cui quel prodotto possa interessare.
E dunque, a meno che l’artista non abbia un concept speciale da esprimere necessariamente attraverso più canzoni raccolte e collegate tra di loro, la scelta più sensata per lui sarà lavorare facendo un passo alla volta, canzone dopo canzone.



L’ARTISTA EMERGENTE NELL’ERA DIGITALE
Per un musicista emergente, una buona soluzione di partenza è cominciare a lavorare su un lotto di 3 o 4 brani selezionati, possibilmente i più ispirati, curati e a fuoco che ha a disposizione nel suo cassetto.
Ha senso quindi puntare su questi brani progettando un piano d’azione per pubblicarli e promuoverli uno alla volta, magari programmando le uscite con una certa cadenza, presentandole al pubblico con originalità, curando i dettagli di ogni uscita, concentrandosi su una narrazione del percorso artistico che possa attirare l’attenzione e permettergli di farsi riconoscere in mezzo all’affollamento e all’assordante rumore di fondo di questo momento storico.
Volendo venire incontro agli irriducibili del supporto discografico, una possibile soluzione intermedia per “concretizzare” anche in forma “fisica” la propria produzione musicale potrebbe essere la realizzazione di un EP (extended play) che contenga 3 o 4 brani.


L’EP non è un singolo, non è un album; è quella via di mezzo che lo rende un prodotto fruibile in maniera rapida ma efficace, sia dal punto di vista della vendita (e quindi dei primi agognati incassi) che da quello della promozione (consegnandolo come bigliettino da visita a promoter e operatori vari).
Bisogna però tenere bene a mente che oggi quasi più nessuno utilizza il lettore cd per ascoltare musica e di certo non sarà il caso di cercare un distributore fisico che possa mettere nei negozi un prodotto del genere.
L’EP va quindi pensato esclusivamente come un modo che l’artista sceglie per comunicare al resto del mondo che sta facendo sul serio e che è consapevole di avere per le mani solo un primo ma significativo segnale della sua esistenza come artista.


Emergere dal rumore di fondo di questi anni è tutt’altro che facile, ma mettere a fuoco una strategia d’azione che tenga pienamente conto dell’habitat in cui ci si sta muovendo, è una delle poche e sicure armi su cui un artista dell’era digitale sa di poter contare.