MUSICA




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Due eterni refrattari riuniti - Mina-Fossati: un gran lavoro - di Marinella Venegoni

Due eterni refrattari riuniti
Mina-Fossati: un gran lavoro
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Da "La Stampa"
Si era deposta l’idea di riascoltare Ivano Fossati, e queste canzoni così fossatiane, così nette e quadrate nella loro rotondità, così filmiche, l’incedere incalzante della sua voce, sono come un balzo verso un mondo che andava via e che Mina ha trattenuto per un lembo della giacca. E grazie a lei, e grazie a Mercedes moglie di Ivano che ha minacciato il divorzio se lui eternamente ritroso si fosse tirato indietro. Il mondo delle donne è d’altronde quello preferito e meglio rappresentato dal cantautore («ma un pover uomo come fa/ se una donna già ce l’ha..», canta nell’«Uomo perfetto»), era giusto che tornasse sui suoi passi, era giusto che fosse lei la 007 che lo scovava.
Proprio l’interprete per eccellenza della scena italiana, a sua volta concettualmente refrattaria a quasi tutto, condivide in «Mina Fossati» (undici canzoni uscite venerdì 22), un avvicinamento stilistico dal quale il governo attuale dovrebbe trarre esempio: lui si lancia con inconsueta foga uscendo dal costume compassato alla genovese; mentre lei cede un poco, si ritrae dalla vocalità piena, e non ha tempo per i virtuosismi perchè qui c’è una magìa che non lascia spazio se non per la celebrazione di canzoni alquanto complesse, costellate di dialoghi, riflessioni, immagini, tali da richiedere una concentrazione e una classe superiore per restituirle sorprendenti ad orecchie ormai poco abituate a questo cocktail di romanticismo, divertimento, storie, cultura.

Sarà la volta che i fan di Fossati ascolteranno felici Mina, e quelli di Mina si beeranno di Fossati. Massimiliano Pani con i suoi arrangiamenti accoglie i due mondi e trova un’identità comune, tra songs, l’uso del vocoder persino, sprazzi di rhythm’n’blues, uno spericolato «Tex mex», ampi pezzi orchestrali con Celso Valli che governa. Le interpretazioni non sono pesate con il bilancino, ti aspetti sempre di sentire chi arriva adesso, in un approccio naturale.

L’inizio è folgorante con Fossati in «L’infinito di stelle», una specie di ouverture per voce e pianoforte che canta l’intento dell’opera, la bellezza (o forse no?) di vivere nel presente: l’ingresso di Mina è superbamente dimesso, e nei gusto della misura si compie nell’intero album un grande e non consueto lavoro, con sprazzi di recitazione in alcuni divertenti dialoghi.
Fossati ha uno sbrocco contro i giornalisti: «Se ne scrivono di cose/ Dalle stelle alle stalle...non rompeteci le...» ma Mina si intromette a salvare la rima con la giocosa «Farfalle».

Ci sono pezzi assai fossatiani, per tutti «Come volano le nuvole», e altri mineschi, vedi «Luna Diamante» e «Meravigloso, è tutto qui». «L’uomo perfetto» è una sinte degna del titolo e di impianto ritmico stravagante, un dialogo antico sull’amore in un’atmosfera calda e un po’ africana, con le percussioni di Claudio, figlio di Fossati. Un viaggio mai noioso, in uno stato di grazia, con Rea e altri musicisti che accompagnano di solito Mina. S’indovinano good vibrations, e ci investono piacevolmente.