MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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CamMINA CamMINA: L'anno scorso a Marrakesh - di Paolo - 11.04.2003

CamMINA CamMINA: L'anno scorso a Marrakesh - di Paolo - 11.04.2003

Le strade del Marocco sono lunghe come i pensieri che separano quella terra dal resto del mondo. Le ho fatte quelle strade, quelle diritte d'asfalto e quelle tortuose delle colline, del verde incantato del grano, delle pecore che s’imbucano nell'erba alta e non le vedi più. Ho fatto quelle strade, le ho fatte ieri. Mi sono fatto portare a spasso dalla tua guida morbida incapace di infilare la retromarcia con ogni mezzo, ma assolutamente capace di cantare, di sorprendermi e di prendermi in giro e di non farmi cagare addosso malgrado la condotta. Le ho fatte con i tuoi "e poi dici che guidi meglio di me" e con i tuoi silenzi che non capisci perché o forse sì. Le ho fatte con la tua voce che te lo dico e te lo ripeto qui, dovevi cantare altro che pippe. Le ho fatte guardandoti mangiare, divorare, eliminare fisicamente la braciola e chiedendomi perché non mangiavo tanto. Le ho fatte con i miei regali confusi e senza costrutto, che tu non scarti, ma devasti, leggendo le istruzioni in varie lingue, in varie tonalità. Ho fatto quelle strade portandoti in giro e facendomi venire a prendere su quell’altopiano, che per non mettere quella marcia hai fatto il giro dell'isolato e a me veniva da ridere. E a Marrakech, nel cuore della Medina, alle porte del vivacissimo suq imboccato un vicolo cieco, lasciati alle spalle i richiami dei mercanti, un grande portone nasconde il silenzio del nostro alloggio. Dalla terrazza si gode il panorama della città: l'antico riyad si è trasformato in un rifugio ospitale e coloratissimo grazie all'intervento decorativo curato dagli stessi padroni di casa.
Le ho fatte quelle strade facendoti fumare, oltre che comprandoti le paglie e io non avevo mai comprato un paio di paglie in vita mia e mi è sembrato strano. Le ho fatte tornando indietro ad una velocità minima, quasi in folle, più piano del bestione fumoso che ci stava davanti e ascoltandoti che mi dicevi di tirare dritto.
Le ho fatte frullando sui tornanti, mentre Radio Marrakesch passava per la tua voce e per il mio spirito in pezzi, uno dopo l'altro ogni canzone che ha un mezzo significato nella nostra vicenda.
Le ho fatte sentendomi bene e sentendomi male, consegnandoti metaforicamente le chiavi di me stesso, io che non ho mai fatto guidare nessuno con la mia auto, che non ho mai dato le chiavi della mia auto a nessuno e non ho mai permesso a nessuno di accendersi una paglia anche solo nelle vicinanze.
Le ho fatte con speranza, con passione, con gioia, con disincanto, con tenerezza, con sensualità. Sentendomi pivello oltre ogni forma di vita e felice oltre ogni forma di vita e insicuro oltre ogni forma di vita e deciso oltre ogni forma di vita. Sentendomi vero come mi riesce solo quando frullo per il mondo con te al fianco.
E adesso è domenica sera e mi viene da sorridere a pensare a quel pomeriggio così vicino. E sorrido con una strano muso, come farebbe il gatto quando gli allungo una carezza sulla schiena, inarcando la colonna e ascoltando le mie dita. E se vuoi regalarmi una notte, pensa a una notte pazza a Marrakesh, meglio qualche cosa di speciale, ma qualche cosa che va bene a me. La casa è un miscuglio di tante cose. Nella corte centrale, dove prima era collocata una fontana per lavare i panni si apre una piscina che entra parzialmente all'interno. Ovunque le pareti hanno colori brillanti, accanto al rosso di Marrakech si avvicendano il verde, il blu e il giallo, tutti realizzati con pigmenti naturali, seguendo il tradizionale metodo tadelak questa antica tecnica che utilizza sabbia e calce e prevede che le pareti vengano levigate con una pietra di forma piatta e lavate con sapone nero, da sperimentarne possibilità e varianti su tutte le superfici della casa.
Le mie parole come fossero le mie dita le ascolti sempre. Le ascolti quando mi leggi qui e quando entri a far parte della mia vita a voce, gesti o parole di carta.
E non so se le mie parole sono sufficienti, se le mie parole sono abbastanza e riempiono le ceste come fanno le tue con me. So che sono nude e vere e lo sono sempre.
Come queste che scrivo ora, come quelle che hanno attraversato quelle strade ieri, che hanno cercato di accarezzare i tuoi pensieri, il tuo cuore e di creare un po' di serenità, come un illusionista. Spremi la mia bocca come fosse una tisana, una tisana, poi se lei ti ama, se lei dichiara che lei ti ama, ti consuma, ti da svago, si trasforma come un drago,mezza dannata, persa, affamata e ti morde il cuore come vuole.
Ecco, in fondo è proprio questo che vorrei essere.
Un mago. E con un solo colpo di bacchetta magica aprire una rosa blu da una di carta e regalartela da mettere in un vaso. Perché tu la possa tenere e vedere, perché possa far parte della tua vita, come un fiore che non c'è e che non appassisce mai.Questa è la mia bocca, bocca distesa, bocca africana, bocca di smania, balsamo di vita, vita più che mai, forse è un tornado, che adesso brama, e se poi commette qualche cosa, ti sorride capricciosa.
C'è in cielo la meravigliosa striscia di un aereo.
Sembra un pensiero.
Passa veloce e lascia un segno. Un segno che si può vedere. Guardare. E che aggiunge un colore all'aspetto del giorno.
Tutto dovrebbe sempre essere così. E i pensieri dovrebbero sempre aggiungere e mai togliere.
Sempre crescere e mai sottrarre.
E il colore di questa serata mi fa sperare per quello che arriverà. Dentro di me e non solo. Piccola notte senza sonno, persa tra musica e canzoni, col cd acceso, Duke Ellington e un libro in mano, la televisione senza audio che pare quasi un rumore plausibile e qualche rumore da fuori che sfiora, senza riuscire a toccarlo, un punto perso da qualche parte in me.
Piccola notte senza sonno fra frasi che si rincorrono in un'eco, come il mio sguardo verso quel casco e quel giubbotto che rappresentavano te, la tua sagoma e la tua figura. Come le parole di un ristorante di nome in cui ho mangiato male, e ho ricordato te. Te a Marrakesh un anno fa.
Piccola notte senza sonno, piccola come le tue dita che vorrei ora fra le mani, per baciarne i polpastrelli, accarezzarne la pelle, sfiorarne il morbido abbandono mentre da qualche parte, chissà dove, la tua mente sogna e il tuo corpo riposa.