MUSICA




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MUSICA
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Zucchero riscopre la fede con "D.O.C.


Zucchero è tornato. Con anima, corpo e musica. "D.O.C.", il suo nuovo disco di inediti, uscito oggi in tutto il mondo, ne è la prova. Un album genuino, vero e molto intimo, la dimostrazione di quanto questo artista da record, con oltre 60 milioni di dischi venduti, abbia saputo dare alla luce un prodotto a... denominazione di origine controllata: "Vorrei un mondo più genuino, come credo di essere io... viviamo in tempi difficili ma esiste la possibilità di una redenzione..."

Undici tracce prodotte con l'inimitabile tocco di Don Was e quello dell'amico musicista Max Marcolini, al fianco di Zucchero dal 1998. Ma al quale ha collaborato anche un team di musicisti, produttori, ingegneri del suono, giovani artisti e coautori di lunga data. Un lavoro enorme, che ha richiesto un lungo periodo di ricerca e di prove. "Mi sono chiesto..." ha detto Zucchero alla presentazione alla stampa: "Come fare un album che non sembri la copia di uno precedente?". Lui c'è riuscito.



In D.O.C. c'è un po' di "Spirito Divino" e un po' di "Oro Incenso e Birra", ci sono il soul, il blues, il gospel e il funky, ma c'è anche la musica progressive e l'elettronica "calda", come la definisce Zucchero, di giovani produttori come Steve Robson e Eg White, Nicolas Rebscher e Joel Humlén, provenienti da diversi paesi del mondo. "Con Marcolini abbiamo lavorato più di otto mesi alla ricerca di sonorità nuove in una stanza, nell'altra c'erano i giovani produttori che elaboravano i loro suoni e poi con Don abbiamo assemblato il tutto e il risultato è questo disco in cui credo di essere riuscito a rinnovarmi restando me stesso...".



In quanto ai testi, di cui Zucchero è autore unico con qualche gradita irruzione di co-autori come Francesco De Gregori, Pasquale Panella e Davide Van De Sfroos, l'artista dice di aver voluto che rispecchiassero il suo stato d'animo attuale, quello che pensa, che sente, ma in maniera più semplice, senza doppi sensi, senza fronzoli: "Vivo i tempi in cui tutti viviamo, non è un'epoca né facile, né goliardica... Inizialmente avrei voluto titolare il disco 'Suspicious times', che può voler dire tempi sospetti o tempi sospesi. Perché viviamo davvero in un tempo poco trasparente e torbido. Siamo come in una pentola in ebollizione e dobbiamo stare attenti a che non scoppi...".


E così ecco tracce come "Soul Mama" e "Vittime del Cool" che raccontano di un mondo finto e perbenista, schiavo delle apparenze ma "con un buco in fondo all'anima", oppure "Freedom" il singolo che ha anticipato l'uscita dell'album scritto con l'artista britannico Rag'n'Bone Man, che suona quasi premonitore alla luce dei recenti episodi di intolleranza e razzismo e di governi, nei quali la libertà è sempre più una finzione. E poi ancora "Sarebbe questo il mondo" in cui Zucchero si chiede dove sia finito il mondo che sognava da bambino.


E se il fil rouge è dato da questo sguardo preoccupato e dolente, forse anche un po' amareggiato, nei confronti di una società sempre più finta e artificiale, aleggia per tutto l'album la luce della speranza: "Mentre rileggevo i testi delle 11 canzoni scelte ho sentito come se in ognuno di essi ci fosse una sorta di redenzione. Chiamiamola pure fede, non quella cristiana magari, ma pur sempre fede in qualcosa di superiore, una piccola speranza di salvezza dai mali del mondo".
Quella stessa fede che Zucchero racconta di aver visto nascere in suo padre, poco prima che morisse per una malattia contro la quale ha combattuto per anni: "Quando il prete veniva a benedire la casa", ricorda l'artista: "lui preferiva non esserci, si toccava i 'maroni' e lo mandava via, poi però quando si stava avvicinando l'ora della sua fine, dopo 8 anni di malattia, un giorno, quando il prete è arrivato a lui è rimasto. Non so cosa gli sia passato per la testa, magari ha soltanto pensato… 'non si sa mai'... 'just in case'".
E allora ecco ritornare nei brani spesso parole come "spirito", "sole" e "luce": da "Nella tempesta" a "Testa o croce" fino a "Spirito nel buio", che apre la tracklist, a dissipare nebbia e buio di un mondo sempre più oscuro.


"Vorrei un uomo più genuino e sincero", dice Zucchero che spiega come il titolo gli sia venuto in mente mentre passeggiava nella sua fattoria, il suo buen retiro, tra gli animali, la natura e gli amici veri: "Ho pensato che avrei voluto cominciare a produrre prodotti biologici, naturali e a denominazione di origine controllata e poi mi è subito venuto in mente che D.O.C. sintetizzava anche il mio pensiero sul mondo, ed era anche un titolo corto e diretto... Poi ho scoperto che poteva anche significare "disturbo ossessivo compulsivo... ma va bene lo stesso!".




E di origini e radici, le sue, quelle che ha voluto anche nella copertina del disco, dove c'è una sorta di sole i cui raggi sono una chitarra, la musica e delle vere e proprie radici quelle del suo paese in Emilia Romagna, Zucchero dice di essere "malato". Essere sradicato dal suo piccolo paese, Roncocesi, 2000 abitanti, a sette chilometri da Reggio Emilia, un paese "alla Don Camillo e Peppone", quando aveva 10 anni lo ha fatto molto soffrire, racconta: "Quello è il mondo che avrei voluto continuare ad avere ed è per questo che non mi sento mai a casa mia. In quel mondo mio zio leninista e marxista ammiccava al prete e la chiesa ammiccava a mio zio, c'era rispetto e comunanza di intenti, che adesso non vedo più..."

Dal vivo, Fornaciari partirà con un tour mondiale il prossimo aprile e a settembre 2020 tornerà anche all'Arena di Verona, con dodici concerti, per gli unici appuntamenti italiani dell'anno..