MUSICA




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La famiglia Tenco si dissocia dal Premio Tenco 2019



La famiglia di Luigi Tenco si è dissociata dal “Premio Tenco 2019” con un comunicato stampa diramato ai social network, lo stesso giorno della presentazione della nuova edizione che si svolge come ogni anno a Sanremo. La bufera si è abbattuta sugli organizzatori con un tempismo inaspettato.

“In riferimento alle segnalazioni ricevute nei giorni passati e alle informazioni raccolte, a malincuore ci troviamo a dover esternare il nostro dissenso su parte dei significati della prossima edizione del Premio Tenco che ci obbligano a dissociarci dall’organizzazione del “Tenco 2019”. Segue una serie di motivazioni legate all’accostamento ad altri festival musicali che hanno scopi commerciali, in contrasto quindi con lo spirito con cui fu istituito inizialmente il Premio; la distorsione della storia del “cantautorato” ad opera di chi dovrebbe rappresentare e promuovere la vera canzone d’autore ; la presenza di ospiti che niente hanno a che fare con canzoni di alto spessore artistico e che provengono da circuiti “commerciali” in uno spazio creato apposta per essere “anticommerciale”.



Il comunicato prosegue con un aspra critica sugli eventi collaterali al Premio: “L’organizzazione degli eventi collaterali che nulla hanno a che fare con il mondo della canzone, ma che sfruttano il nome Tenco per dare risalto a momenti dedicati all’“Aperitenco” o alla “Movida Tenco”, tende a trasformare l’importante significato del Premio Tenco in un banale circo-spettacolo in cui tentano di trovare visibilità quelle persone e quelle aziende appartenenti a mondi piuttosto lontani da quello della canzone”.

La famiglia Tenco diffida inoltre l’organizzazione dall’utilizzare ulteriormente il nome di Luigi Tenco per avvenuto decadimento dell’atto di delega, ma soprattutto in rispetto dei sacrifici di tutte quelle persone che hanno capito e poi diffuso gli alti valori umani e sociali per cui si batteva Luigi.

Non è la prima volta che al Premio Tenco vengono mosse le accuse di “vendersi” per inseguire il mercato e di tradire il carattere artistico della manifestazione creata da Amilcare Rambaldi, colui che sosteneva “… se nessuno vuole i cantautori, li prendo io!”, creando uno spazio autonomo in aperta opposizione al Festival e alle logiche del mercato discografico, senza gara, con tempo a disposizione per musicisti e cantautori per esibirsi in uno spazio libero e alternativo.

Non è la prima volta che si assiste ad abbandoni di figure importanti quali quella di Enrico De Angelis dal Consiglio Direttivo proprio per le scelte che avrebbero secondo lui portato l’evento a perdere la sua indipendenza e la sua prestigiosa identità. O a portare nel 2017 cinquanta soci, un terzo del numero complessivo, a sottoscrivere un documento di sfiducia per motivi analoghi.

Ma il comunicato della famiglia Tenco fa più rumore. Per questo in serata è arrivata la risposta ufficiale degli organizzatori, che hanno riassunto in due punti le critiche mosse dalla famiglia : il nome di Achille Lauro scelto dalla direzione artistica per cantare la sigla iniziale, la splendida “ Lontano lontano” sostenendo che un legittimo dissenso non può assolutamente incidere sulle scelte autonome del direttore artistico, e l’aspetto della “commercializzazione” dell’evento, tutto da discutere e valutare in base a scelte culturali fatte e tangibili. Secondo i responsabili del Premio si tratterebbe di un grande equivoco creato dalla mancanza di comunicazione tra loro stessi e la famiglia Tenco.

A questo punto entrano in gioco molte questioni che hanno a che fare con il concetto di “cantautore” e su come si sia sviluppato dagli anni ’70 ad oggi. Se è possibile prescindere dai nuovi modi di fare e promuovere la musica. Se l’esigenza di riempire il teatro Ariston possa andare a discapito di scelte artistiche. Se e quanto sia possibile per gli organizzatori smarcarsi dalle major, dove e come si rischia di speculare sul nome di un artista (e qui potrei aprire un file infinito su concorsi e concorsini organizzati sul nome di artisti ormai scomparsi). Ma fondamentalmente resta una questione: può il Premio Tenco restare fedele a quelle parole che abbiamo tutti nel cuore?

“Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “ Io te e le rose” in finale e una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao Luigi”. I confini li ha segnati, tutti.