MUSICA




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Mahmood, l'Italia che piace all'Europa - di Marinella Venegoni

Mahmood, l'Italia che piace all'Europa
(e pazienza se non a Salvini...)
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Ci volevano i cento milioni di ascolti tondi su Spotify perché ci si accorgesse di un’Italia che piace, alla quale finora in pochi avevano in fondo fatto caso. Un successo incredibile e imprevedibile, accolto anche con qualche fastidio dall’ala musicale (e non solo) più conservatrice, in quel di Sanremo, con tanto di polemiche che ora appaiono futili e ridicole, di un provincialismo fuori corso.

Ai cento milioni di volte di «Soldi» su Spotify vanno aggiunti i 118 milioni di contatti su You Tube. Cifre che parlano dell’attenzione alla canzone vincitrice nelle classifiche d’Europa: quella stessa Europa che dell’Italia in altri campi non è che si fidi molto. Spagna Svizzera Grecia Olanda e altrove, perfino in Israele se ne sono innamorati, complice l’Eurofestival dove Mahamood è arrivato secondo, davanti a una canzone svedese della quale nessuno più si ricorda.

Un’Italia che piace, quella di Alessandro Mahmood, figlio di una sarda e di un egiziano che ha abbandonato presto la famiglia per costruirne altre: «Pensavi sempre ai soldi/soldi/soldi», canta ricordando la propria storia che adesso vola sul trattato di Maastricht. Un’Italia meticcia com’è diventata ogni società, moderna e avanti nei suoni che hanno conquistato non solo i ragazzi; un’Italia per bene che non frega e non è cinica, dove il consueto ammorbante amore per i soldi - uno dei punti fermi del filone trap - viene ribaltato in modo sorprendente, perfino con un filo di moralismo. Dove si stigmatizza l’ipocrisia e si sogna un rapporto d’affetto sano e disinteressato nell’ambiente familiare (anche questo, ahimé, in bilico).

Nel successo sorprendente, Mahamood poi ci mette del suo come personaggio: un ragazzo di 27 anni che non si muove come una star, non fa cinema e lascia che a parlare siano le sue notevoli potenzialità artistiche, con una vocalità indubbiamente originale, e internazionale. Dai tempi di Modugno con «Volare» nello storico 1958, non si ascoltava tanto vento di rinnovamento partire non solo dal Festival di Sanremo ma dall’Italia intera; questi nostri tempi tecnologici hanno moltiplicato per milioni un’attenzione della quale mai la musica popolare italiana ha goduto. «Soldi» con la sua trap contaminata, qualche parola araba, i battiti delle mani, è diventata un brano che si appiccica al cervello e non se ne vuole più andare.

E adesso, dall’alto dei cento milioni di ascolti e di quegli altri di You Tube, fanno un po’ ridere le polemiche seguite immediatamente alla vittoria di Sanremo, con il tweet di Salvini che diceva: «Non posso dire che mi piaccia Mahamood, ma trovo strano che una giuria di 8 radical chic abbia potuto ribaltare il televoto degli Italiani», mentre s’innervosiva anche il preferito del Ministro, Ultimo, dimenticandosi che lo stesso regolamento che ora faceva vincere Mahmood, aveva fatto prevalere lui fra i giovani l’anno precedente. L’Italietta che vuol vivere nelle sue sicurezze mai così effimere, mentre il mondo che va avanti ci trascina nell’arte del rinnovamento.

Io ho visto solo 100.000 milioni di versioni di Soldi - di Dylan Fortytears

Io ho visto solo 100.000 milioni di versioni di Soldi perché diciamocelo chiaramente...sto ragazzo è bravo tecnicamente ed è forte ma è sterile...e cmq non c'è un minimo di rinnovamento...fa la musica che va di moda ora e fa cose a livello europeo e internazionale che ha già fatto (peraltro molto meglio essendo invece artista vero) Marco Mengoni...poi a 27 anni fare il musicista di professione e avere a dispozione solo un EP è non grave ma gravissimo...i Maneskin che tutti prendevano per culo per il tour almeno hanno un album e di anni ne hanno molti meno...mi dispiace dirlo ma fra due anni di Mahmood rimarrà solo il ricordo...se così non fosse pizza e birra stanno pagate sia per lei che per Mahmood...