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“RAM” di Paul e Linda McCartney: compie 48 anni un album da rivalutare


Quale album rappresenta al meglio l’essenza di Paul McCartney dopo i Beatles, all’interno di una carriera ormai quasi cinquantennale e che mai potrà affrancarsi dall’ombra del quartetto? E perché?

La mia risposta è “RAM”, uscito esattamente 48 anni fa, a mio parere l’episodio più geniale, estremo e creativamente esplosivo della carriera solista dell’ex-Beatle. Il disco fu inciso da McCartney a New York e Los Angeles tra l’ottobre 1970 e l’aprile 1971 con l’apporto di Linda e un paio di session man della Grande Mela, il batterista Denny Seiwell e il chitarrista Hugh McCracken, che prese quasi subito il posto di David Spinozza.

Primo album concepito e registrato “dopo” la fine dei Beatles, RAM raccoglie dunque le tensioni nervose all’indomani di una perdita dalla quale Paul non si riprenderà mai del tutto, e soprattutto la sua voglia di rimettersi in piedi: in questo senso è il disco più autobiografico di McCartney. La rabbia e l’energia che Paul convoglia in questo LP ne fanno un episodio unico per intensità.

Un album dall’accoglienza e dalla fortuna critica controversa: ridicolizzato all’epoca della sua uscita da “Rolling Stone”, che lo bollò come “il punto più basso della decomposizione del rock and roll degli anni ‘60” ma protagonista delle classifiche di vendita per tutta la seconda metà del 1971; rivalutato da vent’anni a questa parte sino a diventare uno dei dischi più reinterpretati dagli artisti del panorama indie; da sempre venerato dai fans di Paul McCartney.

Dal punto di vista degli spunti musicali “RAM” è stipato di idee che sembrano sgomitare come una folla di persone impazienti di accaparrarsi il posto migliore allo stadio. Il disco spesso procede per accenni, spunti, rapidi tocchi, assaggi. La vena creativa di McCartney è come un fiume in piena che esonda e genera tanti piccoli canali.

Stilisticamente l’album è altrettanto inafferrabile, e propone una galleria di generi che sarà una costante per McCartney anche durante gli anni da solista: dal rock’n’roll al blues, dal music-hall al jazz e al folk, l’album è una piccola enciclopedia di linguaggi musicali tutti quanti offerti sull’altare del pop. E’ questa molteplicità di stili che costituisce l’unicità di McCartney.

Ultimo ma non ultimo, “RAM” merita particolare attenzione per le parti vocali e strumentali a cura di Paul. Se volete ascoltare una delle migliori voci del rock in azione, eccovi serviti: l’album vede McCartney esplorare con grande agilità tutta la sua estensione, dai toni bassi sino al falsetto, e propone spesso la tecnica della vocalità che produce suoni e rumori, di taglio comico, e lo scat, che imita il fraseggio degli strumenti, di derivazione jazz.

Paul fa la parte del leone anche come polistrumentista (suonando chitarre, pianoforte, tastiere, basso, percussioni varie e ukulele), la cui perizia non sta nel virtuosismo ma nella migliore scelta degli strumenti per ogni canzone.

Luca Perasi (autore di “I Beatles dopo i Beatles”)