MUSICA




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Chi pensa che il pezzo di Mahmood sia nuovo e fresco, non capisce un c@@zo di musica

Chi pensa che il pezzo di Mahmood sia nuovo e fresco, non capisce un ca@@zo di musica
Capiamo un attimo che s’intende per novità, freschezza o contemporaneità, e prepariamoci a vedere scomparire quel ‘nuovo’ come lacrime nella pioggia.

24 febbraio 2019 di Michele Monina



Forse sarebbe il caso di scegliere le parole con un po’ più di cura.

Non parlo solo di noi che con le parole ci lavoriamo, intendo in generale, come consiglio spassionato dato anche alla gente comune.

E siccome sono tra quanti lavorano con le parole, e più nello specifico alle parole applicate alla musica, il mio consiglio va assolutamente letto come prestare maggior cura alle parole con cui si parla di canzoni, le si racconta, le si descrive, le si analizza.

Per dire, prima di lasciarsi andare a una certa enfasi nel giubilare perché una determinata canzone è contemporanea, magari, sarebbe da capire se l’essere contemporanei sia necessariamente un pregio. Senza, quindi, tenere conto di che contemporaneità si sta parlando. Senza, ovvero, esprimere giudizi su quel contemporaneo di cui una determinata canzone incarnerebbe più o meno la cristallizzazione.

Per essere più chiari, l’essere autori o interpreti di una canzone che suoni assolutamente contemporanea in un momento in cui la musica è una musica riconosciuta universalmente come di merda non è un gran pregio. Come dire a qualcuno che è perfettamente aderente a uno stereotipo negativo. Che so, entri in un bar di Palermo e dici al primo che vedi: “Certo che voi siciliani siete tutti mafiosi e non avete voglia di fare un *****”.

Provateci e vedete le reazioni.

Ma non basta.

Si può fare di peggio, forse, che dire di qualcuno che è contemporaneo, e cioè dire a qualcuno che è una novità, e farlo nel momento esatto in cui è in realtà contemporaneo, cioè assolutamente omologato ai suoni che girano intorno, aderente al cento per cento alle mode del momento.

Mi spiego.

Dando uno sguardo alle classifiche possiamo vedere come Mahmood sia ancora primo in classifica nei singoli, mentre Ultimo lo è negli album, per altro con un lavoro che sta lì, in classifica, e molto in alto in classifica, da cinquantaquattro settimane, cioè un anno e due settimane.

Ecco, Mahmood, fresco vincitore del Festival della Canzone Italiana di Sanremo è stato applaudito da molti, quasi da tutti, come qualcosa di fresco, di nuovo. C’è chi ha addirittura detto che in virtù di questo suo essere fresco, nuovo, potrebbe vincere Eurovision.

Tutto consentito, mica siamo in dittatura. Il fatto è che Mahmood è tutto fuorché fresco e nuovo. Cioè, lui, Mahmood, è nuovo, certo, fino a tre settimane fa nessuno sapeva chi fosse. Ma la musica che fa è esattamente la contemporaneità, quindi la negazione dell’originalità, della novità.

Se è vero come è vero che l’anno scorso l’artista, Dio mi perdoni, che ha venduto più dischi, e con il dire questo si intende quello che ha fatto più streaming, perché di dischi se non fai i firmacopie o non sei Enrico Ruggeri o Red Canzian non se ne vendono più, è stato Sfera Ebbasta, come ***** è possibile che oggi si gridi alla novità per la musica che è stata prodotta proprio da Charlie Charles, che di Sfera Ebbasta, e di Ghali, e di altri trapper è il produttore principale?

Di più, come ***** si fa a dire che quelle sonorità lì sono fresche, se praticamente ormai suona tutto così?

Al punto che un neomelodico anche un po’ coatto come Ultimo rischierebbe di suonare originale e fresco, non fosse che scrive canzoni scarse. Perché di fronte a quello che ci avvolge tutti come una coperta di paille, è ovvio, un pianoforte, una voce alla Tiziano Ferro e versi che parlano di qualcuno che fa “Buh” e di piatti lasciati sul tavolo per ricordarti la lei che se n’è andata sembrano aria fresca, freschissima.

Non bastasse, a scrivere la canzone di Mahmood, oltre Mahmood e Charlie Charles, anche quel mezzo genio di Dario Faini, o Dardust che dir si voglia, uno che ha scritto quasi tutte le hit degli ultimi tre, quattro anni. Come dire, non esattamente uno nuovo, sorprendente.

Ecco, Soldi di Mahmood non è una novità. Se lo pensate non capite un ***** di musica. Non sapete cosa sia la contemporaneità di cui vi riempite la bocca.

E se pensate che essere contemporanei sia un pregio, per contro, continuate a non capire un ***** di musica, e di cultura più in generale. Perché la contemporaneità non è un pregio, come non lo è la giovinezza, in sé.

Una piccola chiosa su Fateme cantà, il nuovo singolo che Ultimo, sorprendentemente, ha tirato fuori a due settimane dal singolo sanremese, ancora al secondo posto dei singoli. Ecco, la canzone in sé è da punizioni corporali, con tutti quei “nanà” e “nenè” infilati per allungare le strofe o unire le parti della canzone con lo sputo. Ma l’idea di pubblicare subito una canzone, in romanesco, per altro, che dice pure chiaro e tondo che lui, Ultimo, non è uno che sa comunicare bene, se non con le canzoni. Come dire, ho detto che i giornalisti rompono il ***** e l’ho detto direttamente a loro. Ho mandato a cagare la copertina di Tv Sorrisi e Canzoni. Ho sfanculato la giuria dei ragazzi che mi ha votato migliore artista di Sanremo. Ma io non so parlare, so solo cantare. Non so forse neanche pensare. E vengo da quel parcheggio di periferia, e che *****. Ecco, questa è un’idea nuova. Non contemporanea, e la presenza di Venditti che fa un cameo alla fine del video dice molto. Ma nuova sicuramente sì. Non facesse musicalmente così cagare sarebbe da battergli le mani.

Ah, no, quello lo fa Mahmood nella sua Soldi.

Canzone contemporanea.

Non nuova.

Canzone contemporanea.

Non fresca.

Canzone destinata a scomparire presto, come lacrime nella pioggia.

E così sia.