MUSICA




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Sanremo 2019, cast tra tradizione e aperture al presente. I giovani, esperimento da rivedere


E’ un cast interessante, quello di Sanremo 2019 presentato durante le due puntate di Sanremo Giovani. Certo, sulla carta: perché bisogna ascoltare le canzoni e soprattutto sentirle sul palco dell’Ariston: la performance in TV cambia tutto. Sanremo è un show: le logiche televisive e la spettacolarizzazione possono decidere il destino di un brano (e di un artista).

Giochiamo però a fare qualche ragionamento, a partire dai nomi e dalla loro storia.
La prima considerazione è un cast molto più vario di quello del 2017. C’è una regola che dice che i presidenti degli Stati Uniti al primo mandato fanno politiche prudenti e poi, se rieletti, fanno le scelte più rischiose nel secondo giro, quando rischiano di meno in termini di risultati elettorali. Ecco, con il primo mandato sanremese, il presidente di Sanremo Baglioni si è costruito una solida base di risultati con un cast tradizionale. Al secondo mandato il direttore sembra osare di più: mantiene una parte di politica sanremese classica, riaccoglie gli ex-talent ma compensa il tutto con una pattuglia di nomi decisamente più innovativi, almeno per un pubblico iper-tradizionale come quello di Rai1.
Andiamo per categorie.

I sanremesi classici
Un comparto ovviamente affollato, con ben 6 ex-vincitori: Arisa, il Volo, Cristicchi e Renga tra i big, Ultimo e Tatangelo che vinsero tra i giovani. Poi affezionati come Paola Turci (che nel 2017 aveva uno dei pezzi migliori, “Fatti bella per te”), Daniele Silvestri e Nek (che nel 2015 rilanciò la carriera con “Fatti avanti amore” e con la bella cover di “Se telefonando”). In questa categoria fa piacere vedere la Berté, che aveva chiesto a gran voce di essere presente dopo essere stata rimbalzata più volte. Ovviamente non mancano gli iper-nazionalpopolari: Nino D’Angelo, per esempio, ma accoppiato con Livio Cori. Ma ricordatevi che è un cast televisivo prima ancora che musicale, e che Sanremo va su Rai1, non è il Mi Ami.

Il presente: post-indie, il rock, le band
Eppure, Sanremo sembra un po' il Mi Ami, quest'anno. Una regola non scritta vuole che questa categoria veda uno, al massimo due nomi allìanno provenienti da questo mondo. Ma nel 2017 non c’era nessuna band, l’anno scorso c'erano Lo Stato Sociale e Diodato/Roy Paci. Il cast da 24 nomi ha permesso una selezione più ampia in questo campo: il ritorno dei Negrita, ma soprattutto ben quattro nomi che arrivano dal giro post-indie: Motta, Ghemon, Zen Circus ed Ex Otago. Artisti tutt’altro che nuovi, ma che hanno sempre fatto musica in altri circuiti, e con una credibilità musicale notevole. Bene.

Il rap, l’hip-hop (e la trap)
E’ il fantasma evocato a Sanremo negli ultimi anni: da un po’ di tempo, ogni direttore artistico sa che gliene verrà chiesto conto. L’anno scorso era assente: Baglioni aveva abbozzato, sostenendo che erano i rapper a non voler venire a Sanremo. Quest’anno, ci sono Ghemon che arriva dall’hip-hop e ora fa un soul pop di qualità, c'è l'hip-hop/dancehall dei Boomdabash. Della nuova scuola c’è Achille Lauro, c’è Livio Cori dalla scena napoletana, c’è Shade (anche se con Federica Carta).

Gli ex-talent
L’anno scorso la categoria era praticamente assente, con ex talent sì, ma dalla carriera avviata da tempo fuori dalla TV. Quest’anno, si torna ai freschi di competizione: Irama, vincitore di Amici 2018, ed Einar, terzo classificato nello stesso giro (arrivato tramite Sanremo Giovani). Federica Carta (“Amici” 2017, ma anche volto RAI: conduce un Top Music su Gulp) ed Enrico Nigiotti (X Factor 2017 oltre Sanremo Giovani, e "Amici" ancora prima). Con Briga fanno ben 5 cantanti passati da "Amici" e due da X Factor: anche Mahmood lo fece, nel 2012, e fece già Sanremo Giovani nel 2016. Ma d'altra parte, se esci da un talent, e cerchi un'altra vetrina per continuare la carriera, non puoi non pensare a Sanremo.

Le (strane) coppie
Un classico del Festival: servono per ammettere tra i big artisti che da soli non potrebbero essere considerati tali, a lanciare nomi deboli per il pubblico di Rai1, o semplicemente a fare spettacolo.
Anche quest'anno non mancano gli accoppiamenti azzardati: Patty Pravo con Briga (nel 2016 la diva aveva cantato con Fred De Palma), Federica Carta e Shade (perché da soli non sono qualificabili come big…), c’è Nino D’Angelo che si fa accompagnare da Livio Cori. Funzionamento da verificare sul campo.

Sanremo Giovani
Era un esperimento: staccare completamente i giovani dalla gara principale, che diventa unica e senza distinzione di fascia (era già successo in passato). Da un lato c’è stato un lavoro televisivo più importante: la conduzione di Baudo e Rovazzi (decisamente più sciolto nella seconda sera), lo spostamento al Casinò, un lavoro di scenografia con un effetto paragonabile a quello che si vede all’Ariston. Dall’altro lato, portare la gara a 24 giovani ha allargato pure troppo le maglie: c’erano proposte decisamente sotto la soglia della sufficienza e poco “giovani”.
Alcuni giocavano in un altro campionato: Federica Abbate, autrice di alcune delle maggiori hit italiane degli ultimi anni. Mahmood, già passato da qua, e con un pezzo moderno ed elegante. C’era chi aveva esperienze televisive precedenti: Biagioni, Ros, Einar (che infatti ha vinto grazie al televoto: era già conosciuto dal pubblico di “Amici"), La Rua (a cui invece il televoto non è bastato). Ma la maggior parte dei concorrenti non sembravano pronti per questo palco. Poche davvero le sorprese: Giulia Mutti, Marte Marasco e Nyvinne, con canzoni cresciute nella performance in TV rispetto alla versioni registrate.
I dati di ascolto, benché migliori dell’anno scorso, rimangono ancora abbastanza bassi. Ma, appunto, è un esperimento: valeva la pena tentare qualcosa di diverso, ma se si ripeterà ancora bisognerà lavorare di più e meglio sulla selezione dei concorrenti.

(gianni sibilla)