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Laura Pausini: «Volevo essere diversa»

di Luca Bianchini


La paura di dormire in camere da letto troppo grandi, l’amore per la figlia Paola, la gelosia per il suo compagno Paolo e il ricordo indelebile di quando gli amici la prendevano in giro perché si esibiva nei locali. Oggi è la prima donna sul palco del Circo Massimo e alla vigilia dei due concerti di Roma, la cantante Laura Pausini confida allo scrittore Luca Bianchini i momenti più intimi che l’hanno cambiata per sempre

La prima volta che ho incontrato Laura Pausini è stata una mattina a Los Angeles, 13 anni fa, a bordo di una piscina dell’Hotel Mondrian, a West Hollywood. Indossava una tuta e gli occhiali da vista, e forse aveva già nello sguardo l’amore per Paolo Carta (musicista, 54 anni, ndr).

Lei era in tour, io accompagnavo Eros Ramazzotti mentre scrivevo la sua biografia. Andammo a pranzo allo Chateau Marmont, e in macchina mi trovai seduto in mezzo a questi due artisti così diversi ma anche così «simili», per dirla con una canzone. Eros era rilassato e scherzava. Laura era energia pura: mi fregava le patatine dal piatto, faceva domande, raccontava, rideva.

Dopo anni me la ritrovo in hotel, ancora splendente, con quella risata che ricorda Raffaella Carrà e ha conquistato il mondo. È bastato però trascorrere del tempo con lei per vederla in una nuova veste, come un fiore che ha una sua timidezza e mostra le sue fragilità all’improvviso, d’istinto. È seduta sul divano, le gambe accavallate e una maglia verde con su scritto “Tuesday”, martedì. Poco lontano da lei c’è il suo telefono.

laura-pausini-sanremo
Il tuo ultimo album s’intitola Fatti sentire. Se potessi, chi vorresti chiamare in questo momento?
«Le mie vecchie compagne di scuola, le “Sincronette”. Loro sono una persona sola per me. Abbiamo fatto insieme dall’asilo alle superiori, e da Solarolo, provincia di Ravenna, prendevamo il famoso “treno delle 7.30 senza lui” (canta). Loro non mi hanno mai preso in giro perché non andavo in discoteca o cantavo con il mio babbo. Gli altri ragazzi, invece, mi sfottevano. Poi ero anche sfortunata perché venivano sempre a vedermi in situazioni improbabili. Ricordo un pomeriggio alle terme di Riolo, cantavo solo musica romagnola tradizionale. Non ti dico il giorno dopo».

Hai sofferto?
«Molto. Facevano le risatine, ma io ho continuato a fregarmene. Mio padre veniva a prendermi a scuola a Fae nza alle cinque, e da lì a Bologna facevo i compiti in macchina sul suo pulmino. Quando arrivavamo al ristorante, finivo i compiti nel locale ancora chiuso ed erano proprio i camerieri a darmi una mano. Poi iniziava la serata. Cantavo quasi tutte canzoni di artiste tipo Anna Oxa o Ornella Vanoni, e facevo anche i cori nelle canzoni del mio babbo: era lui che voleva fare il cantante. Ha anche rinunciato alla sua possibilità di avere una carriera per me».

In che senso?
«I miei genitori hanno perso tre figli prima che nascessi io. Quando mia madre è rimasta incinta, il dottore le ha consigliato di stare a letto nove mesi. Mio padre ha deciso di starle vicino e ha dovuto rifiutare proposte importanti».

Tu che cosa sognavi da adolescente?
«Volevo studiare architettura e fare l’interior designer. Poi, parallelamente, speravo di fare piano bar senza mio padre. All’epoca avevo un fidanzato che non voleva troppo che cantassi, allora io pensavo di esibirmi solo nei ristoranti di Solarolo, così ci andavo a piedi. Non ho mai pensato né di essere famosa né di avere canzoni mie».

Quale persona ha sofferto di più della tua fama?
«Forse mia sorella Silvia. Quando io sono diventata famosa avevo 18 anni e lei 15 e mezzo e non sopportava i miei fan. Oggi, però, è il capo del Fan Club. Io mi sentivo in colpa con lei, ero sempre la sorella maggiore e la controllavo. Una notte ero in Svezia e l’ho cazziata perché era andata in discoteca. A me non davano mai il permesso di andarci. Quando ho vinto Sanremo, i miei amici mi hanno organizzato una festa nel mitico Gufo di Brisighella. Appena sono entrata, hanno urlato al microfono: “C’è Laura Pausini”. Io mi sono vergognata e non sono più andata in discoteca».

Mai più?
«Ci sono tornata nel 2005 con la band a New York. Ma solo perché c’era anche Paolo e mi ha detto: “Ma tu ci vai stasera?”. E io ho risposto: “Se ci vai tu, sì”. Lì ci siamo dati anche un bacino».




Quando hai capito che ce l’avevi fatta nella vita?
«Quando ho visto Paola (la figlia, 5 anni, ndr)». Invece quando ti sei resa conto di essere diventata ricca? «Quando ho comprato la casa di Milano nel 2005. Conta che ero famosa dal 1993, e fino a quel momento avevo comprato solo la casa dei miei genitori. Non sono spendacciona e vengo da una famiglia molto attenta. Ricordo che i miei compagni avevano la felpa della Best Company, io la volevo a tutti i costi, ma non potevano comprarmela. Dopo un anno i miei genitori mi portarono a Ravenna e lì mi hanno comprato un pezzo di stoffa della Best Company che mia madre mi ha cucito al fondo dei pantaloni, e un astuccio della Naj-Oleari che ora usa mia figlia. Quell’episodio mi ha segnato, e ancora adesso guardo il prezzo di ogni cosa. Spesso ho rinunciato a molti acquisti perché mi sentivo in colpa. Ma per la mia casa di Milano non ho badato a spese».

E com’è questa casa?
«È molto grande e curata. Pensavo che ci avrei vissuto per sempre. Poi ho incontrato uno di Roma (Pao-lo Carta, suo compagno, da cui è nata Paola), abbiamo fatto un anno di prova e poi ho detto: “È lui”. Ma quella di Milano, per ora, è il mio luogo del cuore anche se non ci torno da tre anni. È rimasta a lungo senza mobili, perché pensavo di non potermeli permettere. Ero ossessionata dal risparmio perché sentivo sempre storie di cantanti che finiscono in bancarotta. Ora ho capito che devo godermi un po’ la vita. La scorsa estate ho anche af*****to una barca per cinque giorni, come una vera superstar» ride.

La tua stanza preferita?
«La camera da letto, in tutte le case. Sopra il letto ho un quadro dell’artista Cheope. È una stanza sempre molto piccola, perché ho paura di dormire in ampi spazi, mentre la cabina armadio è almeno il doppio».

Perché hai paura delle camere grandi?
«Io non ho mai dormito da sola, e quando è finita la mia prima storia importante ho dovuto affrontare la questione. Ero a Milano e la prima notte non ce l’ho fatta e sono andata a suonare ai miei vicini di casa. Erano due ragazzi gay e li ho invitati da me. Siamo stati tutta la notte a parlare, ci siamo conosciuti, sono diventati due dei miei migliori amici. Purtroppo uno di loro è scomparso per un tumore. Si chiamava Giuseppe, ho anche la sua foto nella mia camera di Roma. A lui ho dedicato una canzone, Ti dico ciao» si commuove.

Hai mai controllato il telefono di qualcuno?
«Quello di Paolo, tutti i giorni. Conosco il codice e anche lui conosce il mio e sicuramente mi controlla, anche se dice di no».




Come gestisci la gelosia?
«Io ho avuto un problema all’inizio. C’era una tipa che conosceva Paolo che era un po’ troppo esplicita, gli scriveva sempre. Allora io le rispondevo: “Ciao, come stai? Sono Laura. Come sai, sono io che sto con lui”. E a un certo punto ha smesso. Anche se mi fido, credo sia sempre meglio controllare».

Tu ti sei mai dovuta giustificare?
«Sinceramente no, ma mi piace da morire quando lui è geloso».

Mi dici le ultime chiamate che hai fatto?
«Da quale dei due telefoni?» (ride, ne ha due, uno di lavoro e uno di famiglia).

Da quello che hanno in pochi.
«Devi sapere non faccio tante chiamate. Comunque: mia mamma; Daniela, la mia migliore amica di Roma, anche lei ex vicina di casa; mia sorella; Amore (Paolo Carta); Dalia (Gaberscik) e la scuola materna di Paola».

A proposito di Paola. Come le hai spiegato chi sei?
«La prima volta che ha capito che io facevo “la cantante in tv”, come dice lei, è stato quando ho partecipato al Festival di Viña del Mar, in Sudamerica. Lei aveva un anno e mezzo e baciava il televisore. Da allora ogni tanto glielo ripeto: “Sai, mamma e papà per lavoro vanno nella televisione”. A volte ha delle manifestazioni diverse dalle altre persone. Per esempio, dopo il festival di Sanremo sono andata a prenderla all’asilo, tutti i compagni mi indicavano: “Ti abbiamo vista a Sanremo. Io so la tua canzone!”. Lei li guardava stranita in un modo che non capivo se fosse felice o no di questo. Ha due grandi amiche: una bambina dell’Etiopia e una di Roma, ed entrambe hanno in comune il fatto che i genitori filano Paola e meno me, e questo è ciò che mi piace».

Dove la manderai a scuola?
«È uno degli argomenti su cui io e Paolo ci confrontiamo di più. Lei si è adattata subito al nostro stile di vita. A sei mesi ha fatto il primo viaggio, per vedermi sul palco con Beyoncé a Londra. Oggi viviamo sei mesi a Miami e sei mesi a Roma. E cerco soprattutto di fare in modo che Paola frequenti dei bambini, perché non voglio che stia solo con persone adulte».

Quale persona celebre vorresti incontrare oggi?
«Quella che veramente volevo vedere l’ho vista, ed è il cantautore Biagio Antonacci. Alla fine non parliamo quasi mai di lavoro perché anche lui è un po’ architetto. Spesso nelle giornate libere guardiamo le case in vendita, i siti di arredamento».




Come scegli gli amici?
«Sono istintiva, e non li metto mai sotto esame. Con le mie amiche di scuola io mi sento piccola, mi possono dire qualunque cosa perché me l’hanno già detta prima. I miei amici più stretti sono quelli che lavorano con me perché io lavoro sempre, o i vicini di casa. Io socializzo ogni volta con i vicini di casa».

Che cosa te ne fai degli abiti che non metti più?
«Venendo da una famiglia dove non giravano troppi vestiti, faccio fatica a darli via, ho sempre una stanza degli abiti da lavoro. I più importanti, per esempio quelli del festival di Sanremo o quelli dei videoclip sono tutti nel Fan Club di Solarolo, che poi è la ex casa dei miei genitori. Ci sono tutti i manichini con i miei abiti. Sembro morta (ride). Altrimenti li regalo a mia sorella. Anche se lei è molto più magra!».

Tutti vogliono una foto con te. Tu con chi la vorresti?
«Non ci crederai, ma non ho una bella foto recente con i miei genitori. Mi manca. Non tengo particolarmente alle foto. Mi interessa di più diventare amica delle persone. Per esempio l’attrice Paola Cortellesi, prima di conoscerla, volevo esserle amica, anche se credevo di non piacerle. Per fortuna oggi siamo davvero grandi amiche».

Che cosa pensi della chirurgia estetica?
«Ne ho molta paura, anche se penso che prima o poi potrei averne bisogno. E poi ho il terrore degli aghi. In America, a volte, vedo donne rifatte molto male, e questo mi spaventa. Quando avevo 25 anni ero convinta che sarei diventata la prima cantante con i capelli bianchi perché non mi sarei mai fatta nulla. Appena ne ho visto uno, ho fatto la tinta».

Mi dici che cos’hai nella borsa? La apre divertita. Una mascherina per dormire; una crema effetto lifting immediato; salviettine; vitamine varie; caramelle di miele benedette nella chiesa di San Biagio che è il protettore della gola; disegni di Paola; ritagli di giornale; un portafortuna rosso per allontanare le sfighe; burro cacao; grissini dietetici; acqua; portafoglio; occhiali e assorbenti. Direi che non manca niente. Nel sesso sei classica, sperimentale o temeraria?
«Sono romagnola, il che le racchiude tutte e tre».

La situazione intima più particolare che ti sia capitata?
«Una volta ho girato un video e il protagonista era veramente figo. Qualche giorno dopo mi suona il campanello e mi dice: “Ciao, sono il tuo regalo di compleanno”. Abbiamo vissuto insieme un mese e poi gli ho detto: “Sei un gran figo, scusami, davvero, ma purtroppo non sono innamorata”».

Giri ancora per strada con la parrucca?
«Purtroppo no, perché una volta mi hanno beccata. Era bionda e a caschetto, come la Carrà, mio idolo. Avevo solo un pomeriggio per comprare i regali di Natale, e sono andata in un grande magazzino, a Roma. Era andato tutto bene, tanto non dovevo parlare, ma alla cassa purtroppo ho detto: “Grazie”, e la mia “z” mi ha tradita. Io mi sono vergognata come una ladra perché una che gira con la parrucca per Natale è veramente una sfigata».

Hai a disposizione Vasco Rossi, Biagio Antonacci, Eros Ramazzotti e Tiziano Ferro. E puoi abbinare a questi nomi una vacanza, una cena, un concerto o una notte.
«Una notte con nessuno di loro perché non ce la posso fare. In vacanza con Biagio, un concerto con Vasco, una cena con Eros e una serata con Tiziano».

Come ti vedi da vecchia?
«Isterica».

Post Scriptum: prima di andare via le faccio la dedica su un mio romanzo, e lei: «Che bello, sei mancino? Io avrei tanto voluto essere mancina e da piccola mi sarebbe piaciuto avere la “r“ moscia, così facevo finta di averla. Volevo essere diversa»