MUSICA




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Dopo 40 anni di contributi Vasco Rossi va in pensione: «Ma tranquilli, non mi fermo»


Il concerto di Vasco Rossi allo stadio Olimpico di Torino L’energia di Vasco Rossi per i 40mila all’Olimpico di Torino 1. Vasco Rossi in un intenso ritratto; 2. Il rocker durante Modena Park, il concerto record che totalizzò 225 mila spettatori paganti; 3. Vasco a Rimini durante le prove del nuovo «Vasco Non Stop Live» che parte da Torino il primo giugno dallo stadio olimpico Vasco ricomincia dal metal: «Mi tengo in riga per il palco»
Vasco Rossi va in pensione. Sembra incredibile poter scrivere le parole «Vasco» e «pensione» nella stessa frase, eppure pare proprio che sia vero. Sessantasei anni, 40 di musica senza sosta e di versamenti a quello che fu l’Enpals, l’Ente nazionale di previdenza e assistenza dei lavoratori dello spettacolo ora confluito nell’Inps. Quarant’anni di canzoni e evidentemente anche di contributi oggi per Vasco Rossi significano pensione. Nessuno, ovviamente, l’ha visto fare la fila all’ufficio postale di Zocca (Modena) dove in questi giorni smaltisce le fatiche del tour. Molti hanno atteso per ore davanti alla sua casa della frazione Verucchia solo per salutarlo e scattare una foto con lui e non è apparso diverso da prima.

Sono passati quarant’anni giusti dall’uscita del primo album «...Ma cosa vuoi che sia una canzone...»

Impossibile immaginare un Vasco che si dedica soltanto alle passeggiate in montagna o alla partita pomeridiana a carte con gli amici al Bar Bi Bap nel centro del piccolo paese dell’Appennino, dove lui di solito dopo pranzo arriva in moto. Però 40 anni giusti sono passati da quel 1978 in cui uscì il suo primo album, distribuito allora in Emilia Romagna e Lombardia: «...Ma cosa vuoi che sia una canzone...», con tanto di puntini di sospensione, duemila copie pubblicate dalle edizioni musicali Sarabandas. Deve essere questo il momento in cui Vasco, o chi per lui, ha cominciato a versare i contributi all’Enpals.

Senza mai smettere, negli anni della gavetta e neppure dopo il suo primo Sanremo, quello del 1982. È chiaro oggi che la «vita spericolata» da lui cantata era più un’aspirazione che una realtà, come lui d’altra parte ha sempre spiegato a a chi immaginava un rapporto troppo diretto tre arte e vita. I contributi devono essere andati avanti anche negli anni difficili delle droghe (con le quali dice di aver chiuso nel 1984), dell’arresto e delle polemiche sul suo presunto cattivo esempio. E anche se dal 1990 frequenta gli stadi, nessuna carriera è più incerta di quella da rockstar. L’Enpals, che dal 2011 è confluito nell’Inps, deve essere sembrata un’assicurazione contro le incertezze del mestiere.

«Io non mi muovo, io resto qui, sarebbe molto più semplice per me andare via»

Anche nel 2011, quando Vasco disse a Vincenzo Mollica e al Tg1 di voler dare le dimissioni da rockstar («Dichiaro felicemente conclusa la mia straordinaria attività, trentennale, di rockstar», fu la frase esatta), non si parlò di rinuncia alla pensione. Anzi, a ben vedere, pochi mesi dopo, quando annunciò il rientro sulle scene, su Facebook scrisse proprio: «Io non sono andato in pensione. Non sono messo un po’ male, fortunatamente sono guarito. Mi prendo sei mesi di recupero poi tornerò a stupirvi». Più chiaro di così.

Vasco Rossi, d’altra parte, non smette neppure oggi. «Io non mi muovo, io resto qui, sarebbe molto più semplice per me andare via» è l’ultimo messaggio in ordine di tempo, che cita «Come vorrei» e apre a diverse e fantasiose interpretazioni. Sarà pure in età da pensione, ma la carica è intatta e l’affetto dei «gi... tanti» – il soprannome che ha dato ai fan che ogni giorno lo aspettano davanti alla sua abitazione di Zocca – farà il resto. E i contributi previdenziali resteranno solo un codice da database.