MUSICA




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Vasco Rossi trionfa a Torino (ma la città rischia di perdere i concerti in futuro)



Ha scelto Torino Vasco Rossi per aprire il tour 2018, dopo la data zero di Lignano. Due i concerti, venerdì e sabato, con grande partecipazione di pubblico ed entusiasmo a non finire.

Eppure qualcosa non è andato per il verso giusto: code lunghissime per entrare nel prato, misure di sicurezza che si sono rivelate paradossali nel momento in cui la folla ha “sfondato” sentite le prime note del concerto, addirittura una donna ferita venerdì sera: disguidi gravissimi, di cui qualcuno dovrà assumersi la responsabilità. Quando c’è in ballo la sicurezza delle persone non si può sbagliare ed è imprescindibile il rispetto nei confronti di chi ha pagato salatissimo il biglietto per vedere un concerto. Secondo quanto riporta oggi il quotidiano La Stampa (clicca qui) Torino potrebbe perdere in futuro i grandi concerti allo stadio Olimpico. Un vero peccato, perché la città è splendida ed il pubblico meraviglioso. Ma certi episodi non devono più accadere.

Il concerto? Grande Vasco, grande la band, entusiasmo alle stelle: tutto (o quasi) splendido, ma dopo ciò che è successo negli ultimi mesi (il ritorno di Live Nation, il caro biglietti, i cambi nella band, le polemiche sulla scaletta) qualche annotazione è necessario farla.

GLI ARRANGIAMENTI. La svolta che nel 2014 venne definita “heavy riff oriented” non sembra ancora del tutto tramontata. Su alcuni pezzi (uno su tutti Fegato, fegato spappolato) si continua ad insistere con sonorità che sembrano poco appartenere al mondo di Vasco. Libero l’artista di seguire questa strada, che comunque ha parecchi estimatori. A me, sinceramente, questo tipo di arrangiamenti non piace molto. Non è, sia chiaro, un rigetto delle novità tout court. E’ proprio un tipo di suono lontano dal mio gusto, che non mi pare valorizzi molto le canzoni di Rossi.

LA SCALETTA. Polemiche a non finire, con anche un botta e risposta pubblico nei giorni di Lignano tra un gruppo di fan che lamentava pubblicamente (numeri alla mano) la ripetitività delle scalette ed il fan club che rispondeva per le rime. La verità, forse, sta nel mezzo. Questa scaletta (a parte il ritorno di Canzone nel finale, la stessa della data zero di Lignano, clicca qui), contiene cose molto buone, ma con poco sforzo poteva essere migliore. D’accordo i classici “intoccabili”, ma variare un po’ l’ultima parte del concerto forse è ora una necessità. Come una riflessione va fatta sui medley. Quello che gira intorno a Delusa è in scaletta dal 2015, allungato dallo scorso anno: quattro tour di fila sono forse troppi, considerato anche che il materiale per crearne uno nuovo non manca di certo. Il medley elettro-dance invece è il grande mistero di quest’anno: al di là delle valutazioni sull’arrangiamento (parafrasando X Factor, per me è no), resta il dispiacere di una Brava appena accennata, quando poteva invece essere la vera chicca del concerto, considerati i decenni di assenza. Un medley nuovo, Brava intera, Vita spericolata a metà concerto (magari tutta intera!), un ripescaggio doc (nel ventennale, Io no poteva essere perfetta) nel finale: forse così le polemiche sulla scaletta sarebbero state minori. Peccato, perché in realtà ci sono anche cose ottime, due su tutte i ripescaggi fenomenali di Stupido hotel e Il mondo che vorrei, le due ballad forse più belle incise da Vasco nel terzo millennio. E per quanto mi riguarda applausi anche per E adesso che tocca a me, dimenticata per dieci anni. Le ballad, i “pezzi struggenti” come dice Vasco: sarà che sto invecchiando, ma mai come quest’anno ho trovato proprio in queste canzoni la forza del concerto, in questi pezzi che ti scavano l’anima la ragione prima per essere sotto al palco.

VASCO, LA BAND E SIAMO SOLO NOI. Si può discutere su tante cose, ma non sulla professionalità di una band che ha eseguito in maniera egregia il compito che le era stato affidato. Tutti bravissimi, con una nota di merito particolare per Andrea Torresani, arrivato in extremis con l’improbo compito di sostituire il Gallo: missione compiuta davvero alla grande, e non era facile. Vasco poi è straordinario, non sbaglia nulla dall’inizio alla fine. Con un’unica eccezione: Siamo solo noi, sempre con qualche errore in tutti e quattro i concerti finora portati a termine. Nulla di grave di per sé, ci mancherebbe, ma qualcuno inizia a non credere più che sia una casualità. E ad ipotizzare che questi errori in realtà tali non siano: risentiremo Siamo solo noi perfetta quando tornerà il Gallo? Una curiosità: in Vita spericolata siamo passati a «ognuno in fondo perso dentro al suo Instragram». Anche Vasco si adegua alle nuove mode in tema di social network!

IL PUBBLICO. Tralasciando il discorso “smartphone perennemente alzati”, a Torino si è rivisto un pubblico caldo e partecipe. Certo non siamo più negli anni ’80 o ’90, ma il concerto di ieri sera è stato molto vissuto. Una sensazione finale: il grosso dei fan va al concerto per divertirsi (e magari commuoversi, quante lacrime si vedono anche), fregandosene abbastanza di tutti i discorsi su arrangiamenti e scalette, che invece impegnano in lunghe discussioni una fetta (minoritaria, va riconosciuto) di pubblico. Quale sia l’atteggiamento giusto non lo so, ma entrambe le tipologie di fan (ovviamente quando non ci sono eccessi di maleducazione) meritano rispetto.