MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Adriano Celentano: 80 anni di un fenomeno


di celentanorock · 6 gennaio 2018

Chi l’avrebbe mai detto che il 6 gennaio del 1938 in via Gluck a Milano, sarebbe nato un Mito? Figlio di genitori emigrati da Foggia a Milano in cerca di fortuna, nasce tra gli occhi sbigottiti della madre incredula che a 42 anni sarebbe riuscita a portare a termine la gravidanza (per l’epoca quell’età era già off limits). Gli occhi sbigottiti saranno quelli poi di tutti coloro che hanno avuto a che fare con lui, un orologiaio che presto sarebbe diventato il Molleggiato d’Italia, che in 60 anni di carriera e 80 anni di vita, ha lasciato segni indelebili dappertutto, un po’ come Attila. Pietra miliare della musica, papà del rock italiano, spartiacque nel modo di fare in tv, visionario e Re Mida dei botteghini nel cinema, ma soprattutto… ladro dei nostri cuori.

ESORDIO E SUCCESSO

[Bruno Dossena] fu lui il primo a dirmi: “Senti Adriano, io sto organizzando il primo festival di rock and roll in Italia. Vengono dei ballerini dalla Francia e dall’Inghilterra e ci sono otto orchestre. Però non ci sono cantanti di rock, e tu saresti l’unico. Vuoi venire?”. Ho detto: “Sì, senz’altro”. E allora io misi su i Rock Boys.



La carriera di Adriano Celentano ebbe inizio la sera del 18 Maggio 1957, al Palazzo del Ghiaccio di Milano. Quella sera, si svolse il primo festival italiano di rock and roll, organizzato dal ballerino campione del mondo Bruno Dossena. Adriano era l’unico cantante rock, accompagnato dal suo gruppo, i Rock Boys. Davanti a 5mila persone, cantò molto probabilmente Tutti Frutti di Little Richard. Pubblico in visibilio (anche troppo), tanto che fu costretta ad intervenire la polizia, non riuscendo nell’intento di placare la folla.
Tra il pubblico, c’era anche Walter Guertler, proprietario della scuderia Guertler & C. Ltd e di due etichette discografiche, la Music e la Celson, che rimase subito colpito da quel ragazzotto scatenato che si dimenava sul palco. Non ci pensò su due volte, e gli fece firmare il suo primo contratto discografico. All’inizio del 1958, così, Adriano entrò per la prima volta in una sala d’incisione. Ne uscirono una serie di 45 giri di rock americani.
Ma il successo arrivò soltanto nel 1959, più precisamente il 13 Luglio di quell’anno, data in cui Adriano vinse il Festival di Ancona con Il tuo bacio è come un rock. Prima di allora i suoi dischi vendettero pochissimo, venne ignorato in uno dei primi talent show della televisione italiana (Voci e volti della fortuna, alla quale partecipò l’8 Ottobre del 1957) e prese parte a qualche manifestazione di scarsa importanza.
Con Il tuo bacio è come un rock, Adriano entrò per la prima volta nelle case di tutti gli italiani. Il disco a metà Agosto entrò per la prima volta nella top ten della Hit Parade e vi restò fino al Gennaio del 1960, dopo ben 17 settimane di permanenza di cui due al primo posto. Il primo travolgente successo di una lunga, lunghissima serie.

NASCITA DEL CLAN E PRIMO DISCO INDIPENDENTE

Il mito del Clan, forse, è un mito della giovinezza. Oggi sarebbe facile prendere cinque grossi e dire Facciamo un clan. Lo farebbero subito, e magari sarebbero anche contenti che io sia il capo, per la convenienza che se ne trae. Ma non sarebbe bello, perché non parte dall’amicizia, parte dalla convenienza. Allora a che serve un clan? Meglio non farlo.



Conteso da tutte le case discografiche, Adriano decise invece di mettersi in proprio; Il 19 Dicembre 1961 nacque il Clan Celentano, la prima etichetta indipendente italiana. Lo spirito del Clan, nella mente di Adriano, è ben raccontato da Gianni Dall’Aglio, suo storico batterista, nell’autobiografia Batti un colpo:

Nel periodo della Bussola On Stage, durante le cene a fine spettacolo, Adriano iniziava a parlarci di una sua idea, ed io ammiravo quella naturale vocazione all’amicizia che sapeva comunicare con tanta semplicità. Avremmo formato un gruppo di amici inseparabili. Un “Clan”.
“L’unione fa la forza!”, diceva Adriano.
Immaginava un villaggio, dove abitare tutti assieme, una comunità di amici, come ai tempi della Via Gluck, dove tutto era vissuto nel piccolo mondo di una strada, circondata da piante e prati.

La fondazione di un’etichetta discografica indipendente all’epoca era considerata un rischio, ma la determinazione è sempre stata una grande caratteristica di Adriano, e il rischio si tramutò ben presto in un successo. In moltissimi, poi, seguiranno il suo esempio.
Nel Maggio del 1962, Celentano lanciò il suo primo disco targato Clan, il disco tris Stai lontana da me/Amami e baciami/Sei rimasta sola, e ottenne subito un successo al di sopra di ogni più rosea aspettativa; 11 settimane consecutive PRIMO in Hit Parade, 23 settimane totali in top ten, vittoria del Cantagiro e oltre un milione e mezzo di copie vendute.
E da lì a poco, avrebbe immesso sul mercato Pregherò…

ADRIANO E LA MUSICA

Una vita senza musica è triste, ma una musica senza vita è terribile.


Potremmo iniziare subito col dire che se uno vende 200 milioni di dischi nel mondo in 60 anni di carriera è un mostro. Potremmo dire che se è stato nelle altissime vette delle classifiche di vendita per mesi e mesi, anni (sommando tutte le volte che è stato lì in cima) è un fuoriclasse. Potremmo dire anche che se uno lascia nella musica italia almeno una ventina di evergreen che conoscono pure le pietre e che accompagnano la vita di almeno 3 generazioni, è un alieno.
Beh, allora lo diciamo: Adriano nel campo musicale è un alieno, un fuoriclasse, un mostro… di bravura. Ha cantato il cantabile accarezzando e dominando i più svariati generi musicali: partito con il rock and roll, poi con le canzonette, inizia ad utilizzare il pop non solo per parlare d’amore, ma anche di società e dei “mali del secolo”, torna al rock, poi la dance, un po’ di blues e un goccio di jazz, si riprende il pop, il melodico e le ballate, canta cover di canzoni celebri americane e inglesi per dargli nuova vita nel territorio italico, stravolge i ritmi e i tempi con canzoni assolutamente poco radiofoniche, ma tanto affascinanti come la recente Sognando Chernobyl, gioca con l’elettronica e con i computer, modula la sua stessa voce, piazza 17 singoli al numero uno in classifica (record italiano) e incide con Mina uno dei dischi più venduti della storia della musica italiana: MinaCelentano del 1998 con quasi 2 milioni di copie, successo replicato negli ultimi mesi con Le migliori, che ha appena raggiunto il sesto platino. Suo, alla tenera età di 61 anni, è l’album più venduto di sempre in Italia; nel 1999 Io non so parlar d’amore supera le due milioni di copie vendute, rimanendo nelle zone alte della classifica per mesi e mesi.
Al suo timbro unico e inconfondibile si abbina una capacità – più unica che rara – nel saper interpretare ogni canzone in profondità, trasformandosi e reinventandosi in ogni verso, senza mai perdere di autenticità, spontaneità e credibilità. Un vero e proprio marchio di fabbrica che ovviamente ritroviamo in tutta la sua immensa discografia.
Sperimenta sempre gli arrangiamenti più moderni del momento, si avvale di collaborazioni eccellenti e di musicisti di primo rango, compone lui stesso musiche e testi di numerosi successi, inventa un prototipo del rap nel 1972 vent’anni prima di tutti, dipinge e realizza alcune delle sue copertine dei suoi album. Insomma, un vulcano in eruzione ogni qual volta decide di esprimersi nell’arte che (quasi) tutti gli riconoscono essere la sua miglior impresa: il canto.

ADRIANO ATTORE

Il vero ingresso nel cinema, è stato nel 1968 con “Serafino”. Germi mi ha scelto, infatti, come protagonista di questo film, che è stato poi una perla della sua collana. Germi era un regista importante, uno dei grandi. Quindi, si può dire che io, nel cinema, sono entrato dalla porta principale.


Con ben 42 film all’attivo girati tra il 1959 (I ragazzi del Juke-Box) e il 1992 (Jackpot), Celentano fin dagli esordi si è trovato subito catapultato in vari musicarelli tanto in voga negli anni 60, inframmezzati da uno storico cammeo nei panni di se stesso ne La dolce vita di Fellini. Ma ad Adriano il musicarello non bastava, voleva diventare un attore vero.
Nel 1962 Giuseppe De Santis gli offrì il ruolo di un soldato siciliano in ritirata sul fronte russo durante la Seconda Guerra Mondiale in Italiani brava gente, da girare nell’inverno del 63 in Russia, che lo avrebbe visto recitare a fianco di un cast internazionale composto da Jean Paul Belmondo, Renato Salvatori, Anthony Franciosa e Tony Perkins, ma all’ultimo momento rinunciò di partire. Il film uscirà nel 1964 con il cast stravolto. Altra occasione gliela offrì Alberto Lattuada nel 1964; Adriano sarebbe dovuto essere il protagonista di Essere un mostro, la storia di un giovanotto che si autoaccusa di un omicidio per acquisire popolarità e le prime pagine dei giornali. Il film sarà realizzato soltanto nove anni dopo con il titolo Sono stato io e il ruolo di protagonista affidato a Giancarlo Giannini.
La grande occasione arriva nel 1968, quando Pietro Germi lo scelse come protagonista di Serafino. Uscito per Natale, il successo è strepitoso: 3.072.669.000 di Lire incassate e campione al Box Office della stagione cinematografica 1968/1969, con oltre 10 milioni e mezzo di spettatori portati nei cinema. Adriano diventa il primo cantante-attore del cinema italiano; dopo di lui ci proveranno, con risultati alterni, Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Enzo Jannacci e Johnny Dorelli.
Una breve pausa tra il 1969 e il 1971, colma di proposte rifiutate e progetti irrealizzati, poi la marcia diventa inarrestabile; tra la seconda metà dei 70 e la prima degli 80 è l’attore più prolifico e di maggior successo del panorama italiano, con incassi spaventosi e numeri che soltanto Checco Zalone, recentemente, è riuscito a replicare. Diventa un vero e proprio fenomeno di massa, nel cinema oltre che nella musica (in quel campo lo era già da un pezzo), le sale con Adriano in cartellone vengono prese d’assalto da un pubblico pronto a contorcersi dalle risate ad ogni sua mossa, come ben testimonia Paolo Jovane in una recensione del 1976 per il Corriere della Sera:

Adriano Celentano dice: “Nessuno sa far girare le palle come me” e giù risate.
Dice: “Pisquano” e giù risate.
Si contorce, e giù risate.
Estrae una sigaretta accesa dal taschino e giù risate.
Fa quelle smorfie che danno l’assoluta certezza alle teorie di Darwin, e giù risate.

Accade durante la proiezione di “Bluff – storia di truffe e di imbroglioni” a Milano.

Oltre che da Germi, viene diretto da Alberto Lattuada (Bianco, rosso e…), Dario Argento (Le cinque giornate), Franco Rossi (L’altra metà del cielo), Sergio Corbucci, Pasquale Festa Campanile, ma la collaborazione più fortunosa è senz’altro quella intrapresa con Castellano & Pipolo, con cui tra il 1979 e il 1986 girò ben nove film. Tra questi, Il bisbetico domato e Innamorato pazzo, che si piazzarono entrambi al primo posto del Box Office, rispettivamente nel 1980 e nel 1981, con oltre 18 milioni di spettatori portati in totale nelle sale. Ma sono solo i due exploit più clamorosi di un periodo costellato di successi: Yuppi Du, Bluff, Di che segno sei?, Ecco noi per esempio, Mani di velluto, Geppo il folle, Qua la mano, Asso, Grand Hotel Excelsior, Bingo Bongo, Segni particolari: Bellissimo e Lui è peggio di me finirono tutti nella top ten degli incassi annuali.

La carriera cinematografica di Adriano si concluse purtroppo con un flop, nel 1992 con Jackpot. Costato quasi 20 miliardi di Lire, girato tutto in inglese e doppiato in maniera atroce, incassò una miseria. Si tratta probabilmente di una delle poche cose che Adriano si è pentito di aver fatto in carriera.

ADRIANO REGISTA

La cosa che mi diverte di più è girare un film, montarlo, scriverlo, fare il regista, lo sceneggiatore, fare l’autore, sì, come ho fatto per “Yuppi Du”, e interpretarlo anche. Con le macchine mi diverto; con la moviola soprattutto.



Dei 42 film girati, Adriano ne ha diretti 4. L’esordio avvenne nel 1965 con Super rapina a Milano, in realtà coadiuvato da Piero Vivarelli, che già lo aveva diretto in diversi musicarelli.
Ma a quel tempo ancora non era pronto per fare il regista. L’occasione per approfondire l’utilizzo della macchina da presa avvenne durante la lavorazione di Serafino; Adriano ne approfittò per chiedere insegnamenti a Pietro Germi, e nell’autunno del 1970 è già in procinto di girare il suo primo film. Si tratta di Geppo il folle, ma il progetto svanì all’ultimo momento e il film tenuto nel cassetto per 8 anni.
Nel mezzo, c’è il film con il quale Adriano riuscì a mettere d’accordo pubblico e critica, di cui, oltre che regista e protagonista, è anche produttore, compositore e sceneggiatore: Yuppi Du. I temi trattati sarebbero d’attualità ancora oggi: morti bianche, inquinamento, miseria, disoccupazione e famiglia. Realizzato con non poche difficoltà (Celentano spese tutte quello che aveva, e fu costretto a cercare finanziatori per completarlo), uscì nel 1975 ed incassò circa cinque miliardi con commenti entusiasti da parte della critica (Gianluigi Rondi, esagerando, arrivò a definire Adriano “il nuovo Chaplin”) non solo italiana, ma anche internazionale, divenendo ben presto un film di culto. Venne presentato al Festival di Cannes e se non fosse stato per Super rapina a Milano, avrebbe vinto il premio come migliore opera prima.
Nonostante le critiche positive ed il successo di Yuppi Du, e nonostante le numerose idee che gli frullavano per la testa, Adriano preferirà essere solo attore (con la regia si rischia troppo), concedendosi però negli anni altri due film in proprio; nel 1978 ripescò e girò Geppo il folle, altri 5 miliardi incassati. Nel 1985, invece, il suo progetto più maestoso e controverso: Joan Lui, annunciato fin dai tempi di Yuppi Du e finalmente realizzato.
Rifiutò per impegni lavorativi di dirigere il suo ultimo film, Jackpot, e con la fine della sua carriera cinematografica molti progetti rimasero definitivamente nel cassetto; un film sulla coppia, la storia di un conflitto fra un imprenditore e un operaio comunista che muoiono e si ritrovano in paradiso, addirittura un sequel solo abbozzato di Yuppi Du. Ma continuerà a fare il regista di alcuni suoi spot e trasmissioni televisive.
Celentano regista non è banale, non si limita al compitino di tanti attori che si sono cimentati con la macchina da presa, ma usa tecniche di ripresa e di montaggio innovative ed inusuali, creando un stile tutto suo e riuscendo quindi a distinguersi differenziandosi dagli altri.
Gaetano Morbioli, il più famoso regista di videoclip italiano, nonchè collaboratore di lunga data di Adriano, su di lui dichiarò:

Adriano sa come gestire certe immagini e anche in fase di montaggio è un maestro assoluto. […] Adriano fa cose che, spesso, a prima vista non si possono fare, cioè sembrano sbagliate. Monta con le stesse macchine che uso io, ma ha il coraggio di fare scelte che sembrano azzardate o errate. Poi, a risultato finito, capisci quello che voleva dire; che il suo messaggio arriva forte e chiaro. Per lui, infatti, certe regole stilistiche possono essere superate a favore di un linguaggio più diretto. Meglio arrivare con un messaggio forte che essere stilisticamente perfetti e non dire nulla. Celentano non segue nessuna regola. Magari non lo capisci subito, ma mesi dopo; ma quando lo capisci, ti accorgi che aveva ragione lui, Adriano.

ADRIANO E I CONCERTI

Quando salgo sul palcoscenico in mezzo al campo sportivo, e scorgo 30-40 mila facce che mi spiano, mi scrutano, mi chiedo ogni volta che cosa li abbia spinti a venire. Ho un brivido di paura, sempre, ma è questione di un attimo. Attacco a a cantare e passa tutto.


Nei primi anni di carriera, l’attività concertistica di Adriano fu decisamente frenetica. Fino alla fine degli anni 70 non esisteva ancora il concetto di tour negli stadi, all’epoca si facevano le serate nei locali, negli alberghi e nei teatri. Adriano girò tutta l’Italia con il suo Clan, accompagnandosi nelle esibizioni dal suo complesso ufficiale: i Ribelli.
Non mancarono anche le uscite all’estero; nel 1962 Adriano e i Ribelli si esibirono in un’unica serata all’Olympia di Parigi, il più importante teatro di Francia, ottenendo un successo strepitoso di pubblico e portando a casa le osannazioni della stampa francese. Ci ritornarono, quindi, l’anno seguente, stavolta per una settimana intera e replicando il successo.
Adriano ridusse esponenzialmente le sue serate a partire dalla seconda metà degli anni 60. Ogni giorno gli impresari del Clan, Ugo Dragone e Sandro Della Bona, erano costretti a rifiutare le numerose offerte che arrivano da tutta Italia. Racconta Al Bano (ha trascorso due anni nel Clan) nella sua autobiografia E’ la mia vita:

[Della Bona] esaminava le richieste di lavoro che arrivavano ad Adriano. Prendeva un foglio e platealmente lo strappava dicendo: «Un milione! Strappato!».
Poi ne prendeva un altro e strappava anche quello. «Un altro milione! Strappato!».

Celentano infatti non voleva fare concerti e Della Bona era costretto a cestinare le offerte.

Poche serate, dunque, ma buone. Per quattro anni consecutivi, dal 1967 al 1970, Celentano si esibì il 30 ed il 31 Dicembre al Teatro Smeraldo di Milano, registrando sempre il tutto esaurito. Nel 1971, invece, con alcuni colleghi ed il suo Clan organizzò un tour canoro in stile Cantagiro, intitolato Incontri d’estate.
Poi, le sue esibizioni pubbliche si annullarono quasi definitivamente con il progredire della carriera cinematografica (comincerà a girare due film all’anno), con qualche sporadica eccezione; tra Luglio ed Agosto del 1977 un mini-tour di otto serate, con tappa a Piumazzo, Viareggio, Mantova, Orzinuovi, Lignano Sabbiadoro, Cesena, di nuovo Viareggio ed a Ome, ma fu solo nel 1979 che Adriano organizzò il più grande e completo tour della sua carriera: L’Europa Tour. 37 date, dal 7 Maggio al Kiwi di Piumazzo fino al 15 Agosto a Sanremo, di cui 10 europee. All’epoca, un successo epocale senza precedenti. In questa occasione, manco a dirlo, fu il primo in Italia a cantare negli stadi, fra il tripudio della folla.
Dal 1979, ci vollero ben quindici anni prima di rivedere Celentano live. Adriano organizzò Adriano Celentano Live, altro tour europeo composto da 17 date, sette italiane e dieci europee, tra l’Ottobre e il Novembre del 1994.
Altri 18 anni, ed ecco Rock Economy, due concerti all’Arena di Verona che colpirono nel segno: biglietti polverizzati a tempo di record ed oltre 18 milioni di telespettatori totali in due serate (in una televisione dove i concerti non funzionano quasi mai); un evento che rimarrà senz’altro nella memoria collettiva.

ADRIANO E SANREMO

Avevo fatto capire alla Rai che ero disposto a organizzare il festival… volevo carta bianca per distruggerlo definitivamente, ma con un successo, non con un insuccesso. Avevo chiesto: mi date un’opzione di sei mesi, io indago con miei colleghi, avrei fatto una riunione con Vasco Rossi, De Gregori, Jovanotti, tutti i grandi, una formula pazzesca… ma evidentemente hanno avuto paura.



Cosa accomuna Adriano Celentano e il Festival di Sanremo? 7 partecipazioni, 5 da gareggiante e 2 da ospite, una vittoria con Chi non lavora non fa l’amore e… tante occasioni sfumate.
La, storica, prima volta di Adriano al Festival avvenne nel 1961. Fece subito scalpore voltando le spalle al pubblico e arrivò secondo con 24.000 baci, ma il suo disco risulterà essere il più venduto dell’intera kermesse. Adriano ci riprovò l’anno seguente, ma il suo brano, Vedrai che passa, venne scartato dalla commissione selezionatrice. La canzone divenne quindi Vedrai che passerà, cantata da Ricky Gianco nel primissimo 45 giri targato Clan Celentano.
Scartato anche nel 1963, vi ritornò nel 1966 con Il ragazzo della Via Gluck e venne incredibilmente eliminato alla prima serata, ma ancora una volta saranno le vendite a premiarlo (anche se il primato di vendite sanremese spettò a Nessuno mi può giudicare, il cui rifiuto di Adriano ad interpretarla spianò la strada al successo di Caterina Caselli).
Terzo posto nel 1968 con Canzone, la vittoria, in coppia con sua moglie Claudia, arrivò finalmente nel 1970, paradossalmente con la canzone che più di tutte sollevò polemiche: Chi non lavora non fa l’amore.
Il Festival 1971, invece, Adriano mirò ad organizzarlo, inviando un telegramma al Comune di Sanremo e promettendo una kermesse rivoluzionaria ed innovativa. Non vi riuscì, e ne abbiamo approfonditamente parlato in questo articolo, ma vi partecipò e arrivò quinto con Sotto le lenzuola. L’organizzazione della kermesse rimarrà sempre un pallino di Adriano, ribadita in più occasioni nel corso del tempo.
Nel 1973 annullò la sua partecipazione all’ultimo momento con L’unica chance, inviando un telegramma beffardo e provocatorio in segno di protesta a seguito di alcune esclusioni eccellenti che gli avevano provocato una “leggera gastrite”.
Nel 1987 Baudo lo invitò come ospite d’onore. Avrebbe cantato La luce del sole accompagnato da 70 ragazzini, ma la sua partecipazione è osteggiata dall’Afi (Associazione Fonografici Italiani): niente cantanti ospiti fuori gara. Baudo ci riproverà nel 1993, Adriano sarebbe stato ospite della serata finale, ma la sorte sarà la stessa.
Così, dal 1971 al 2004, passarono ben 33 anni prima di rivedere Adriano sul palco di Sanremo; vi partecipò gratis, come ospite, in virtù della sua amicizia con l’allora direttore artistico Tony Renis, e per mezz’ora emozionò il pubblico facendo registrare il picco di ascolti.
Altri otto anni, e Celentano ritornò ospite in due serate del Sanremo di Morandi. Una marea di polemiche, ed ennesima diatriba con la Rai, stavolta (quasi) irreversibile. Adriano per la prima volta in carriera si rivolgerà a Mediaset.

ADRIANO E LA TV

La TV è un cannone dal quale ciascuno spara i suoi proiettili e i bersagli siete voi. Se volete, potete cambiare canale; ma quali cazzate troverete migliori di quelle che sto dicendo?



La TV è stata, quasi sin dall’inizio della carriera, un posto nel quale Adriano si è sempre trovato a suo agio. Ne cura la regia, le inquadrature, studia nei minimi dettagli le sue apparizioni e, soprattutto, con l’apocalittico Fantastico 8 del 1987, detiene il privilegio di non far leggere mai i suoi testi e le sue scalette ai direttori di rete che gli permettono di andare in televisione. Per alcuni è stato un vero incubo perché Adriano, in tv, è una bomba ad orologeria. Non sai mai quello che dirà, di cosa parlerà o cosa ha intenzione di proporre sullo schermo, fino al momento della messa in onda. E giù polemiche a non finire ogni qual volta un suo monologo spacca in due l’Italia tra chi lo applaude e chi si incazza.
Scartato dalla Rai per ben due volte a seguito di due provini che Adriano fece, prima come imitatore di Jerry Lewis e poi come cantante rock, tra il 1956 e il 1957 (“Immaturo e disordinato. Non interessa”) e malvoluto agli esordi della carriera (nel 59 Mike Bongiorno venne pesantemente strigliato per averlo fatto esibire come ospite a Lascia o raddoppia?), quando il suo successo fu consolidato la TV italiana nei primi anni sessanta non esitò a proporgli la conduzione di varietà a puntate già sperimentati con altri cantanti come Mina, Johnny Dorelli e Giorgio Gaber, ma stavolta sarà Adriano a rifiutare per i troppi impegni. Comparve allora in speciali a serata unica: Adriano Clan e Adriano Clan N.2.
Fino a Fantastico le sue apparizioni televisive erano pressoché puramente leggere, comiche, musicali. Presentava i suoi dischi, duettava con altri mostri sacri della musica, condusse qualche trasmissione in prima serata (C’è Celentano e Stasera Adriano Celentano) ma, insomma, nulla di sconvolgente. Le provocazioni c’erano già, certo, ma la musica e gli sketch comici facevano da padrone. Tutto cambia con, appunto, Fantastico 8. Si creò il panico, Celentano stravolse e re-inventò il modo di fare televisione per 13 lunghissime puntate in prima serata. La Rai è su tutte le furie, ogni puntata fu fonte di polemiche e Adriano finirà anche in tribunale per aver invitato gli elettori a scrivere frasi sulla scheda elettorale referendarie. La critica lo massacrò, parlò allora di “Tele-disastro”; oggi quel Fantastico è diventato di culto.
Tra progetti sfumati o ridimensionati (tonerà in televisione con un programma tutto suo solo nel 1992 con Svalutation per due puntate e rilegato su Rai Tre) il ritorno in grande stile su Rai Uno è sancito nel 1999 con Francamente me ne infischio. Grandis