MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Le rivelazioni di Al Bano. Non debutterà in politica, ma come giudice nel talent “The Voice”



Al Bano
Onorevole Carrisi?
«E chi è ‘sto onorevole?»

Albano Carrisi, nato a Cellino San Marco, classe 1943. Si dice che Silvio Berlusconi la vorrebbe candidare per uno dei seggi degli italiani all’estero. È vero?
«Me lo aveva chiesto anni fa. Per le prossime elezioni non ho ricevuto chiamate. Fosse vero lo ringrazierei di aver pensato a me, di aver visto una potenzialità nella mia persona e nella mia storia. Ma mai entrerò in politica. Non è il mio campo. Farei danni. La musica è il mio pane. Il mio messaggio è chiuso nella forza e nella poesia delle sette note. Grazie a quello e alla mia voce sono quello che sono nel mondo».

Non sente il richiamo dell’orgoglio nazionale da salvare?
«Mi basterebbe vedere che i politici smettessero di litigare 24 ore su 24. Manca proprio l’idea del politico».

Ha detto che quest’anno si ritirerà dalla musica. Non la tenta l’idea di fare il pensionato in Parlamento?
«Sono anni, dal 1985 ad essere precisi, che me lo chiedono. Ci hanno provato da tutto l’arco costituzionale e sottolineo tutto con piacere».

E lei da che parte sta?
«Vado a ondate. Non perché sia un indeciso. Da quando le ideologie sono state sepolte ho scelto gli uomini, pensando a chi fosse il più giusto per aiutare questo Paese ad essere quello che merita di essere».

Deluso dall’Italia?
«Ormai vendiamo tutto. Dalla Perugina alla Fiat, qui non resta più nulla. Siamo italiani o diciamo di esserlo?»

Lei è una star nell’Europa dell’Est anche perché quella di Sanremo era l’unica musica occidentale accettata oltrecortina. Che percezione c’è dell’Italia all’estero?
«La storia ci difende, e ci difenderà anche in futuro, ma non possiamo continuare a pensare soltanto a Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Siamo legati al ricordo, al nostro museo all’aperto. Di quello che accade oggi non si parla, non abbiamo nemmeno la nazionale ai Mondiali…

L’agenda del 2018 è piena?
«Nei prossimi giorni ho dei concerti a Berlino con Romina. Il 2 febbraio sarò in Cina per una manifestazione sulla Nuova Via della Seta. Poi ancora Germania con Romina e in Australia da solo. Poco prima di Natale sono stato l’unico cantante straniero ad esibirmi ai 100 anni del Kgb alla presenza di Putin».

È sempre un putiniano?
«Lo sostengo da tempi non sospetti. È un grande. Ha un senso religioso della vita. Ha il pugno di ferro e non ci vedo nulla di male. Ormai lo usano molti, a partire da Trump ma anche da noi. Capisco che nei casi di mors tua vita mea ci voglia anche quello».

A Capodanno grande successo su Rai1. Con Romina…
«Artisticamente non è cambiato nulla».

E di persona?
«Sono cambiate le circonferenze. Entrambi abbiamo qualche chilo in più».

Nei sentimenti?
«Siamo come fratello e sorella. Sono circa 20 anni che non stiamo assieme ma abbiamo attraversato il brutto e il bello della vita. Adesso c’è un rispetto speciale fra noi. Nonostante l’abuso di gossip la gente ci ama ancora per l’essenza».

In che senso abuso?
«Mi dedicano 4-5 copertine alla settimana. Un giornale dice una bugia, un altro la cavalca. Li muove il dio denaro».

Il pettegolezzo che le ha dato più fastidio?
«Lasciamo stare. Mi sono piaciute le copertine su mia mamma. Quando ha letto Madre mia (Baldini&Castoldi), libro che le ho dedicato, ho visto la soddisfazione nei suoi occhi. La sua è una razza in estinzione. A volte mi chiedo chi sono e guardandomi dentro vedo lei e papà. Anche se non ho fatto quello che volevano».

A cosa puntavano?
«Ad avere un figlio professorino oppure delle braccia per l’agricoltura. Invece le mie braccia erano per la chitarra».

Il suo piano B?
«Mi faccio un applauso perché non ho mai avuto dubbi nella vita».

Conferma l’addio?
«Farò il giudice a The Voice, ci sono i concerti, ma il 1° gennaio 2019 appendo il microfono a una cornice. L’ho già fatta costruire. Non lo faccio con gioia ma con l’intelligenza dettata dal rapporto con la mia salute».

L’ultimo show?
«Vorrei il teatro dell’Hilton di Roma dove debuttai al Festival delle rose del 1966».

Andrea Laffranchi, Corriere della Sera