MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Andrea Chénier nel nome di Gigli


L’“Andrea Chénier” di Giordano che a Sant’Ambrogio inaugurerà l’anno scaligero sarà l’avvenimento della stagione lirica. A introdurci all’ascolto il suo protagonista musicale, Riccardo Chailly. «Una partitura che mi è stata sempre a fianco», ci spiega. «La registrai nel 1984 con Pavarotti; con quest’opera ho inoltre debuttato alla Staatsoper di Vienna, poi alla Scala per due stagioni. Manca alla sala del Piermarini da trent’anni: secondo me rappresenta l’emblema del Verismo, 
che ha suscitato fin dalla prima scaligera, nel 1896, un assoluto desiderio d’ascolto da parte dei milanesi». Amata anche da Mahler. «La diresse sei volte ad Amburgo. Stimava particolarmente la musica di Giordano, tant’è che a Vienna dove era Generalmusikdirektor fece mettere in scena anche “Fedora”. Dichiarando più volte la sua ammirazione per la qualità dell’orchestrazione, per i suoi colori strumentali. Infatti, mentre si è conquistati dalle grandi melodie dei duetti e dei concertati, ci si accorge che nelle parti armoniche c’è tutto un movimento ritmico sotterraneo nuovo per l’epoca».

Da subito prediletta da grandi cantanti come Tamagno e Caruso. Ma per Chailly il riferimento è Beniamino Gigli, che la registrò nel 1941. «Il Verismo vi raggiunse un’eleganza e una sobrietà eccezionali. Non bisogna dimenticare quello che Gigli ci ha lasciato: le cose aggiunte, non scritte prettamente da Giordano, a esempio qualche fermata in più su qualche nota specifica che sottolineano una parola, o degli indugi che sono sempre legati all’espressione e al testo, mai autoreferenziali. È anche un modello nel percorso che sto facendo con i cantanti per questo nuovo progetto». Con Anna Netrebko, Yusif Eyvazov, Luca Salsi.

E la regia 
di Mario Martone «che prosegue un discorso 
di rispetto della tradizione 
e rinnovamento dell’immagine visiva, fondamentali per capire bene i valori dello “Chénier”». Ma la voce che sta più a cuore a Chailly è quella della “sua” orchestra scaligera. Continua al terzo anno il percorso di identificazione di stili di personalità nel suo suono, attraverso gli autori. Prima Schumann, poi Beethoven e Brahms. Quest’anno 
i russi: Ciaikovskij, Sciostakovic e Stravinskij (fra l’altro a giorni uscirà 
il cd che Chailly ha dedicato a questo compositore, con gli strumentisti del festival di Lucerna). Ormai si avverte 
il suo lavoro di cesello sull’affondo orchestrale. Con esiti assai apprezzati, come hanno dimostrato i recenti tour.

Buuh!
Vite da ribelli. Ascoltate i grappoli di note incandescenti dello Studio “Rivoluzionario”, scritto di getto 
da Chopin sotto l’impressione 
del fallimento dell’insurrezione polacca. Prendete ora il libro 
di Alfonso Signorini, direttore 
di “Chi”. Una biografia del celebre compositore scritta come un fotoromanzo, con frasi tipo «Ci ameremo per sempre, Fryderyk?». Il libro ha una dedica: «A Marina, che ama Chopin come me». Lei 
è Marina Berlusconi, potente capo della Mondadori, editore del libro

Bravo!
Non a caso viene definito “il più tedesco dei direttori d’orchestra italiani”. Anche se non c’è ancora l’ufficialità, pare certo che sarà 
la bacchetta di Daniele Gatti a guidare la “Tetralogia” di Wagner nel 2020 al festival di Bayreuth, ovvero nel tempio del compositore del “Ring”. Dei nostri connazionali, solo il compianto Giuseppe Sinopoli aveva avuto in passato l’onore di fare altrettanto. La produzione sarà nuova e fra 
i candidati alla sua direzione registica si sussurra il nome 
del russo Dmitrij Tcherniakov