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L'ultima diva, Ornella Vanoni: "E poi mi ritrovai senza niente in una pensione a mezza stella"


di ANNA BANDETTINI

L'artista ritorna al Piccolo Teatro di Milano, dove tutto iniziò sessanta anni fa, per il ventennale della scomparsa di Strehler: "Guardo con tenerezza il mio corpo che cambia, operarsi per ringiovanire oggi è stupido. Nuovi progetti? Canto Billie Holiday, bambina infelice, e Amy Winehouse, che avrei voluto conoscere"


MILANO - "PER UN ANNO sono sparita, perché a volte fa bene e intanto mi sono anche occupata della carcassa, vertebre, schiena... Risolto nulla, ma mi è servito per guardare da lontano le cose che ho fatto. E sono così tante che mi è tornata voglia di salire sul palco". Il 28 ottobre Ornella Vanoni va in scena al Teatro Strehler di Milano con un nuovo concerto, Sono nata qui. Ha 83 anni, ne aveva 23 quando proprio al Piccolo e proprio Giorgio Strehler si innamorò di lei, la trasformò nella "cantante della mala", inizio di una storia artistica avventurosa, anomala e ancora in marcia: il concerto, il tour, il nuovo disco, forse due serate su Rai1 prodotte da Ballandi, che lei smentisce: "È solo un'idea". Sono 60anni. 20 ne sono trascorsi dalla morte di Strehler e il Piccolo, per commemorare il geniale regista con una serie di iniziative, ha scelto di partire da lei. "Il concerto sarà inevitabilmente anche la mia storia", racconta sul divano bianco di casa, tuta, un gilerino, i ricci rossi tirati su, la sua faccia strana, la voce aggraziata e ironica, "le canzoni della mala, Brecht, Die Moritat in tedesco e Tango ballade, i classici... e poi Non insegnate ai bambini di Gaber e un finale straordinario con È poi tutto qui ".

Che effetto le fa tornare da dove era partita?
"Non ho più il terrore di una volta. Sessant'anni fa ero una ragazza borghese che non sapeva fare niente, a parte parlare le lingue. Mi iscrissi alla scuola del Piccolo Teatro senza sacro fuoco, solo perché un'amica di mia madre aveva detto "hai una bella voce, fai l'attrice". Fu Sarah Ferrati all'esame di ammissione, dove andai tremando, a dire "Attenzione, qui c'è qualcosa". Chissà che aveva visto, perché una volta ammessa anche a lezione pregavo di non dover dire nulla. Un'allieva un giorno mi dice "Strehler ti fissa". Terrore. Poi mi accorgo che quando tornavo a casa la sua macchina amaranto col tettuccio bianco seguiva il mio tram. Finché alla festa di fine anno Strehler mi dichiara l'amore. E una ragazza che riceve l'amore di Strehler che fa? Non si innamora?".

Subito.
"E infatti mi innamorai. Avevamo 13 anni di differenza. Uno scandalo. Da scuola mi volevano cacciare, mamma piangeva, papà non parlava più... Strehler era sposato, anche se separato da Rosita Lupi, era di sinistra, regista... per la borghesia, come la mia famiglia, era la perdizione. Ma io avevo scelto e non ho mollato. A casa nostra telefonava von Karajan, Strehler non voleva parlargli, e io in tedesco a dire "Il Maestro non c'è"".

Perché non recitò mai con lui?
"Mi diceva "hai talento ma non i nervi per questo mestiere". E aveva ragione. Solo da qualche anno stare sul palco è una bella emozione. Quando nel '61 mio marito, ma chiamiamolo solo Lucio Ardenzi, l'impresario che di più non era, mi fece recitare L'Idiota di Achard, fu una sofferenza. Al Piccolo invece Gino Negri suggerì a Strehler di farmi cantare: avevo fatto un jingle, "Denti bianchi, bocca fresca, con Colgate con gardol". Debuttai nel '57 ne I Giacobini con un paio di ballate francesi. Da lì, l'idea delle canzoni della mala, Ma mi, Le mantellate, Hanno ammazzato il Mario... le presentavamo come canzoni popolari autentiche, invece le scrivevano Gino Negri, Fausto Amodei, Fiorenzo Carpi, Dario Fo, lo stesso Strehler ".

Poi però se ne andò.
"Colpa di Visconti. Nel '59 con le canzoni della mala ero andata al festival di Spoleto, allora regno di Visconti, e lì mi ritrovai a letto quel gran figo di Renato Salvatori. Strehler non me la perdonò. Ci siamo riconciliati solo quando si innamorò un'altra volta, di Andrea Jonasson".

Bel coraggio. Non è meglio separare l'amore dal lavoro?
"Forse sì. Io ho fatto tanta fatica. A un certo punto mi ritrovai senza niente, anche perché il matrimonio con Ardenzi era durato niente. Mi rivedo in una pensione a mezza stella a Firenze a mangiare pane e salame. La fortuna, credo, fu l'ondata genovese, l'aver incontrato Gino Paoli. Ma gli incontri bisogna anche saper riconoscerli. Gino piangeva sempre, viveva con un gatto, arrivava sempre sconvolto, ma lo amavo. Non ci siamo mai persi, nemmeno oggi che ha una moglie fantastica che sposerei domattina".

Sta bene con le donne?
"Se sono intelligenti. Loro invece mi hanno amato tardi. Stavo sulle balle. Ero bella, troppo seduttiva. Ma io non sono una che odia gli uomini, anche se sanno essere sgradevoli. L'ho vissuto sulla mia pelle. Stavo con un ragazzo svizzero, rimasi incinta. Pensai, mi sposa? Invece mi mise davanti un plotone di medici per farmi dire che una come me non era in grado di crescere un figlio... Una cosa orrenda, per farmi abortire. Io ero troppo giovane per reagire. È lì che credo di aver capito che la donna deve essere indipendente, e gli uomini possono essere feroci".

Pensa ai femminicidi?
"Gli uomini sono violenti perché sono diventati insicuri e non per la liberazione sessuale della donna nel '68, perché le donne hanno sempre fatto l'amore quando volevano. È che lì c'è stata la liberazione della parola, la donna ha cominciato a parlare, a dire all'uomo "fai bene l'amore", "'non lo fai bene", e lui ha reagito male. Io adesso sono sola e sto bene. Ho Ondina, la mia cagnolina, che o dorme o mi morde".

La vecchiaia può essere un macigno per le donne. Per lei?
"Guardo con tenerezza il mio corpo che cambia. Operarsi per ringiovanire oggi è stupido, ci sono mille modi per intervenire, punturine, macchine... Io fui costretta anni fa, per coprire la cicatrice al collo causata da una tubercolosi ghiandolare. Per giorni non riuscivo a guardarmi".

Chi le piace tra le colleghe?
"La Mannoia, mi pare si muova sul mio stesso solco".

Ha ancora voglia di progetti?
"Tanta. Dopo il tour, c'è il nuovo disco, avrà come filo rosso le canzoni che hanno fatto breccia dentro di me: quelle di Billie Holiday, una bambina infelice, la Winehouse che avrei voluto conoscere. Sì, mi piacciono le inquiete, come Marilyn, perché hanno bisogno di una carezza".