MUSICA




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Ed Sheeran da record: "Non conta vendere ma condividere"

Tutto il mondo ascolta Ed Sheeran. E non è un modo di dire: su YouTube le canzoni del disco ÷ (Divide) - le ha messe online tutte - sono state visualizzate un miliardo di volte in due giorni. Aggiungiamo gli oltre sei miliardi dei due dischi precedenti e superiamo i sette miliardi, quanto la popolazione mondiale. E poi quasi 400milioni di ascolti su Spotify in una settimana, primo in 90 hit parade mondiali, Italia compresa, e nella sua Inghilterra ha piazzato nove canzoni nella Top 10. Un successo che si spiega col talento, certo. Ma ancor di più col fatto che Ed è esattamente chi sembra: un 26enne inglese che malgrado questo ciclone ha saputo restare semplice ("feet on the ground", piedi per terra, dice), capelli rossi, lentiggini, qualche chiletto in eccesso, golfino e occhialoni da studente, uno che potresti ancora trovare al pub a farsi una pinta con gli amici. E per questo è credibile nel parlare ai fan più giovani. E anche alla stampa italiana.

Partiamo da questo successo.
"Ho frantumato le hit parade nel mondo intero, so che non capita spesso. Credetemi se vi dico che vendere tanto conta fino a un certo punto. So che la mia casa discografica non sarà contentissima, ma a me importa che la mia musica sia condivisa. Per questo l'ho messa ovunque anche gratis, per far capire chi sono".

E chi è?
"Uno pieno di sfumature, non solo bianco o solo nero, che vive ancora nel paese di origine (Framlingham, nel Suffolk, ndr) e racconta storie. Non sono uno da riflessioni sul mondo, non mi occupo di politica, anche se posso dirvi che la Brexit è un pericolo ed è nata dalla frustrazione e dalla incomunicabilità tra la gente. Devo scrivere storie, io. Storie di tutti i giorni".

Della sua vita?
"Non necessariamente, anzi di me parlo poco. Anche se ho trovato l'amore e sono felice, e si sente, e ho scritto della mia famiglia e della mia infanzia, e della recente morte di mia nonna. Però preferisco occuparmi di cose che vedo e sento intorno a me. New man, per esempio, parla di chi compra vestiti su vestiti, va in palestra, segue le diete di moda, spende un tesoro in cosmetici, vive una vita artificiale. Ed è un riassunto di 50 persone diverse. Tutte vere, però".

È vero che ha comprato casa in Umbria?
"Top secret, dico che è in centro Italia e che non è la Toscana perché è troppo piena di inglesi. C'è una vigna e appena l'ho vista ho deciso che dovevo comprare quel posto. I miei genitori ci vennero in luna di miele, da voi ci sono storia, cultura, cibo. Non vedo l'ora di portarci i miei figli, quando ne avrò, sarà bello magari imparare l'italiano assieme. Non sono il tipo da villa a Hollywood".


Ha scelto l'Italia anche per il debutto del tour, giovedì e venerdì al PalaAlpitour di Torino, ovviamente sold out.
"Non ho cambiato formula: io e la mia chitarra, da soli, senza band. Per non essere sperduto sul palco, con Mark Cunniffe, visual designer di U2 e Madonna, ho studiato uno schermo gigantesco che mi passa sopra la testa e va quasi a fare da secondo tetto al palazzetto. Sembra un'astronave. Anche se non vi piace la mia musica direte "wow!". Per suonare con una band ci sarà tempo. Piuttosto, presto farò una serata, ma una sola, con un'orchestra sinfonica. Poi conto di tornare in Italia nel 2018, penso a uno stadio, Milano o Roma. Nel frattempo usciranno mie canzoni scritte per altri, come James Blunt e Jess Glynne. E a giugno una per un grande del passato che tornerà sulle scene. Sarà una sorpresa per tutti".

I suoi biglietti a Torino sono andati vaporizzati, aprendo una delle tante polemiche sul secondary ticketing, il bagarinaggio online. Che ne pensa?
"È un sistema marcio, malato, alcuni siti sono arrivati a chiedere 300 sterline per un mio concerto benefico. Nei giorni prossimi il mio manager andrà alla Camera dei Comuni, il Parlamento inglese, dove si sta scrivendo una legge. Quando un Paese avrà approvato una legge, tutti gli altri seguiranno".