MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Da Mina a Tiziano Ferro passando per Noemi quel colore simbolo di vita



Pure Mina si cimentò nel puro pop di «Rosso», divertente cover di un pezzo di Boncompagni/Magalli (che coppia) «Rosso, un amore che non posso/ ho comprato un gatto bianco/ mi domando se ti manco...»


Situazioni di allarmi, anche sentimentali. Il rosso nelle canzoni, più che una sfumatura dell’estasi, si rivela ad un esame più attento una sorta di semaforo. Ti ordina lo stop e tu subito fai una bella frenatina nel tuo cuore, e ti rimetti a ragionare. Spesso il concetto cantato di rosso è mendace, mica come quando un bell’abito ti accende l’attenzione, e quello è. Un esempio eclatante: il primo titolo che a tutti viene in mente, scommetto, a noi vicino nel tempo e ancora molto cantato, è Rosso relativo, il brano che ha lanciato definitivamente Tiziano Ferro. «La voglia scalpitava, strillava, tuonava, cantava/ a notte fonda nel petto di Paola... il tuo è un rosso relativo/ senza macchia d’amore ma adesso/canterà dentro di te/ Per la gran solitudine».

Ebbene, niente di romantico, ha rivelato Tizianuccio proprio a «La Stampa»: «Molti pensano che Rosso relativo sia una canzone dove celebro il sesso, mentre il testo racconta della mia fame notturna: «Forza armati per questa sera che domani torni in te” è un grido di speranza per qualunque bulimico». E’ noto che Ferro pesava nella sua prima vita 111 chili (da cui titolo di album) e ne è uscito con lodevole tigna; nel brano ha riversato spezzoni della sua guerra vittoriosa, utile anche a chi volesse rientrare in uno di questi stupendi vestiti rossi.

Mendacemente, dunque, il rosso è il colore dell’amore cantato nelle canzoni, se non fosse per Taylor Swift che al Red intitolò un album alcuni anni fa. La canzone omonima parlava di uno che le faceva girare moltissimo le scatole («amarlo è come guidare una Maserati nuova lungo una strada senza uscita») e prorompeva: «Ma amarlo era rosso». Poi, però diventava subito tutto grigio, quello se ne andava e amen. Peggio ancora, scaramanticamente, si canta in una canzone di Niccolò Fabi, che scrisse una Rosso dove sognava di guardare il proprio funerale: «E capire poi che hai sbagliato tutto/ che non manchi a nessuno/ Lei non è vestita a lutto... Rosso, è un vestito rosso/ oggi quello che indossi/ per il mio funerale/ bella senza più pensieri».

Pure Mina si cimentò nel puro pop di Rosso, divertente cover di un pezzo di Boncompagni/Magalli (che coppia) già appannaggio di Raffaella Carrà, che Boncompagni ritirò fuori dai forzieri per Non è la Rai, suo spettacolo tv di grande successo. Era il 1993 e lì l’avrebbe riascoltata Mina, che se ne incapricciò e l’anno successivo la mise nell’album Canarino Mannaro: «Rosso, un amore che non posso/ ho comprato un gatto bianco/ mi domando se ti manco...». Vabbé, surreale al cento per cento.

Una vera e propria «teoria della rossa» l’ha elaborata Noemi (nell’album RossoNoemi ça va sans dire): «Le rosse sono donne volitive. La Rossa per antonomasia è Fiorella Mannoia: molti autori mi hanno dato fiducia perché lei l’ha data a me, mi ha fatta ascoltare dal suo pubblico. E poi le rosse hanno un piglio maschile sulla vita. Io non sento la competizione, faccio pochi paragoni, guardo il mio. Il rosso, più che un prototipo femminile è uno stile di vita: decidere per sé, tenere la barra dritta». Il pensiero corre all’epica Bandiera rossa, testo scritto da Carlo Truzzi nel 1908 ma risalente al secolo precedente: lì c’era vita ed entusiasmo per un’idea, su una musica senza dubbio marziale. E’ finita che la bandiera rossa non ha dato né riscossa né libertà (tanto che quasi un secolo dopo Franco Battiato ha alzato Bandiera bianca).

Marinella Venegoni