MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Addio a Leonard Cohen, gigante della canzone d’autore


Se non ci fosse stato lui, difficilmente il nostro De André sarebbe diventato tanto grande. E forse anche Nick Cave avrebbe fatto il maestro elementare in qualche remota città australiana invece di raccontarci in musica il lato oscuro della vita. Sì, se non ci fosse stato Leonard Cohen a forgiare storie delicate e al contempo dure, dicotomie esistenziali su tessuti sonori, la nostra vita sarebbe stata più povera.

Presagiva la fine
Lo sarà di sicuro, ora che il cantautore canadese, secondo probabilmente solo all’amico Dylan nell’abilità di scriver canzoni, se ne è andato. A 82 anni, quasi all’improvviso, se solo un mese fa presentava il suo ultimo disco «You want it darker», il quattordicesimo di una carriera lunga ormai cinque decenni e tre o quattro Americhe. Presagiva la fine nell’ultima intervista al Corriere («sono pronto»), ma in realtà sembrava voler esorcizzare la morte: «a volte ci si lascia andare a un eccesso di drammatico- aveva detto- Ho intenzione di vivere per sempre».


Amato dal cinema
Un disco denso di riferimenti religiosi, quest’ultimo, per lui nato in una famiglia ebraica, ma mai veramente praticante, anche se aveva ammirato il buddismo, e perfino, brevemente, flirtato con Scientology. Già, la ricerca dell’io, più che i grandi affreschi politici e sociali, avevano sempre affascinato Cohen. Nei dischi, a partire dai primi capolavori, l’immortale «Suzanne», «Hallelujah», le pietre miliari «Songs of Leonard Cohen» o «Songs of Love and Hate» fino all’ultimo album , ma anche nei romanzi e nelle poesie, davvero autore universale e poliedrico, fine intellettuale prestato alle arene, amato anche dal cinema, vedi Altman o Moretti. Un «poeta minore» amava definirsi, un gigante della parola cantata lo ricorderemo noi.