MUSICA




​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​



​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
​​​​​​​

​​​



MUSICA
Start a New Topic 
Author
Comment
Norah Jones, ritorno alle origini


Norah Jones ha una sola pretesa. Nuotare. Nel Kent (in Gran Bretagna) per un seguito programma televisivo, ha optato per un albergo con piscina al bordo dell’autostrada piuttosto che un hotel lussuoso. Non è scocciata di condividerlo con uomini d’affari in trasferta e simpatiche signore a lezione di acquagym. Sorride agli ospiti che la guardano incuriositi senza riuscire completamente a ricordare chi sia. Priva di trucco o entourage, ha una luminosità che non passa inosservata, ma non la notorietà in grado di bloccare il passante su due piedi. È una realtà che ha scelto e coltivato. Dall’alto dei suoi 45 milioni di dischi e nove Grammy, è la prova che successo e privacy non si escludono a vicenda. Su Internet si parla molto dei suoi dischi e poco del resto. Ha un compagno e due figli piccoli. È cresciuta nel Texas con la madre, alla quale rimane molto legata. Quattro anni fa ha perso il padre, il leggendario suonatore di sitar Ravi Shankar — amico e mentore dei Beatles — al quale si era riavvicinata solo da grande. «Daybreak» è il suo sesto album da solista. È ai vertici di iTunes in 38 Paesi. Norah si toglie le scarpe, si accomoda in poltrona e sfodera un sorriso che è simultaneamente un saluto e un monito a non spingersi verso domande troppo personali.
Cosa la ispira?
«Mi basta un momento. Per me l’importante è non forzare la musica».
Vuol dire che si siede al pianoforte e via?
«In pratica sì. Non parto con un’idea precisa, ma con una sensazione. La sensazione diventa un accordo, poi una frase. È la canzone a decidere in che direzione andare».
Si impone una routine particolare?
«Assolutamente no. Ho messo un pianoforte in cucina. Volevo portare la musica al centro della nostra famiglia. I bambini ci giocano, ma è soprattutto la sera, quando sono a letto, che suono: dopo cena, con un bicchiere di vino... Al secondo piano, a casa mia, c’è un piccolo studio. Lì lavoro seriamente».
Quest’album segna un ritorno al suono del suo debutto: lei, la sua voce, il pianoforte. È per scelta?
«In realtà la scintilla è stata un concerto per i 75 anni della mia casa discografica. È stata una serata magnifica e mi sono chiesta come fare a ricreare la stessa atmosfera e lavorare ancora con gli stessi musicisti».
La sua creatività è processo istintivo. La canzone va dove vuole. Questo la spaventa a volte?
«No. Per me è l’unico modo di scrivere. Sono fortunata. Non ho scadenze o una tabella di marcia decisa da altri. Vado in studio, cerco di permettere alla magia di emergere».
Ha scritto canzoni sulle armi da fuoco, sulle elezioni e su diversi temi di attualità. Catarsi?
«Con una canzone non si cambia il mondo, ma stai sicuramente meglio quando la suoni a un pubblico che sta come te e che si sente chiamato in causa. Ci sono delle canzoni che oggi sono attuali come quando le ho scritte. Tipo “My Dear Country”. Con tutto quello che sta succedendo ha quasi più effetto sul pubblico oggi di quando l’ho scritta, nel 2007».
Sta seguendo le elezioni?
«È un circo, è come un terribile reality show».
C’è stato un momento in cui lei era sulla bocca e negli stereo di tutti. Ha capito subito come gestire la sua vita privata?
«Quando hai fame vuoi solo il successo. Faresti di tutto. Per me è andata al contrario. Il successo è arrivato subito, ho cominciato a lavorare moltissimo, non riuscivo a respirare o pensare. Ho capito che bisognava mettere dei limiti, tutelarsi, darsi tempo. Adesso so come funziona».
Il successo le ha dato una certa libertà artistica: non ha nulla da dimostrare.
«Il mio primo disco non è ripetibile: lo so, l’ho capito, me ne sono fatta una ragione. Sento ancora molto affetto da parte del pubblico».
È giusto dire che ha la musica nel sangue?
«Anche se non sono cresciuta con la musica di mio papà credo che ci sia qualcosa nella nostra indole che ci rende più portati per alcune cose. Io sono portata per la musica».