MUSICA




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Mogol rompe il silenzio: "Vi spiego perché fra me e Battisti finì così male"


E se davvero tu vuoi vivere una vita luminosa e più fragrante, dovresti evitare di finire in guerra contro il partner che è stato fondamentale per la tua vita di artista e autore di testi. La citazione de La collina dei ciliegi, uno dei brani più amati e anche più "sperimentali" del duo Battisti-Mogol, ci sta tutta, a sottolineare quanto poi la luce nella coppia di ferro che ha cambiato la storia della musica italiana si fosse fatta fosca, fra brusche rotture, incomprensioni e risentimento. Che hanno portato l'autore di liriche a proseguire per la sua strada, e Battisti ad inaugurare il discusso sodalizio con Pasquale Panella nella parte conclusiva della sua carriera. Di quello strappo, le cui ragioni erano rimaste segrete, Giulio Rapetti in arte Mogol parla finalmente nel suo libro Mogol. Il mio mestiere è vivere la vita, uscito per Rizzoli.

Tutta questione di "diritti"

A far esplodere la coppia Battisti-Mogol fu la ridefinizione di accordi contrattuali sulle percentuali dei diritti d'autore da spartirsi. Secondo Mogol: "Allora c'era questa formula per cui il musicista prendeva l'8% e il paroliere il 4%, la Siae voleva così. Battisti quando ha iniziato era un dilettante, eppure io non ho mai voluto fargli firmare nessun documento sotterraneo. Sempre il 4% a me l'8% a lui. Quando abbiamo venduto i diritti dei brani alla Numero Uno ho detto che avrei scritto alla pari: 6% a lui e 6% a me, altrimenti non avrei più scritto. Da allora Lucio ha cominciato lavorare con altri". Una rottura dovuta a questioni di soldi, dunque, niente di nuovo. Ma Mogol non la descrive così: "Non sono attaccato al denaro, neanche so quanto ho in banca, devo sempre chiedere a mia moglie, è una questione di principio. Ai principi sono attaccato fino alla morte". Ma pecunia non olet, come si sa, tanto che nel mentre Rapetti-Mogol ha vinto una causa contro Grazia Letizia Veronese, vedova di Battisti che impediva lo sfruttamento commerciale dell'opera di Lucio, e che per questo è stata condannata in primo grado a risarcire il grande paroliere con 2,6 milioni di euro.

Un bambino impaurito che ha cambiato la storia della canzone

Testi, ricordi, immagini, la storia di una carriera mitica, c'è tutto in Mogol. Il mio mestiere è vivere la vita. Un libro evento, basti pensare che all'incontro con l'autore alla recente edizione di Pordenonelegge, di fronte ad oltre 120 mila persone. Nel rievocare la sua infanzia e gli inizi del lavoro come autore di testi, Giulio Rapetti si descrive come un bambino ossessionato dall'idea di dover sopravvivere quando i genitori sarebbero morti, diventato poi un ragazzo senza grandi ambizioni né sogni, che si teneva a galla con il duro lavoro. Di Lucio Battisti, nonostante la dolorosa fine del loro rapporto artistico, Mogol ha ricordi affettuosi: "Grandissimo musicista, compositore e interprete. Il produttore dei Beatles gli offrì un contratto mondiale che lui non volle firmare". Poi l'incontro con Mina, con Lucio, i successi inanellati ad un ritmo impressionante. La fondazione della sua scuola per autori e talenti musicali, "della quale nessuno mi chiede: chi sono quelli che meritano, i giovani di valore?". Cosa è cambiato? Mogol lo dice con un pizzico di amarezza: "I giovani d'oggi non sono peggio di quelli di ieri, hanno qualità, ma è il mondo ad essere cambiato, nessuno dice una parola sul crollo della cultura popolare". Ma forse c'è un'altra spiegazione, esemplare: Arisa qualche anno fa era una sconosciuta giovane cantante proveniente dal Cet di Mogol. Diventata poi giudicessa ad X Factor, dove la valorizzazione dei talenti dura il brevissimo spazio di una stagione tv. Poi avanti altri, nel tritacarne.