MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Giulio Rapetti, in arte Mogol, ha vinto la causa in primo grado contro Grazia Veronese



Embè? E chi è? Mogol lo si conosce. Ma questa chi è? Una venuta fuori da un talent?
No. Lei è la “Donna per amico” sposa, ora vedova di Lucio Battisti.
Ma unendo questi nomi, Mogol e Battisti, cosa viene fuori?

Dubito che ci sia qualcuno sopra i 30 anni che non sappia rispondere. Non mi stupirei dei più giovani. Anche se le loro canzoni, legate ad un periodo di creatività magnifica, fanno parte della nostra cultura popolare. Come Elvis per l’America.

Lascio ad altre penne, sicuramente più titolate di me (sono un pulcino), analisi approfondite. Io mi limito, nel mio piccolo, a osservare e condividere.

Il periodo d’oro della loro collaborazione ha portato gioielli alla corona della nostra Musica. Rivoluzionari nella forma, nel contenuto, nello stile, hanno gettato nuove basi musicali e lessicali, che ancora oggi sono un riferimento. Big nazionali e non (persino David Bowie, secondo quanto riporta G.Salvatore)

Lucio scriveva già, ma l’incontro con Mogol fu il loro Big Bang. Ora sembra di parlare di preistoria, eppure era solo 50 anni fa. La musica si sentiva alla radio (mono) e nei mangiadischi. I dischi si facevano con i Musicisti. Si facevano molti 45 giri. La versione antica degli mp3 che oggi riempiono gli smartphones.

Erano tempi di entusiasmi ed utopie. Humus per la creatività. E loro ne appro*****rono alla grande. I loro successi ancora oggi fanno catalogo. Si suonano ancora nei club, non c’è karaoke che non abbia in una serata almeno una versione corale della “Canzone del sole”.

Poi d’improvviso, tutto finì. Era il 1980. Questioni economiche, mancati accordi sulle ripartizioni e altre quisquilie. Forse erano arrivati alla saturazione, di incontrarsi e trovarsi a dire “Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?”

Succede…

L’ultimo album della loro proficua collaborazione fu “Una giornata uggiosa”. Titolo profetico. Ahimè! Poi ognuno per la sua strada. Come Lennon e McCartney, “Let it be”… La fine di una “esperienza di due persone che stanno diventando completamente diverse”.

A sostituire Mogol arrivò una “Sposa occidentale”, Grazia appunto, a fianco di Lucio fino alla fine. Riservata e schiva come lui, insofferente come lui alla mediaticità, in tutte le sue forme, tale da non concedere mai interviste nemmeno alla memoria. Forse perché, citando le parole del marito “Un artista non può camminare dietro il suo pubblico, un artista deve camminare davanti.

Ma comunque, in quanto vedova e socia di maggioranza della società AcquaAzzurra srl, che gestisce i diritti editoriali delle opere scritte da Battisti e Mogol, ha l’ultima parola in merito allo sfruttamento commerciale.

E qui arriviamo alla notizia: poiché la signora Veronese ha concesso col contagocce l’utilizzo di tali opere (sporadiche cover fatte da altri artisti nel corso degli anni, tra cui Giorgia, Mia Martini). Mogol, probabilmente, dopo estenuanti tentativi di mediazione, ha ritenuto di essere leso nei suoi diritti di lavoratore, non potendo utilizzare e sfruttare economicamente il suo operato.

Chiariamo un punto: oggi come vive una canzone?

Non solo di acquisti (sempre più rari), né di streaming (diffuso sì, ma con ritorni infinitesimali in termini economici). Nella preistoria dei tempi che furono, il successo si basava sulle vendite fisiche, matita e carta e numeri da segnare. Ora si calcola su clic, likes e hashtag. Che in realtà non li tocchi con mano. E per come sono, non arrivano direttamente sul conto corrente. Hanno bisogno di ulteriori filtri e passaggi. Estremamente drenanti.

Una canzone oggi trova altre vie, e in futuro altre ne troverà. Perché la domanda e l’offerta troveranno sempre un punto di incontro, visto il bisogno che le genera.

Una di queste vie è la sincronizzazione, cioè associare un brano famoso ad una colonna sonora, un marchio, una pubblicità, Come George Clooney che associa il suo sorriso al caffè. Ora si chiama marketing, una volta banalmente pubblicità.

L’utilizzo tutelato e legale delle canzoni, anche in altre forme e contesti rispetto al CD, genera quindi un lecitissimo guadagno. È un rispetto del Lavoro. Limitarne indiscriminatamente e arbitrariamente l’uso può essere lesivo di un diritto costituzionale. E credo che la sentenza segua questo principio.

Altro punto.

La canzone è Cultura. Lo sapevate? Quindi impedirne nuove forme di diffusione, fosse anche un concerto tributo televisivo o mediatico o la realizzazione di materiale audio video, significa oscurantismo.

La signora ha sempre vietato la diffusione delle opere su qualsiasi piattaforma digitale. Scordatevi di trovarle su iTunes o Spotify. Le vecchie versioni inserite in compilations, credo siano più frutto di accordi preesistenti, che volontà di promozione. E i filmati di Youtube, sono tutti di straforo, se non altro perché i diritti sono della Rai. Ma oggi qual è il canale principale di diffusione? Internet, quindi piattaforma digitale. Se non ci sei, non esisti, amaro ma purtroppo vero.

Mi è capitato più volte di sentirmi dire da giovani e giovanissimi allievi “Battisti, chi?” ops…

Dunque cosa chiede Mogol (oltre al risarcimento economico personale)?

Che il canto di Lucio e Giulio torni ad essere libero, tutelato e non selvaggio. Che la sua musica possa arrivare anche a chi non lo ha conosciuto o vissuto, che possa continuare a vivere anche in altre forme, perché la vita si evolve, la tecnologia corre. Ma i bisogni restano. Come il bisogno di sentire buona musica, di scivolare “su distese ardite e le risalite”.

Non sono nostalgico, affatto. Ma amo le radici, perché permettono all’albero di crescere forte.

E se tutelare la memoria del marito defunto, imbalsamandone le opere in una teca, fosse solo un vezzo snob e non solo modo per impedirne lo scempio? Siamo sicuri che siano davvero questi i “nobili ideali” che animano battaglia in tribunale?

Davvero, “come può uno scoglio, arginare il mare”?