MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Nabucco, risuona la voce degli oppressi


A capo chino e smarrito in un campo di prigionia, un popolo canta per la libertà da dietro le sbarre per spezzare le sue catene, divenendo il simbolo di tutti gli oppressi, in ogni epoca e in ogni nazione: ieri sera alle Terme di Caracalla è volata in alto l'emozione del pubblico all'ascolto del Va' pensiero, uno dei momenti più solenni e attesi del Nabucco nel nuovo allestimento firmato dal giovane regista Federico Grazzini, che ha inaugurato la stagione lirica estiva dell'Opera di Roma e sarà in replica fino al 9 agosto.
Quattro atti, in circa 3 ore di spettacolo, in cui l'opera "risorgimentale" di Giuseppe Verdi (la terza realizzata dal compositore di Busseto) è riuscita a creare grazie a un linguaggio al tempo stesso realistico e simbolico un canale di comunicazione diretto con la platea gremita, che annoverava tra i presenti anche il vicesindaco Daniele Frongia e l'assessore alla crescita culturale Luca Bergamo, appena insediati nella giunta comunale di Virginia Raggi, oltre al ministro Pier Carlo Padoan e al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. A giudicare dagli applausi che hanno accompagnato l'esibizione dell'orchestra diretta dal Maestro John Fiore e quella canora dei fuoriclasse Luca Salsi (Nabucco), Csilla Boross (Abigaille) e Vitalij Kowaljow (Zaccaria), la Fondazione capitolina ha fatto bene a correre il rischio di affidare a Grazzini, per la prima volta alle prese con il capolavoro verdiano, la rilettura di un titolo così amato. Una visione la sua che è apparsa chiara fin dai primi minuti dello spettacolo: rifuggire una banale attualizzazione e sfruttare la presenza scenica prepotente delle rovine romane, per raccontare non solo la storia di due contrapposizioni umane e divine (tra Ebrei e Babilonesi, e tra Jehovah e Belo) ma una vicenda universale, quella che vede tutti gli oppressi contro tutti gli oppressori, l'umanità contro la disumanità, l'amore contro la vendetta.
Vestite da proiezioni di fiamme alte, sbarre e ombre di soldati armati, le Terme di Caracalla sono state immaginate dal regista come un elemento senza luogo né tempo, come emblema di macerie e devastazione, ma anche come possibilità di rinascita verso il futuro, accrescendo la potenza drammatica dell'opera diventando esse stesse un personaggio, accanto a tutti gli altri. Sebbene lo scenario di guerra fosse atroce e doloroso, la luce della speranza è riuscita a entrare sul palcoscenico grazie alla figura di Nabucco, mostrata nelle evoluzioni della coscienza e nelle sue lacerazioni, e a quella di sua figlia Abigaille, che come il fulmine divino colpisce il padre dando inizio alla sua trasformazione verso una nuova consapevolezza. I toni del dolore vengono esplorati in modo vivido, ma l'opera lascia spazio all'amore, alla comprensione, al rispetto, a un'idea di libertà da raggiungere in ogni modo, costi quel che costi. Un risultato convincente, che ha veicolato nel modo migliore un'opera di repertorio ancora attuale: complici anche i video di Luca Scarzella, le scene di Andrea Belli e i costumi di Valeria Donata Bettella, che in un mix di visioni oniriche e realistiche hanno creato un ponte tra il passato e l'immaginario contemporaneo