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Cosa aspettarsi dai concerti di Bruce Springsteen in Italia


Sì, lo sappiamo. Chiedersi “Cosa aspettarsi dai concerti di Bruce Springsteen” è come interrogarsi sul sesso degli angeli. Si sa esattamente di cosa si sta parlando, ma la risposta non c’è.
Il tour che arriva in Italia domenica 3 luglio è contemporaneamente imprevedibile e molto prevedibile. La partenza a gennaio in America aveva fatto arrabbiare alcuni fan per la decisione di suonare per intero “The river” - l’album appena ristampato nel box “The ties that band”: 20 canzoni fisse a sera toglievano la sorpresa, l’imprevedibilità, si sosteneva.

Noi europei non abbiamo fatto in tempo ad abituarci all’idea del “The river tour” che il concerto - pur mantenendo questo titolo - ha cambiato struttura. L’annuncio del boss alle ultime date oltreoceano: addio all’album “front to back”. Altri fan si sono arrabbiati - e parecchio. Qualche giorno fa un amico mega-fan mi diceva che non ha gran voglia di vederlo, a questo giro, essendoci rimasto male per questo cambiamento. “E’ sostanzialmente come il tour del 2013”. Non è proprio così, anzi.

Partiamo da un punto. Anzi, tre. Uno: i fan di Springsteen sono abituati benissimo. Due: i fan non sono mai contenti, se no, non sarebbero fan. E soprattutto, tre: qualunque cosa faccia, è un concerto del più gran performer rock vivente. Dai, diciamo “uno dei più grandi”, sennò i fan degli altri si arrabbiano. Un quarto (bonus): se non avete mai visto Springsteen a San Siro, un po’ vi invidio. La prima volta è una rivelazione, una di quelle esperienze che ti cambiano la vita (almeno musicalmente). Il luogo perfetto per capire la frase: “Il mondo degli ascoltatori di musica si divide tra chi ama Bruce Springsteen e chi non l’ha mai visto dal vivo”.

Per le informazioni logistiche, c’è un sito dedicato, BruceSpringsteenItalia, e pure un'app per smartphone. Per il resto, ecco qualche ragionamento e informazione sparsa su cosa si potrà vedere sul palco.

La band. A differenza del tour europeo del 2013 Springsteen suona con la E Street Band nella versione standard, senza aggiunte (e con l'incognita di Patti Scialfa, che ogni tanto non c'è - i maligni dicono che la differenza non si sente). Non c’è la sezione fiati, per esempio, c'è solo Jake Clemons al sax, con Charlie Giordano alle tastiere, a sostituire i compianti Danny Federici e lo zio Clarence . Aspettatevi un suono più rock e dritto, e più legato davvero al periodo di “The river” - ma se avete sentito qualche bootleg ufficiale, già lo sapete.

La scaletta. Springsteen è noto per le scelte dell’ultimo secondo, per le canzoni chiamate sul palco fuori dalla scaletta. Ma, come tutti gli ultimi tour del Boss, anche questo ha qualche punto fisso, comunque. Una prima parte in cui abbondano i pezzi da “The river” - tra i 7 e i 10, di solito, inframezzati da altre canzoni e mai in sequenza - anche se l'altra sera a Oslo ne ha fatte 13, di cui le prime 9 del disco in ordine. Una seconda parte con pezzi meno noti o qualche riscoperta. E la chiusura/bis con i classiconi e i pezzi per tirare giù lo stadio: “Born to run”, “Dancing in the dark”, la cover di “Shout”. Grande spazio a “Born in the U.S.A” - in alcune date persino più che a “The river” (con le inevitabili lamentele dei soliti fan…)
Spesso Bruce apre con un brano da solo al piano (recentemente a Goteborg, addirittura “The promise”) e spesso chiude, come già faceva nel 2013, con una canzone acustica, sempre in solitudine - “Thunder road”, o qualche volta “This hard land”, a Oslo "For you". Per la prima volta, in questo tour è stata usata come chiusura “Bobby Jean”, anche se ultimamente non la si è più vista in quella posizione.
Bruce continua a prendere (ma non sempre) cartelli dal pubblico con le richieste, ma spesso, per riscoprire canzoni come “Tunnel of love” o “Seeds” (che non suonava da tempo o ha suonato pochissimo) non ha bisogno neanche di quello.
Ma, ripetiamo, prendete tutto con beneficio d’inventario: è Bruce Springsteen. E se vi interessa, qua c’è un blog con la “setlist watch” che analizza per filo e per segno tutte le scelte del Boss.

La “doppia” a Milano. Questa è una prima volta assoluta per lo stadio. Due date in sequenza: 3 e 5 luglio. E’ la seconda “doppia” finora di questo tour europeo, dopo Dublino e Göteborg (che avrà un tris il 23 luglio) e ne seguirà un altra a Parigi l’11 e 12 luglio.
Per dire: a Göteborg ha suonato 72 canzoni in due date, di cui 58 uniche e non ripetute. Il primo show è durato quasi 4 ore, 38 canzoni, il secondo poco più di 3 ore, "solo" 34. Se avete i biglietti per entrambi le sere, sapete che avranno poco in comune, come scaletta. Per i fan puri e duri, la seconda rischia di essere davvero interessante, con qualche coniglio che salta fuori dal cilindro del Boss. Ma anche la prima ci sarà da divertirsi.

Il Circo Massimo a Roma. E’ la prima volta in questo luogo storico del rock (e non solo, ovviamente). Preparerà qualcosa di speciale come l’ultima volta a Roma? Ricordate “New york city serenade” con orchestra, alle Capannelle del 2013?. Siamo certi che il luogo gli ispirerà qualcosa, anche se difficile ora dire cosa. E poi ci sono i Counting Crows, che aprono il concerto - una rarità perché gli show di Springsteen, festival a parte, non hanno mai gruppi spalla. La band ha un grosso debito con Springsteen in termini lirici e musicali, e ha eseguito cover del Boss in scaletta (spesso cantando per intero “Thunder road” all’interno di “Rain king”). Logico pensare ad un duetto con Adam Duritz - magari (e sarebbe una bellissima soddisfazione), coinvolgendo pure il nostro Fabio Treves, che si esibirà prima dei CC.

(Gianni Sibilla)