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Aznavour: “Il segreto di anni di carriera? L’onestà verso il pubblico”


Incontrare Charles Aznavour non è una cosa che capita tutti i giorni. L’occasione è la presentazione del nuovo tour mondiale che farà tappa il prossimo 14 settembre all’Arena di Verona per l’unica data italiana. Avere a che fare con un uomo di novantadue anni che sta su un palcoscenico da quando ne ha nove fa un certo effetto, specie se si pensa a quanto mestiere e conoscenza si hanno di fronte. Dal canto suo Aznavour non perde un colpo e si dimostra lucido e ironico. Nato a Parigi nel 1925, figlio di immigrati armeni, è da sempre un grande professionista con una cultura profonda, frutto di una curiosità innata che negli anni gli ha permesso di girare il Mondo, imparare diverse lingue, allacciare ottimi rapporti con i colleghi - non solo quelli francesi - e collezionare enormi successi e diverse importanti collaborazioni come quella con Liza Minelli, Celine Dion e Mia Martini. Scoperto artisticamente nel 1946 da Édith Piaf, in Italia ha lavorato al fianco del paroliere e autore recentemente scomparso Giorgio Calabrese (in seguito anche con Sergio Bardotti e altri) con cui ha tradotto in italiano alcuni dei suoi più grandi successi come “L’istrione” e “Ti lasci andare”.

“Non sono settant’anni di carriera, sono di più. Ho cominciato nel ’33 come ballerino e artista”, racconta il Maestro alla stampa, “Facevo danza classica, cosa che mi ha permesso di avere grande padronanza del mio corpo e della mia gestualità sul palcoscenico. Trovo interessante saper misurare lo spazio sul palco, muoversi in maniera armoniosa… Ogni mio gesto è legato alla musicalità, ma sono movimenti così impercettibili che il pubblico nemmeno se ne accorge ed è bello così, fa parte dello spettacolo". "Non cambio la scaletta di un tour in base alle città in cui suono, non lo faccio mai. Quando mi propongono le canzoni da cantare in concerto o accetto o rifiuto, non scelgo. Però mi piace cambiare la lingua, in Italia canto in italiano, in Francia in francese e così via. Alcune canzoni invece mi piace eseguirle sempre nella stessa lingua, trovo divertente essere in Germania e cantare una canzone in russo”. “Sul palco saremo in tredici me compreso e ci sarà anche mia figlia”, ha aggiunto Aznavour, “Non ci saranno ospiti e non faremo duetti perché ho collezionato così tante collaborazioni che non ci sarebbe abbastanza spazio. Avrò un gobbo che mi aiuterà con i testi perché non mi posso ricordare proprio tutto. A dire il vero mi fa sentire più sicuro, così canto più tranquillo e non sudo. Quando canto poi non bevo nemmeno, rimango a secco per due ore, né acqua né vino… Salgo asciutto e scendo asciutto”.

Ironico e smaliziato, Aznavour ricorda i suoi esordi: “Le prime esibizioni per un artista sono sempre piene di paura perché si prende l’abitudine di avere il terrore del palco. Pensi che sei davanti a un pubblico che non ti conosce, ma quando capisci che la gente è lì per ascoltare te e solo te, la paura ti passa. Ormai ho un bellissimo rapporto con il mio pubblico anche se non amo molto firmare autografi, preferisco il confronto umano. Con la mia gente cerco di essere il più onesto possibile, se ho mal di denti lo dico, se ho giù la voce anche. Ho scritto una canzone sulla prostata, ‘Je bois’, - che tradotto in italiano sarebbe ‘Io bevo’ - perché è un argomento della vita di tutti i giorni, così come ho scritto una canzone sui parassiti che ho incontrato nella mia vita, si intitola ‘Vecchio mio, Giuda mio’. La canterò anche a Verona, sarà una frecciatina per le persone che hanno rubato dal mio repertorio in tutti questi anni di carriera”.

Il concerto durerà circa due ore: “Il repertorio sarà molto vario ma mi piace che alcune canzoni mantengano la loro identità. Ci sono brani anche del nuovo disco ma faccio sempre molta fatica a toglierne uno vecchio dalla scaletta per inserirne uno più recente. ‘L’Istrione’ la canto in italiano ovunque nel Mondo, mi piace molto, mi riporta alla mente il periodo in cui c’era uno straordinario scambio artistico tra cantanti italiani e francesi”. E le nuove generazioni? “Adesso pensano tutti all’inglese, cantano e scrivono in una lingua che non è la loro. Pensano forse che sia più facile fare successo negli Stati Uniti, ma nessuno sfonda davvero negli USA. D’altronde come potrebbe succedere, perché gli americani dovrebbero interessarsi di un artista che canta in una lingua che non è la sua e che imita gli originali? Con questo non voglio dire che ce l’ho coi giovani, anzi. Li seguo moltissimo e mi appassionano. Guardo molta televisione anche per rimanere in contatto il più possibile con le nuove generazioni. C’è una giovane artista francese che seguo con molto affetto che si chiama Zaz. Ho fatto un duetto con lei qualche tempo fa e a breve ne uscirà un altro. Ha una grandissima personalità, è in giro in tutto il Mondo e le auguro tutto il bene”.
Il tour, che ha preso il via a metà giugno dal Giappone e che proseguirà in Spagna, è organizzato da Show Bees, Eventi e Intersuoni BMU.

(Daniela Calvi)