MUSICA




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Lettera aperta a Grazia Letizia Veronese, vedova di Lucio Battisti

Lettera aperta a Grazia Letizia Veronese, vedova di Lucio Battisti
di GINO CASTALDO


"Possiamo solo lontanamente immaginare l'entità privata e personale di questa perdita e proprio per questo mi permetto di rivolgermi direttamente a Lei su una questione che sta particolarmente a cuore a tutti quelli che, come me, hanno amato le canzoni scritte da Lucio"


Cara Grazia Letizia Veronese,

mi permetta, a quasi diciotto anni da quel terribile giorno, di rinnovarle il sentimento di dolore e di perdita per la scomparsa di suo marito. Possiamo solo lontanamente immaginare l'entità privata e personale di questa perdita, d'altra parte sappiamo per certo quale e quanto grande è stato il vuoto lasciato da Lucio Battisti nel mondo della musica italiana. E proprio per questo mi permetto di rivolgermi direttamente a Lei, con tutto il dovuto rispetto, su una questione che sta particolarmente a cuore a tutti quelli che, come me, hanno amato le canzoni scritte da Lucio nel corso della sua straordinaria e irripetibile carriera. Da tempo ormai è noto nell'ambiente musicale, e non solo, il suo ostinato e reiterato rifiuto a concedere qualsiasi possibilità di celebrare, sviluppare, testimoniare, elaborare l'enorme eredità lasciata da suo marito. Legittimo, certo, ma non del tutto comprensibile. Non appena corre voce che qualcuno abbia intenzione di organizzare una manifestazione, un servizio giornalistico, un'intervista a terzi, un festival, una rilettura o quant'altro, lei o i suoi avvocati sono pronti a cercare di impedire in ogni modo possibile, quando è possibile, e per fortuna non sempre lo è, che si porti a termine l'impresa. Le canzoni di Battisti, fosse per Lei, dovrebbero scomparire, non essere cantate da altri, non raccontate, non esaltate come meritano. Vigilare è un conto, e ci rendiamo conto che non è semplicissimo, altro conto è impedire, per principio, di qualsiasi cosa si tratti.
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Ci sono state perdite molto dolorose negli ultimi anni, anche solo limitandosi alla storia della canzone d'autore: De André, Giorgio Gaber, Lucio Dalla, Pino Daniele. Grazie al lavoro attento e scrupoloso di chi è rimasto a vigilare su queste eredità (spesso in forma di Fondazioni) la storia di questi giganti della nostra cultura ha continuato a vivere, è a disposizione dei giovani perché possano confrontarsi con la storia, può diventare nutrimento per il nuovo che avanza, può servire da stimolo a chi oggi decida di mettersi a fare canzoni.

La "guerra" tra gli eredi di Lucio Battisti, ovvero la vedova Grazia Letizia Veronese e l'unico figlio Luca Filippo, e chi utilizza l'opera del cantante - in modo più o meno lecito - non si è mai placata dal giorno della sua morte. Dalle cause milionarie intentate contro le major della discografia per dischi non autorizzati allo spostamento della salma dell'artista, poi cremata, dall'eterna lotta con il paroliere Mogol fino ai video caricati dai fan su YouTube e costantemente rimossi: storia di un mito che non può sparire.





E questo è particolarmente significativo in un paese assai ingrato con la sua musica, considerando la scarsa, per non dire inesistente, attenzione delle istituzioni nei confronti della musica popolare. Per assurdo le Fondazioni dedicate a questi grandi autori sono e ancor più possono diventare un baluardo, un punto di riferimento, un'isola felice in un mare di disinteresse. Questo vale per gli altri, ma non per Lucio Battisti. Di cosa ha paura? Le risulta che in questi anni sia stato commesso qualche atto ingiurioso nei confronti di Fabrizio De André o Giorgio Gaber? Teme che possa essere organizzata una saga del carciofo intitolata a suo marito? Lei ha tutti gli strumenti per impedirlo, per vigilare, per curare come si deve la memoria di Lucio Battisti. Ma perché limitarsi solo a dire no? Perché rifiutare, negare, cercare di far scomparire in ogni modo il ricordo della bellezza che suo marito ha portato nelle nostre vite?