MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Sam Hunt, la storia di successo del quarterback con la chitarra



Lo vedi subito quali sono le passioni della vita di Sam Hunt. In testa calza un cappellino della NFL, un ricordo degli anni in cui giocava a football ed era sul punto di fare il grande salto verso il professionismo. Sotto la camicia a scacchi porta una t-shirt dei Led Zeppelin, perché l’altra sua passione è la musica. La storia del giocatore di football convertitosi a cantante country-pop ha fatto il giro del mondo e ancora più forte vanno le sue canzoni. I singoli “Leave the night on”, “Take your time” e “House party” l’hanno trasformato in una star a casa sua, mentre da noi è appena uscito l’album “Montevallo”, che negli Stati Uniti circola da un anno e mezzo ed è arrivato al primo posto della classifica country e al terzo di quella generale, con oltre 600.000 copie vendute. “Sono un artista country”, dice di sé, ma è difficile credergli ascoltando i ritmi programmati, le melodie ultrapop e gli arrangiamenti dell’album. Lui insiste: “Country significa parlare in modo sincero delle proprie esperienze, dire la verità, ed è quel che faccio io”.

La cultura pop americana sta diventando un gran miscuglio di segni di cui tutti si appropriano, superando di continuo linee stilistiche, razziali, di classe, e Hunt è l’incarnazione di questo fenomeno e della capacità dell’industria musicale di trasformare in una star un autore alle prime armi. Nato nel 1984 a Cedartown, Georgia, 10.000 abitanti a pochi chilometri dal confine con l’Alabama, Hunt comincia a suonare dopo i 18 anni strimpellando alla chitarra i pezzi di musicisti cult come Townes Van Zant, Steve Earle, John Prine, Guy Clark. Intanto fa carriera nel football nel ruolo di quarterback alla University of Alabama di Birmingham. “Non importa quant’ero stanco, trovavo sempre la forza di prendere la chitarra e suonarla per ore”. La musica è la valvola di sfogo dello sportivo sottoposto a grandi stress. Dopo un training camp andato male con i Kansas City Chiefs, Hunt si trasferisce a Nashville. “Non sapevo nulla del music business”, dice, “conoscevo una sola persona nell’ambiente”. Infila un piede nella porta del music business quando firma un contratto con un publisher per scrivere canzoni per altri, come Kenny Chesney e Billy Currington.

Risale a quel periodo “Cop car” che racconta l’inizio di una lunga relazione con una ragazza. “Eravamo amici. Prendevamo l’auto e andavamo a vedere gli aerei sfrecciare in aeroporto”. Ma lo facevano in una zona interdetta ai privati. La polizia è arrivata, li ha ammanettati e li fatti sedere sul sedile posteriore dell’auto di pattuglia. E lì – sarà stato l’effetto delle luci blu delle sirene, recita la canzone – lui s’è innamorato. Grazie al suo publisher il brano gira fra gli artisti di Nashville. “Io lo volevo tenere, era un pezzo chiave dell’album che stavo ideando. Ma c’è stata un po’ di confusione sul fatto che lo volessi tenere e ormai il publisher aveva il diritto di cederla anche contro la mia volontà”. E così la canzone viene incisa da Keith Urban che la suona ai Grammy del 2014. Un successone, però Hunt twitta subito il suo risentimento, dicendo di essersi sentito derubato. E per rimpossessarsi della canzone l’ha inclusa in “Montevallo”. “Se il mio album fosse un film, quel pezzo sarebbe la scena chiave”.

L’attività di songwriter per terzi apre le porte dell’industria musicale. Nel canzonificio di Nashville impara tutto quel che sa su come si scrive un pezzo di successo. Ancor prima di firmare un contratto discografico Hunt fa quello che fanno molti artisti hip-hop e R&B: incide un mixtape intitolato “Between the pines”, per poi pubblicare l’ep “X2C” (da leggersi “ecstasy”). Mentre si trova a Nashville, torna spesso a trovare la fidanzata a Montevallo, Alabama, che finisce per dare il titolo all’album dove l’influenza country è percepibile sono in certi manierismi e nell’uso di strumenti a corda. “Questo miscuglio stilistico mi viene naturale, è dovuto ai miei gusti eclettici. So che per tutti il country e l’R&B sono agli antipodi, ma credo nel mio modo di scrivere canzoni si senta l’influsso dei cantautori, di quelli che raccontano storie”. Hunt è stato ospite del tour di “1989” di Taylor Swift e con lei ha cantato “Take your time” a Chicago. “Ecco, lei è una figura di riferimento perché canta il country, il pop e tutto quello che c’è di mezzo”. Una metà abbondante delle canzoni di “Montevallo” sono classiche storie d’amore – tutte le combinazioni: lui incontra lei e resta folgorato; lui e lei sfrecciano di notte in auto; lei non vuole uscire e allora lui va a casa sua a fare baldoria; lui è fidanzato, ma vestitini estivi e tacchi a spillo lo tentano, e così via – e solo alcune raccontano piccole storie ambientate fra la Georgia e l’Alabama. “Vengo dalla provincia, scrivo storie nate lì, e questo fa di me un artista country”.

Hunt tiene a questa cosa delle radici. Ci ha scritto su una canzone intitolata “Raised on it”. Di sé dice: “Sono il riflesso del posto in cui sono cresciuto, il che implica tutte le immagini che ho incluso nella canzone. ‘Raised on it’ è la mia carta d’identità: casa per me è campeggiare e accendere un fuoco, stare tutti assieme, amici e famigliari, la vigilia di Natale. Io sono queste cose qui”. Ora sta cominciando a pensare al prossimo disco. Se il primo raccontava la vita sentimentale di un ragazzo di provincia, il secondo di cosa tratterà? “E chi lo sa. Sto ancora cercando di capirlo. Spero di riuscire a vivere esperienze da raccontare, al di fuori della mia carriera nella musica”. Troppo stressante la vita di cantante di successo? “Può essere stressante, ma è piacevole quanto il football. E non richiede la stessa intensa concentrazione”.

(Claudio Todesco)