MUSICA




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Iggy Pop, "Post Pop Depression" Un fantastico addio alle scene


"Post Pop Depression" è un album che accenderà entusiasmo e malinconia presso coloro che amano Iggy Pop.

Entusiasmo perché è un lavoro davvero piacevole, anzi fantastico, suonato da campioni, pieno di ironia, con un finale mirabolante che suona come un immenso "vaffa" al mondo in cui viviamo. La canzone s'intitola "Paraguay", è una rockballad canagliesca, un'invettiva che canta la voglia di mandare tutti a quel paese, appunto, per rifugiarsi in Paraguay in cerca di una vita più semplice, dove incontrare esseri umani (Iggy, veramente, vive a Key Biscayne, l'appendice di Miami che fu rifugio di Hemingway e ora di altri miliardari). Nelle liriche, sogna di vivere con un solido conto in banca (che lui ha), circondato da servi e guardie del corpo che lo adorano (che lui di certo avrà). Confessa il disgusto per un mondo che vive sulle paure di tutti, e la sua profonda noia per l'eccesso di informazioni. E invita contemporaneamente tutti i possessori di laptop ad ingoiarli, e augura a chi ingoi il proprio smarthphone ultra tecnologico, di espellerlo poi nel modo più naturale. Insomma, un testo da antologia contro il presente, e nei fatti un addio.


Cosa che susciterà appunto qualche malinconia, e che fa capire che questo potrebbe essere davvero l'ultimo album con l'ultimo tour per l'Iguana di noi tutti, che il 21 aprile compirà 69 anni e ne ha viste abbastanza. Sembra quasi che Iggy annusi con un anno di anticipo la scomparsa di Bowie, e la ritenga fin da allora non accettabile. Come un invito a lui, suo compagno di tante avventure artistiche, a farsi da parte.


Insieme con Iggy ha scritto l'album Josh Homme, dei Queens of the Stone Age nonché degli Eagles Of Death Metal, arrivati tristemente alla gloria perché suonavano al Bataclan la sera della tragedia di massa provocata dall'Isis. Dopo un ampio scambio, i due hanno lavorato insieme nei Rancho de la Luna Studios, di Homme, nel deserto della California. Con loro Matt Helders, batterista degli Artic Monkeys e Dean Fertita dei QOSA. Dicono che il titolo "Post pop depression" sia lo stato d'animo dei suoi compagni al termine della lavorazione.


Ci sono questi cori virili e virali, in "Paraguay", e la voce di Iggy ha un'energia fredda e implacabile che si pianta nel cervello, facendoti inquietare ma anche sorridere.
Non è da meno il resto dell'album, dove si ritrova l'Iggy di vari periodi. "Gardenia", che pare dedicata a sua moglie, odora dei suoi trascorsi berlinesi con Bowie. "Sunday", un pastiche originale, molto lunga, ha una vibrante linea di basso a cura di Fertita, gran chitarra di Josh e cori femminili appoggiati sotto l'interpretazione guascona dell'Iguana: si chiude con un'orchestra senz'altro di impronta felliniana, con gli ottoni che svettano. Formidabile. "German Days" cita Papa Benedetto, si augura che la Germania prolifichi ed è di Iggy e Josh alla voce. "Chocolate Drops" inizia che ti ricordi quasi "The Wall", e fra coretti femminili arriva una specie di campana da morto. Magica. Ma anche quei pochi titoli che non vi ho raccontato suscitano passione, rimpianti, dolcezze, sghignazzi, in un insieme di sentimenti che raramente (o mai) si mescolano in un solo ascolto.


Certo, se la voglia di togliere il disturbo si traduce artisticamente in tanta magia, tutti gli artisti dovrebbero almeno una volta provare a dare un addio al loro lavoro, per fare un bel regalo a chi li ascolta. Magari qualcuno deluderebbe comunque, ma Iggy proprio no. Questo è il suo capolavoro finale (ammesso che sia davvero un finale).


Marinella Venegoni