MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Tonina Torrielli-Io che vinsi il primo talent ai ragazzi dico: difendete il vostro diritto di scelta


«Non studio, vendo caramelle». Lo dice piano, quando è il suo turno di presentarsi. Gli altri concorrenti studiano quasi tutti. Lei no, e le caramelle non le vende neppure, a dire il vero: le incarta, nella grande fabbrica di dolci di Novi Ligure. Ma per tutti, da allora, diventa «La caramellaia di Novi». È il 1956: Tonina Torrielli ha appena vinto il concorso per voci nuove indetto dalla Rai che cerca cantanti per il Festival di Sanremo. È lei la prima «famosa all’improvviso», operaia un giorno e celebrità il giorno dopo, il primo volto nuovo selezionato dalle giurie e poi consacrato dal voto del pubblico: la prima vincitrice di quelli che oggi si chiamano talent show. «Sì, si può dire così. Ebbi un successo enorme, gli ammiratori mi scrivono ancora», dice oggi, 60 anni dopo, mentre un nuovo Sanremo sta per iniziare, condito di polemiche per quelli che all’Ariston arrivano dai talent.

Tonina è scelta tra 6.446 candidati in tutta Italia. Dalle selezioni ne escono 15, mandati alla Rai di Torino per un corso di perfezionamento. Restano in 12, e i sei che andranno al Festival li decide il pubblico. Il televoto è fantascienza: i nuovi cantanti, che si esibiscono in diretta con brani famosi, si votano con le cartoline postali. Anche allora c’erano polemiche, tra la Rai e le case discografiche, si disse che con il concorso si volevano mettere da parte «i vecchi», si mossero addirittura alcuni parlamentari.

La caramellaia, sul palco del Casinò, fa subito il botto: seconda con Amami se vuoi. Poi terza nel 1957 con Scusami. Di nuovo seconda nel 1958: dietro Modugno. È bella, è famosa. Quando si sposa a Torino con Mario Maschio, batterista dell’orchestra, la collina è piena di ammiratori e curiosi, e un aereo passa a gettare fiori. Ma poi, lascia. Esce di scena, e apre un negozio di dischi. «Io sono una figlia della guerra, abituata a lavorare. Guadagnare soldi cantando non mi andava bene». Rimpianti? «Sì. Avrei dovuto continuare. L’affetto degli ammiratori ha resistito e mi ha aiutato nei momenti difficili, ma per me è come se li avessi traditi. Avrei dovuto fermarmi, studiare, poi decidere io cosa cantare. Non mi piacevano le canzoni che mi davano allora, piene di retorica, di donne che si struggevano: avrei voluto interpretare Paoli, Endrigo, autori meravigliosi. Ma non potevo scegliere. Oggi per i giovani è diverso, o no?».

La giovane Tonina appartiene a due mondi, è sospesa tra passato e modernità. Moderna perché il pubblico la sceglie e la acclama, i suoi dischi sono già delle hit in un mercato discografico che sta appena nascendo (140 mila copie con Scusami). Sanremo - e la tv – iniziano a dare gloria ai cantanti, fino ad allora meri esecutori, dipendenti che timbravano il cartellino. In pochi anni cambierà tutto, un succedersi vorticoso di novità: Modugno, gli urlatori, il beat, i rocchettari. L’operaia di Novi, assunta in Rai, finirà imprigionata, suo malgrado, nella categoria dei melodici che i giovani non vogliono più.

«Commesse, contadine e ostetriche vogliono imitare la caramellaia», titola La Stampa nel 1959: è lei il precedente che fa sognare, lei che dal coro della fabbrica («Il commendatore ci voleva istruite») dopo Sanremo parte per tournée internazionali. «In Australia – ricorda - c’erano tanti italiani. Per loro era una tale gioia, i concerti finivano in pianti strazianti». Con quel soprannome sempre addosso, la caramellaia: «Mi dava un po’ fastidio. Ma l’importante era cantare». Come canticchia oggi la bella signora dietro i grossi occhiali scuri seduta in un caffè su Po, ricordando canzoni, intonandole. Cantare, come faceva nel 1945 la bambina di undici anni sfollata nelle campagne: «Tutti i giorni veniva a trovarci un militare americano con una chitarra. Prima di ripartire mi disse: io devo andare; ma tu, baby, canta».