MUSICA




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MUSICA
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David Bowie e "Blackstar", quei dieci minuti così dark


Diamond dogs non è più fiction. Di Major Tom è rimasto uno scheletro-feticcio nella tuta spaziale. L'universo non è territorio di sogni ma desolante, arido, sconfinato scenario dove i sopravvissuti, mutanti e tremebondi, si aggirano alla cieca in cerca di un verbo, di un libro, dei comandamenti di un nuovo dio. I dieci minuti di Blackstar, la canzone che David Bowie ha diffuso ieri (sigla della serie crime The Last Panthers), anticipazione dell'album omonimo che uscirà l'8 gennaio 2016, sono il drammatico sequel di quel The Next Day (2013) con cui il Duca Bianco aveva perentoriamente annunciato che né nel suo né nel nostro mondo c'è più spazio per personaggi romantici e glitterati come Ziggy Stardust.

Più della musica, tutta dissonata tra jazz e avant garde, più della voce, riconoscibilissima ma più gelida di una folata glaciale, è il video che genera malessere; non seduce, disturba. Morte e paura sono in ogni nota, in ogni cosa, in ogni piega del volto severo, teso, cereo. "Prendi il passaporto, le scarpe, i sedativi", canta; e ancora: "Non sono una star del
cinema né una star del pop. Sono una stella nera".

Where are we now? David Bowie è già da un'altra parte: le bombe hanno silenziato la musica, il pop è rimasto strangolato dall'urlo delle sirene, tutto il pianeta è un'immensa Kobane.