MUSICA




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Bacharach: "Sono qui per darvi tanta felicità"

Trasuda umanità, empatia, eleganza, esattamente come le sue celebri canzoni. Ha appena compiuto ottantasette anni, lo sguardo è fiero e trasparente, il corpo appena un poco ripiegato dal tempo, ma non abbastanza da impedirgli di calcare ancora i palcoscenici di tutto il mondo (ora è in Italia per una breve tournée iniziata venerdì a Pescara, poi a Roma e questa sera a Tortona).

Parla con la mansueta consapevolezza delle sue melodie,Walk on by , The look of love , I'll never fall in love again , I say a little prayer , che centinaia, forse migliaia di cantanti e musicisti hanno interpretato. "Parlo abbastanza alto perché lei possa registrare? " chiede con cortesia d'altri tempi. Ma certo, signor Bacharach, anche i suoi sussurri sono perfettamente intellegibili.

Non è un uomo che si ha piacere a ridurre a un elenco di numeri, ma nel suo caso fanno davvero effetto: tre Oscar, sei Grammy, 73 hit in America e 52 in Inghilterra, per non parlare degli innumerevoli premi minori e successi in ogni angolo del pianeta. Ma le novità non finiscono mai.

Alla sua veneranda età è stato pochi giorni fa sul palco di Glastonbury. Decisamente inusuale per uno come lei, non è vero?
"Sì, è vero, ma del resto l'anno scorso c'è stata Dolly Parton, è un festival aperto a ogni stile. Comunque sia è stato fantastico. In realtà mi era già successo di capitare in un festival rock, un paio d'anni fa, ma certo Glastonbury è il più grande che c'è. È stata una di quelle occasioni che capitano una volta nella vita. Credo sia dovuto al fatto che le mie canzoni hanno avuto la fortuna di attraversare le generazioni. Capita spesso che ci siano genitori, figli e nipoti, tutti in qualche modo colpiti da quello che faccio. E questa è la cosa più bella che mi sia capitata, anche se è difficile spiegare come possa succedere. Quando si scrivono canzoni non è possibile pianificare una cosa del genere. Succede e basta. Certo, oggi ho l'impressione che la musica venga prodotta per durare poco, a breve termine. Si è persa quella attitudine, l'ambizione ad andare oltre il momento".

Altri tempi, ma forse lei è stato anche stimolato dal periodo magico in cui si è affermato. Era la fine degli anni Cinquanta con gli anni Sessanta che stavano arrivando a incendiare il mondo della musica...
"Era un periodo meraviglioso per suonare e cantare, oggi è tutto più difficile. Le piccole case discografiche sono più interessate a fare soldi il più presto possibile, rischiando meno, le radio passano solo i primi pezzi in classifica. Prima c'era più protezione, più cura per l'arte della composizione. Era un buon periodo per scrivere musica". Come a smentire le sue giuste diagnosi, la radio o chissà cosa sta mandando musica nel giardino dell'albergo in cui ci siamo incontrati, passa un pezzo di Johnny Mathis e Bacharach si ferma, alza gli occhi al cielo e ricorda con languore... "Ascolti, questo è Johnny Mathis. Lo sa? Sono i primi soldi che ho guadagnato scrivendo canzoni. Era un pezzo cantato da Johnny Mathis, una b-side".

A quel tempo sentiva la competizione con gli altri grandi autori di canzoni: Paul Simon, Brian Wilson, Paul Mc Cartney...?
"Sì, ma a un certo punto i Beatles hanno inciso anche una mia canzone, Baby it's you . Però devo dire che la competizione la sentivo soprattutto all'interno della mia casa editrice, il "Brill building" era una factory, un grande laboratorio in cui si conviveva a fianco di produttori e cantanti e si sfornavano canzoni di continuo, c'erano autori come Carole King, ma stavamo in due palazzi separati sulla Broadway, e quindi non ci incontravamo in ascensore. Erano compagnie che supportavano l'arte della canzone".

A pensarci bene, non crede che l'arte del "songwriting" sia stata la più fulgida esperienza della musica del secolo scorso? Forse oggi è più difficile: non le pare come se tutto fosse già stato scritto?
"Inevitabilmente. Per questo sono grato di aver lavorato quando certe canzoni si potevano scrivere. Ci ho messo del tempo a trovare la mia voce, dopo i primi successi come Magic moments e Tower of strenght , cominciai a curare anche gli arrangiamenti, e poi a cantare anche direttamente le mie canzoni".

Visto che decine e decine di cantanti hanno interpretato la sua musica, chi sono stati gli o le interpreti ideali?
"Ho avuto il privilegio di essere reinterpretato dai più grandi cantanti del mondo, ma se dovessi esprimere le mie preferenze, direi Dionne Warwick, e anche Dusty Springfield. Ma ovviamente anche Aretha Franklin".

Di secondo nome fa Freeman, Burt Freeman Bacharach. Bello, ma anche impegnativo, non crede?
"In realtà Freeman è il cognome da parte di madre. All'inizio mi firmavo così, Freeman Bacharach, poi ho preferito Burt".

La sua famiglia era di origine tedesca. C'è qualcosa di tedesco nella sua formazione? Sente di avere speciali connessioni con alcune canzoni? (Da lontano vediamo suo figlio, ventiduenne). E la famiglia, quanto è importante?
"Sono particolarmente felice che mio figlio giri con me in tour, oggi, dopo quattro matrimoni e una figlia avuta con Angie Dickinson (Nikki si suicidò nel 2007, ndr ) apprezzo molto il senso e l'importanza di una famiglia solida".

In fin dei conti, da maestro della composizione, cosa possono fare le canzoni?
"Molto. In giro c'è tanta infelicità, il terrorismo dovunque, le ingiustizie sociali, quando salgo sul palco penso di cercare di dare quello che posso per alleviare tutto questo. La vita è stata molto buona con me. In un certo senso mi fa piacere restituire qualcosa di quello che ho ricevuto. Sulla mia tomba vorrei fosse scritta una semplice frase: "Ha cercato di essere una brava persona"".