MUSICA




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Mika, "No Place in Heaven", il disco che suona come "il coming out dell’anima"


Il cantante, gay dichiarato, impegnato su più fronti (dalla scrittura alla tv fino alla moda) torna con un disco dal titolo apparentemente triste: "Non cerco uno spazio in Paradiso, mi accontento di stare dove sto e di essere quel che sono", spiega. Rivelando i progetti per il futuro e perché, l'Italia, ha svelato il "vero" Mika


Ormai Mika le conferenze stampa le fa direttamente in italiano, ed è ammirevole come abbia imparato bene la lingua in due anni. Gli esce ogni tanto qualche neologismo tipo “nervosità”, oppure chiede al volo la traduzione di una parola, ma sono dettagli. L’unico vero problema è che non si azzarda ancora a cantare, "dovrei tenere la gola troppo aperta, non è facile". E così sono solo in inglese e in francese le 15 canzoni (11 più 4 bonus tracks) del suo quarto disco, No Place in Heaven, in uscita il 15 giugno. Un disco che, dopo un concerto sold out al Fabrique di Milano, porterà dal vivo il 23 luglio a Taormina, il 25 a Cattolica, poi a fine settembre il 27 al Forum di Assago, il 29 al Palalottomatica di Roma e il 30 al Mandela Forum di Firenze. In attesa poi di riprendere X Factor, per il terzo anno di fila. Di tutto l’artista di origini libanesi, una vera star sia per il suo pop colorato e solare che per la partecipazione al talent di Sky, ha parlato in conferenza stampa. Abito estroso come sua abitudine, tutto costellato di disegni di scimmie, disponibilità totale.
FotoMika, "No Place in Heaven", il disco che suona come "il coming out dell’anima"


Mika, la sua musica è divertente, ma il titolo, Non c’è posto in Paradiso, lo sembra molto meno. Come mai questa scelta?
"Invece è un titolo con tanta gioia. Io non cerco uno spazio in Paradiso. Se ci sarà, bene. Se non ci sarà, bene lo stesso, mi accontenterò di stare dove sto e di essere quel che sono. Forse è la prima volta in cui sono così libero, trasparente, chiaro e dritto. Non ho usato metafore per dire quello che sono".

Normalmente lo faceva? Lei non dà l’idea di uno che si nasconde.
"Io vengo dalla cultura libanese, nella quale parlare di cose intime è roba da vergognarsi. Adesso ho capito che la vera vergogna è tenerle dentro, certe cose. Anni fa parlavo di niente, tenevo tutto a distanza. Ora è il momento del coming out dell’anima, nel senso dell’uscire dal guscio, mettersi a nudo, che in fondo è molto più interessante che il coming out sessuale. E in questo c’entra anche l’Italia: X Factor mi ha insegnato a dire quel che penso in modo diretto senza badare alle conseguenze. Per di più il momento in cui un disco viene pubblicato è quello in cui una cosa personale e intima, che finora è stata mia, diventa di tutti, forse un po’ di malinconia c’è".


Però tutto questo contrasta in fondo con lo stile pop delle canzoni, particolarmente accentuato qui.
"Ho fatto riferimento all’età d’oro del pop, gli anni Sessanta e Settanta, Billy Joel ed Elton John, quando ancora questa musica era artigianale. Per puro caso l’ho scritto sulle colline di Hollywood, vicino a dove incideva Carole King. Avevo af*****to una villa su Internet e ho scoperto a mie spese che ogni tre quarti d’ora si fermava un bus di visite guidate alle case delle star. Non sapevo che quella fosse la casa di Orlando Bloom, e tantissimi turisti mi scambiavano per lui. Un tormento".

Tra le canzoni spicca Good Guys, un inno all’anticonformismo, in cui cita artisti e intellettuali come Andy Warhol, James Dean, Arthur Rimbaud, Walt Whitman, Ralph Waldo Emerson, Rufus Wainwright. In che cosa l’hanno ispirata dei tipi così diversi?
"Erano tutti profondamente controcorrente. Anzi, hanno cambiato la direzione del vento, avevano una spinta culturale ed emozionale quasi punk".

Lei si sente come loro?
"Provo a esserlo, cioè a essere me stesso c’è un’altra canzone, All She Wants, che parla di mia madre e di come mi sognava: inquadrato, sposato, posto fisso, le domeniche a pranzo da lei. Io già a 14 anni ho capito che non sarei stato tutto questo. E a lungo non ho avuto rapporti facili con lei. Adesso al 90% è entusiasta di me: le resta un 10% che spera ancora che io diventi quel che voleva".

Aggiungerebbe qualche italiano a quei 12?
"Dario Fo, non c’è dubbio. Almeno quando è di buon umore. Quando non lo è, lo toglierei".


Per parlare di un altro non inquadrato che lei conosce bene, forse avrà letto le ultime polemiche su Fedez. Uno che lei conosce bene, grazie a X Factor.
"Non ho letto. Ma posso immaginare. Federico ha una vita un po’ complicata diciamo, ha situazioni non facili da gestire. Perché è giovane, vuol fare tante cose ed è ambizioso anche quando parla di cibo e di politica, oltre che di musica".

A questo punto le chiediamo anche di Morgan. È vero che farete un disco assieme?
"No, è vero che siamo stati in studio assieme durante il periodo di X Factor. E lì ho visto un ragazzino che, lontano dalle pressioni dei media, giocava con gli strumenti con gioia pura. Qualcosa con lui mi piacerebbe farla, prima o poi accadrà. Intanto ha preso una canzone che ho scritto con Guy Chambers, l’ha sistemata e l’ha trasformata in Andiamo a Londra (la prima nuova canzone dei Bluvertigo dopo la reunion, ndr). So che ha parlato malissimo dei talent, ma la verità è che tutto dipende dal livello dei partecipanti e dalla loro flessibilità e disponibilità a imparare cose nuove".

Lei fa mille cose, non solo la musica. Disegna abiti e oggetti, va in tv, sta scrivendo un libro per Rizzoli…
"Il libro non sarà un libro vero, ma un diario intimo, divertente e duro. In un capitolo parlo della mitologia siriana di mio nonno, in quello dopo della mia frustrazione in un supermarket. Ma io sono un musicista, quasi tutto il resto lo faccio per potere fare il disco che voglio io, senza vincoli".

Come saranno i concerti?
"Di una totale semplicità, con dei momenti trasognati, ma 'fatti a mano'. Efficaci però semplici, senza effetti speciali. Non ho mai usato i maxischermi. Io creo la fantasia con poco".

Dice che l’Italia l’ha aiutata a essere se stesso. Cosa le piace del nostro Paese e cosa no?
"Da evitare le spiagge perché ovunque ci sono teleobiettivi pronti a riprenderti e gli aeroporti, pessimi. Amo invece il Piemonte, con le sue colline verdi e misteriose e la sua gente che si nasconde un po’ ma poi è cordiale. E il vino, non solo quello piemontese".