MUSICA




​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​



​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
​​​​​​​

​​​



MUSICA
Start a New Topic 
Author
Comment
La Scala, "Turandot" di Chailly e Berio raccontata agli studenti

"Una magnifica opportunità la mia. Non una lezione. Ma voglio raccontarvi quello che in questi giorni sto vivendo...". Riccardo Chailly racconta come un 'atto d'amore' verso Puccini, la 'sua' Turandot agli studenti di 18 istituzioni scolastiche milanesi e lombarde che hanno riempito il teatro alla Scala per assistere alla 'prova generale' dell'opera attesa per l'inaugurazione di Expo, il 1/o maggio. Una Turandot che lo aveva folgorato quando, all'età di 10 anni, aveva ascoltato la prima, storica incisione (datata 1937) dell'ultima opera del Maestro. "Avevo toccato un mondo sonoro a me sconosciuto - dice ai ragazzi in sala - Non mi interessava nemmeno la trama, era una fiaba cinese, ma ricordo che ero letteralmente stordito dalla musica". Poi, con la maturità, comprende come la melodia pucciniana contiene anche il futuro della musica del primo Novecento. E, rispondendo a una studentessa dell'Accademia della Scala: "Certamente qui c'è una grande melodia, ma non solo quello. In Puccini c'è sempre un sottinteso musicale, temi nuovi. Qui ci sono momenti che sembrano usciti dalle note di Stravinsky..." E spiega che Toscanini aveva incaricato Franco Alfano di mettere mano al finale di Turandot che Puccini non aveva fatto in tempo a scrivere, utilizzando i fogli lasciati da Puccini. Ma Alfano utilizzò solo alcuni dei 30 fogli lasciati dal Maestro e il finale non soddisfece Toscanini che alla Scala, il 26 aprile del 1926, alla prima assoluta dell'opera, fermò l'orchestra dopo la morte di Liù, nel punto esatto dove Puccini aveva fermato la composizione. Questa Turandot è quella con il finale proposto da Berio: "Un lieto fine", certo, ma "senza trionfalismi" come quello di Alfano, "perché qui il lieto fine è costato la vita di Liù, il cui corpo senza vita resta presente in scena. E' un finale complicato, difficile da suonare, difficile da cantare", con un intermezzo, dopo il bacio, che dura due minuti e mezzo, ma sembra molto più lungo, perché vi si raccolgono tutte le emozioni di Turandot. E' il disgelo della donna mostro". Puccini, "un gigante", lo aveva pensato così, quel finale, e lo aveva fatto sentire a Salvatore Orlando: "Un finale lieto, ma sommesso, morendo... come in Tristano". E Chailly aggiunge: "Nel momento dell'abbraccio e del bacio, ci sono le cinque note del preludio del Tristano e Isotta di Wagner".