MUSICA




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Blur: «È pace con gli Oasis - Ok a un concerto con i Gallagher»


Come ti smonto gli anni Novanta in due mosse. Allora nel rock o stavi con gli Oasis o con i Blur. Quella rivalità potrebbe finire a tarallucci e vino. Da tempo Damon Albarn e Noel Gallagher hanno fatto pace, ma ora il leader dei Blur sarebbe disposto a mettere le due band sullo stesso palco. «Sembra un’idea sciocca, ma non sarei io a dire no. Sarebbe divertente: una sera apriamo noi e una sera loro. Però non canterei i loro pezzi… quello mi sembra troppo», dice il cantante della band a Milano per promuovere il nuovo «The Magic Whip».

L’ossessione per gli anni 60


A cancellare il Britpop, il movimento che riportò il rock inglese nel mondo, ci pensa allora Graham Coxon, il chitarrista del gruppo: «Per gli inglesi l’eredità degli anni Novanta è il film «Austin Powers» — spiega con quel suo fare stralunato —. Tutte le band, compresa la nostra, erano ossessionate dagli anni Sessanta. Negli Usa invece la musica era vista come arte e c’era un senso di cameratismo fra i gruppi rock». Autorevisionismo musicale, proprio nel momento in cui esce il nuovo album, il primo da «Think Tank» del 2003, il primo dopo 16 anni con Coxon di nuovo in formazione.

L’album nato a Hong Kong

Disco nato per caso. Durante il tour in Asia del 2013, uno show cancellato regala alla band cinque giorni liberi. Prendono uno studio a Hong Kong e si mettono a suonare in libertà. Finito il tour tornano alle loro vite. Solo lo scorso novembre Graham decide di riprendere in mano quelle registrazioni e ne tira fuori una dozzina di brani. Che hanno la firma classica dei Blur con l’aggiunta delle mille esperienze, fra dance, opera e afro, fatte da Albarn. La «magica frusta» del titolo è una metafora dell’Oriente: «È esotico e colorato, ma sotto un po’ di strati senti la frusta del controllo. E il fatto che i nostri telefoni possano essere monitorati dice che anche noi abbiamo distrutto l’ideale della libertà personale».
«Le nuove star pensano solo ai soldi»
Il rock sembra sparito dalle classifiche sotto i colpi di rap, dance e pop. «Per esprimerti oggi ti basta un computer, fai musica senza confrontarti. Ecco perché non ci sono più band. Forse è tutto finito — riflette il cantante —. Noi non abbiamo mai fatto nulla solo per i soldi. Adesso vedo gente, un esempio è Rita Ora, il cui interesse non è la musica ma la promozione di altri prodotti e marchi».

Pace fatta

«My Terracotta Heart» è una ballad su due ragazzi, che «erano come fratelli anni fa». Come Damon e Graham. «La terracotta può durare migliaia di anni o rompersi con facilità estrema», racconta Albarn. La frase «ti sto perdendo ancora» fa tremare i fan. Graham è quello fragile. Anche quando parla sembra tormentato. «Sarei abbastanza sicuro nel dire che questo disco è la fine dei Blur». Poi piazza una delle sue battute indecifrabili: «Controllerò il volere degli spiriti e ti dirò». Non porta rancore agli amici che lo scaricarono durante le registrazioni di «Think Tank». «Avevo dei problemi (con l’alcool, ndr). Necessitavo di una pausa. E, forse, anche gli altri avrebbero dovuto fermarsi. Ma allora era impossibile dire a una casa discografica che volevi uno stop. Nel 2009 ci siamo rivisti e abbiamo parlato. Avevamo solo bisogno di dirci: “Siamo più maturi, mi spiace se ho detto delle stupidate”».