MUSICA




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Una vita per la musica: Fred Bongusto, ottant’anni da raccontare


Oggi è il compleanno del celebre cantante molisano, nato nel 1935. L’interprete di “Una rotonda sul mare” che vive tra Roma ed Ischia, però, non farà grandi feste. In oltre mezzo secolo di carriera ha venduto milioni di dischi e duettato con tanti grandi delle sette note italiano e internazionale. Ma tutto iniziò a Campobasso, negli anni ’50, “in un giorno con 2 metri di neve”

di Giuseppe Villani




Oggi Fred Bongusto compie 80 anni. Ma non farà grandi feste, come è sua consuetudine da qualche tempo. Negli ultimi anni ha ridotto le uscite pubbliche, e quando è stato contattato anche dalla Rai per intervenire a trasmissioni televisive e radiofoniche ha quasi sempre detto di no. L’età si fa sentire, ma non ha abbandonato la musica: nelle sue puntate napoletane, frequenta il musicista argentino Diego Moreno che collabora con lui da diversi anni: un passatempo che potrebbe anche tradursi in qualche nuovo progetto discografico. Si divide tra Roma, dove è facile incontrarlo al ristorante “King dei molisani” della famiglia Ricci di Pietrabbondante, ed Ischia.


Una carriera folgorante, la sua: lasciata Campobasso, trova la fortuna a Torino. Tra i suoi primi successi, nel 1962, “Doce doce” e “Frida”, non solo cantate ma anche scritte da lui, che curiosamente erano due ‘lati B’ di altrettanti 45 giri. Il ’63 è l’anno di “Amore fermati” e “Malaga” (che sarà interpretata con successo anche dal cantante brasiliano Joao Gilberto); poi il ‘boom’ con la sua canzone più famosa in assoluto, “Una rotonda sul mare”, sulla quale sono state in seguito costruite leggende varie con varie città (compresa Termoli) a contendersi il merito di aver ispirato gli autori della canzone. Querelle che sembrava risolta a favore della marchigiana Senigallia, prima che Franco Migliacci, autore del testo, non confessasse che invece la rotonda in questione era... su un lago: il Trasimeno. Nel 1966 vince la manifestazione canora ’Un disco per l’estate’ con “Prima c’eri tu”. Il grande successo continuerà ad accompagnarlo soprattutto negli anni ’60 e ’70, con altre canzoni memorabili come “Tre settimane da raccontare”, “Spaghetti a Detroit”, “Balliamo”, “Bellissima bruttissima”, “La mia estate con te” e mille altre.


Riduttiva l’etichetta di ‘cantante confidenziale’ che lo accompagna. Bongusto non ha cantato soltanto canzoni d’amore, ma si è cimentato con il jazz, lo swing, la bossa nova, ha scritto le musiche di diverse colonne sonore. Negli anni ’90 ha inciso un disco e fatto due tournèe con un altro grande della musica di origini molisane, Toquinho. Tra le sue incisioni più curiose, “Superstition” di Stevie Wonder (per il quale adottò lo pseudonimo di ‘Fred Goodtaste’, traducendo in inglese il proprio cognome) e “Cazzarola” dove racconta un sogno in cui insegna le canzoni napoletane a Frank Sinatra.


Fred e Campobasso – Il suo nome è Alfredo Antonio Carlo Buongusto. Il padre era originario di Monte di Procida (morì in guerra nella campagna di Grecia), la madre veneta. Si avvicina al mondo dello spettacolo fin dai tempi del liceo classico, partecipando allo spettacolo “Follie molisane” insieme tra gli altri a Benito Faraone, Maria Pia Sandomenico e Paolo Oriunno. La folgorazione per la musica, come racconterà poi al Messaggero, arriva in un inverno sentendo suonare “Mood indigo” di Duke Ellington: “Avrò avuto sedici o diciassette anni, entrai nella hall di un piccolo albergo.
Fuori c’erano due metri di neve. A Campobasso quando nevica non si scherza. Seduto, un signore suonava la chitarra. Era un commesso viaggiatore che era stato costretto a fermarsi lì”. E ben presto arriva, in regalo da uno zio, la prima chitarra, usata per strimpellare a casa d’amici dove ’ufficialmente’ andava a studiare. E poi i primi gruppetti giovanili: come quello con il giornalista Giuseppe Tabasso al piano, Gennaro Oriunno al sax, Antonio Izzi alla batteria, Fortunato Aurisano alla tromba e Alfredo, che non è ancora ‘Fred’ ma ha scoperto di avere una bella voce, a cantare. Finito il liceo, il grande salto. Per tanti campobassani e molisani, il suo successo è sempre stato un motivo d’orgoglio. Per pochi altri, causa d’invidia. Alimentato dal classico rapporto di amore-odio con la terra natia, emerso anche in due sue canzoni: la celeberrima “Molise” (dove ci sono “due giorni di sole e cento piove”, e dove chi di ti incontra canta sempre la stessa canzone: “Quando sei arrivato? Quando te ne vai?”) con il ritornello “Mulis’ puozz’ ess’ accis” e poi, al compimento dei 60 anni, “Campobasso e il gabbiano” su musiche di Jobim (“Voglio ritornare a Campobasso... prendo l’autostrada del passato... forse ritornare è troppo tardi, anche se i ricordi non li cancelli più”). A Campobasso negli anni è tornato, ha più volte cantato (l’ultima nel 2009), poi ha diradato le sue visite: leggendarie certe reunion, come quella in cui un giovanissimo Gianni Minà si presentò nel cuore della notte nella casa di Paolo Oriunno a Tappino per intervistare Bongusto, e finì a pasta e fagioli fino all’alba con Fred alla chitarra che spiegava la bossa nova a Minà e Oriunno che provava ad imitare Jobim.