MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Le (ri)scoperte a un concerto per caso Bocelli, Emily Estefan, Barry Gibb



Non è giusto raccontare i fatti propri, ma debbo. 15 anni fa, fuggendo dopo il mio primo mandato di sindaco che era stato tumultuoso, pensai che Miami Beach fosse l’opposto delle atmosfere che avevo respirato. Terra bellissima di puro cazzeggio, senza fini altri nascosti, dove riposare lo spirito e la mente. Era vero, è vero, l’importante è stare attenti a non rincretinirsi con il mare, e leggere un libro al giorno per non finire come tanti italiani che incontro qui. Così dopo il secondo mandato (anche peggio del primo) sono ri-fuggita, e sono capitata qui in questi giorni nei festeggiamenti dei primi cento anni della città, il 26 marzo. Concertone. Palco sulla spiaggia di Ocean Drive, come con Baglioni alla Guitgia di Lampedusa ma tutto 100 volte più grande e (invece) con tanti soldi, e fuochi d’artificio che mai avevo visto così grandi. Migliaia di persone.

Sul palco, artisti che hanno a che fare con la città e con il mondo.



Andrea Bocelli ha comprato casa da poco sulla baia, convinto da Gloria Estefan. Ha cantato gratis, con la Symphony Orchestra di Miami, in smoking bianco. Amatissimo, gente incantata. Il repertorio delle arie liriche che fanno sentire tutti colti e come all’opera, almeno in America: Di quella Pira, Nessun Dorma, le napoletane come O sole mio e Funiculì Funiculà con dei bellissimi filmati, chiusura Con te Partirò, e io sempre penso all’autore delle liriche, Lucio Quarantotto, che era così bravo e si è ammazzato nel culmine di un attacco depressivo, senza farne fuori altri duecento come quel pilota disgraziato. Comunque, ho trovato Bocelli in forma come raramente dal punto di vista vocale, mi sono sorpresa per la potenza vocale aumentata, per la dedizione e la precisione e una concentrazione oltre quel che mi ricordavo, nelle trentamila volte che sono stata a un suo concerto. Un figurone, c’era gente che mi diceva “Io non ho mai potuto spendere 300 dollari per andarlo ad ascoltare, ora ho soddisfatto un vecchio desiderio gratis”.



Gloria Estefan, regina dei transfughi da Cuba della prima ora (e oggi regina della città intera, che è anche mezza sua) era vestita di pelle bianca, gonna e giacca con frange da cowboys e sotto maglia nera con tette in bella vista. Non era, come dire, elegante, e sudava come un cavallo africano sotto i 28 gradi. Aveva 12 cm di tacchi e ho avuto pena per lei. Ma quando ha aperto la bocca, con tutto quel repertorio di trombe e percussioni alle spalle, curate dal fido marito Emilio, il mago del Miami Sound Machine, non ce n’è stato più per nessuno. Musica vitale, popolare ma sofisticata, mica come quel pop paludoso che l’aveva preceduta, di Jon Secada o Diego Torres (quello stesso pantano dove rischia di impantanarsi la nostra amata Pausini): e lei, Gloria, bravissima, in “Rhythm Is Gonna Get You” degli Ottanta o “My Tierra”. Pochi pezzi, e da regina ancora.



Ma la scopertona della serata è stata la figlia di Gloria, Emily Estefan. 21 anni, polistrumentista da quel che si è visto. Una personalità di rilievo, autonoma, a dispetto della difficoltà di sviluppare un talento originale in una famiglia simile. Non bella, ma tosta, secca e già brava chitarrista elettrica, versata in tutt’altro stile rispetto alle radici, ribelle, propensa al rock e al blues e alla canzone d’autore, autrice lei stessa. Quel che si sente su You Tube non rende giustizia al lavoro che ha sviluppato ultimamente, e di questa performance sul Tubo ancora non si trova traccia, tra l’altro il top era una sua canzone della quale non ho capito il titolo, un rock-blues sfizioso e salutare. Da tenere d’occhio.



Infine, la sorpresa Barry Gibb, l’unico sopravvissuto dei Bee Gees. Mai avrei pensato di rivederlo, quello che era il più bello dei tre australiani, che da 35 anni vivono a Miami Beach in tre ville/castello affiancate, di una magnificenza impressionante. Mai avrei pensato di riascoltare live le canzoni dei Bee Gees, da Saturday Night Fever a Staying Alive, da To Love Somebody ad I Got a Message to You, che Mal storpiava in Italiano nei Sessanta (“Questa sera voglio farti un regalo…”). Preceduto da commoventi filmini privati dei tre fratelli nella vita dorata di famiglia, il concerto mi ha fatto riscoprire un miracolo di falsetto che campa ancora nei 69 anni di Barry: è noto che il falsetto si rovina con l’età, ma lui da quel punto di vista sembra un diciottenne. Così tutti hanno falsettato e ballato sotto una gigantesca palla argentata da discoteca. Chissà se andrà in tour (ma ne ha tutta l’aria, lo show è completo, la band rodatissima).

Marinella Venegoni