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I vicini e il pasticcere: «Ecco la nostra Mina »

I vicini e il pasticcere: «Ecco la nostra Mina »
Gli auguri di compleanno dagli inquilini del palazzo in via Crispi dove la cantante ha vissuto per dieci anni
di Alessandra Troncana

Avvisarono il portinaio: «Lascia entrare l’auto e non dire niente». Fecero svuotare il palazzo: la signora non vuole nessuno. Mina arrivò con l’autista, controllò i metri quadri e disse: «Lo prendo». E nell’appartamento di via Crispi arrivò la moquette rosa. Ai pittori fu ordinato del marrone scuro per la camera da letto. Le fecero notare che forse osava troppo: «Mi rilassa». In quella casa di 185 metri quadri la massima diva passò dieci dei suoi 75 anni (li ha compiuti ieri, auguri): dal 1997 al 2007. Capitava di vederla stendere sul balcone, dicono i signori Capretti. «Qui in città ci consideravano dei privilegiati perché abitavamo nello stesso palazzo di Mina: la si vedeva girare in pelliccia, sempre vestita di nero. Molto altera, riservata, educatissima: comprava parecchia roba da Berto, il fruttivendolo».
I cronisti ne avevano una gran paura: per quello sguardo da maleficio che emanava massimo fastidio e alterigia, perforava gli occhiali da sole e pareva avere una sua traiettoria divina. Filippo Venezia svuotò un rullino, per lei. L’avevano chiamato: «Corri, è qui». La treccia, il completo nero, il pallore aristocratico: la tigre era in via Tosio, davanti al negozio di paramenti sacri. L’ha pedinata, «lei si è girata e mi ha fulminato: ho continuato a scattare». Lo scoop uscì su Oggi : Mina a Brescia.
La signora non gradiva la mondanità: suo marito, il professor Eugenio Quaini, pure. Al bar Magenta mandavano Massimo, il maggiordomo, a ordinare il caffè: decaffeinato con latte a parte. Che glielo portassero a casa: al bancone si vedeva pochissimo, «non era donna da chiacchiere». Puerari spediva il garzone da Mina con i bacetti (i panini morbidi): qualche volta, fa sapere Daniela, la fornaia, anche la torta di mele.

Da Zilioli andava ogni settimana: gli scocciatori venivano tenuti a bada dagli occhiali scuri. «Aveva un debole per la crostata di marasca: gliela portavamo anche a Cremona» ricorda Paolo Soldi. Venne fulminato (con grazia) pure lui: «Un giorno osai chiederle un autografo». La divina rispose così: «Anche tu? Ma non farmi ride re». Alla Sosta le riservavano un tavolo appartato, in fondo al salone: cenava con gli occhiali da sole e aveva un cameriere di fiducia, Mario. Si sa che le piaceva il capretto. Raccontano che la diva che con le sue tuniche nere faceva sentire nullità le signore troppo abbronzate, fumi dieci sigarette all’ora: un tiro e poi la spegne e ne accende un’altra. Se telefonando io potessi fare un acuto: un anonimo, amico intimo, confessa che si sente ancora con Mina. «Canta nella segreteria del telefono». Brescia è ancora un Amor mio, per lei. Ogni tanto, in città, torna Massimo, il maggiordomo: lo manda a comprare le lumache da Derelli.

I vicini e il pasticcere: «Ecco la nostra Mina »

trovo "triste" tutto ciò e mi convinco sempre di più che bene ha fatto a sparire....